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Un ''manifesto'' per la TeroldegoRevolution: ''No ai vini da 3 euro sullo scaffale. Il 40% della produzione viene declassata e venduta sfusa: dobbiamo cambiare''

In occasione dell'incontro tra il Campo Rotaliano e quello della Rioja, famoso enclave vitivinicolo del nord della Spagna alcuni giovani produttori del Teroldego rotaliano, una dinamica ‘congrega’ ( neppure una decina di produttori) che hanno fondato la ‘TeroldeGOevolution’, ha letto il loro proclama
DAL BLOG
Di Ades, by Nereo Pederzolli - 26 ottobre 2021

Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia

Quando il vino è stimolo di confronto e diventa strumento di condivisione si raggiunge un traguardo invidiabile. Da festeggiare con brindisi importanti. Se poi l’occasione diventa pure momento per interrogarsi sul futuro di una DOC importante del vino dolomitico, ecco allora la recente edizione di ‘Incontri rotaliani’ ha davvero raggiunto il suo scopo.

 

Coinvolgere due realtà vitivinicole apparentemente lontane - a livello geografico - ma strettamente legate dalla caparbietà di dimostrare la loro singolare autonomia, non solo enoica, pure ambientale. Stiamo parlando del Campo Rotaliano e della Rioja, famoso enclave vitivinicolo del nord della Spagna. Vini entrambi potenti, ricchi di storia, vini che superano confini e diventano cerniere di fraterne degustazioni.

 

Vini identitari, per confronti sinceri, che hanno coinvolto autorevoli esperti, sia italiani che spagnoli. Ma non è stata solo la ‘festa del vino’, una giusta sarabanda enologica. Nel triangolo del Teroldego rotaliano si è discusso anzitutto sul futuro di questo vino. Con altrettanti distinguo.

 

L’occasione è stata inserita nei convegni legati anche al Cinquantesimo anniversario della DOC dei vini trentini e - in primis - della specifica DOC Teroldego rotaliano. Un vino che vuole rafforzare il suo pregio. Cambiando magari - ma è tutto da decidere - anche la sua ‘definizione’. Mi spiego. Il vitigno è troppo abusato. Coltivato con orgoglio, ma spesso improntato a trasformare le uve in vini che poco hanno che spartire con il blasone dei simboli qualitativi.

 

Lo hanno ribadito con forza e molta competenza anzitutto alcuni giovani produttori del Teroldego rotaliano, una dinamica ‘congrega’ ( neppure una decina di produttori) che hanno fondato la ‘TeroldeGOevolution’, anche se tra le due parole spesso amano mettere una ‘r’: TerldegoRevolution. Per distinguere i loro vini, per non appiattirsi sul basso prezzo.

 

Hanno letto il loro proclama nell’aula magna della Fondazione Mach. Nessuna polemica, ma certo uno spirito critico.

 

Con questa affermazione.

 

Mettiamo a nudo noi stessi, i dati del nostro territorio. Comprenderemo esattamente i punti di debolezza del sistema; e dopo 50 anni di doc Teroldego Rotaliano è giunto il momento per farlo in maniera decisa. Il fatto che oltre il 40% della produzione venga declassato e venduto sfuso dovrebbe far riflettere sulle intenzioni e sulle sorti che vogliamo attribuire a questo territorio. Se uniamo questo ad un’analisi socio-economica otterremo un risultato del tutto aberrante.

 

Il campo rotaliano vanta valori di mercato dei vigneti assolutamente non correlati a logiche economiche. I valori, che nel tempo hanno ampiamente superato i prezzi di 1 milione di euro ad ettaro, non sono assolutamente commisurati alla redditività per ettaro (netto inferiore all’1%). Ciò comporta che, con il passare degli anni, il costante innalzamento intellettuale e culturale del mondo contadino, porterà con sé l’inevitabile conseguenza che, partendo da conoscenze base di economie aziendale, i giovani che andranno ad ereditare i sempre più parcellizzati appezzamenti, non saranno più disposti ad immobilizzare capitali non remunerativi.

 

La messa sul mercato di tali realità comporterà necessariamente un crollo del prezzo. Fatto salvo un cambio di rotta della situazione appena esaminata. È veramente ciò che vogliamo? Vogliamo produrre il doppio di quello che sarebbe l’ideale qualitativo, per declassare e vendere metà del prodotto sfuso!? Ecco perché Incontri Rotaliani, tra degustazioni comparative e scambi con i produttori del Rioja, getta le basi per ‘ripensare il Teroldego’. Chiamandolo magari solo ‘Rot’. Forse è meglio partire da cosa non vogliamo che sia il futuro del teroldego rotaliano.

 

Non vogliamo un teroldego rotaliano da 3euro sullo scaffale, come non vogliamo trovarci nella aberrante situazione di produrre il doppio di quanto sarebbe l’obiettivo ideale, e trovarci poi a declassare e vendere sfuso il 50% della produzione. Possiamo pertanto pensare ad una valorizzazione del nome Teroldego per chi vuole muoversi su una legittima politica di prezzo. E guardare al Rotaliano con un occhio diverso, un occhio qualitativo. Ma nel mezzo, non possiamo mantenere un nome che ingenera confusione come Teroldego Rotaliano. Per tale ragione, il disciplinare di produzione deve essere rivisto tout court. Solo dopo si potranno innestare logiche future.

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