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Michele Sartori di Tenna e Michele Sartori (quasi) di Tenno: gemelli diversi per vini straordinari

DAL BLOG
Di Ades, by Nereo Pederzolli - 23 novembre 2022

Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia

Hanno lo stesso nome e pure il medesimo cognome. Si differenziano - ma di pochissimo - solo nella zona dove operano anche se uno ha vigneti sul colle di Tenna e l’altro - e non è una forzatura! - sulle pendici ledrensi che guardano Tenno. Sono due giovani quanto preparati vignaioli: Michele Sartori di Tenna e Michele Sartori di Tenno.

 

Omonimia curiosa, singolare, decisamente insolita, che dimostra la variabilità generazionale tra i vitivinicoltori, con ‘gente di vigna’ pronta a cimentarsi in nuove sfide. Stimolando le cantine sociali a riflettere sul ruolo da riservare ai figli dei soci più attempati, ragazzi e ragazze quanto mai preparati, studi enologici alle spalle e tanta voglia di ‘mettersi in proprio’, aprendo cantine, vinificando uve nel pieno rispetto della consuetudine trentina, ma con un pizzico d’innovazione.

 

Come i Michele Sartori, enogemelli diversi. Quello di Tenna ha recuperato esperienze dei suoi antenati, interpretando pure la filosofia viticola di quel Giulio Ferrari che proprio a Tenna aveva messo a dimora le sue viti, per iniziare la ‘via briosa’ della moderna spumantistica. Tenna (dal nome della via Altinum) dunque come icona di viticoltura, dove Michele Sartori da pochissime vendemmie pigia le sue uve, selezionate in vigneti ‘tenaròti’ decisamente baciati dal sole, tra le località dei Pianari che degradano verso il lago di Caldonazzo, terreni irti, terrazzati, vere icone del paesaggio lacustre. Propone - per ora - solo un Pinot Nero e uno spumante classico Extra Brut con ben 30 mesi d’affinamento. Due chicche, tutte da scoprire e vini che interpretano perfettamente la territorialità, l’indole di questo Sartori, nome che può essere accostato pure alla sartorialità nell’esecuzione vinaria.

 

Diverso il territorio dell’altro Michele Sartori, anche se i due vignaioli condividono la medesima filosofia produttiva. Il produttore ledrense per ora punta su due ben precisi vitigni: Lagrein e Solaris, vale a dire una varietà decisamente stanziale del Trentino Alto Adige (imparentata col Teroldego) mentre l’altra è una PIWI vite in grado resistere alle principali malattie delle piante, muffe o virosi che normalmente devono essere scongiurate con uso massiccio di anticrittogamici. Nell’azienda di questa famiglia tutto è improntato al biologico, pure nella coltivazione delle olive, per ottenere un pregiato EVO. Con le uve Lagrein ecco due variazioni, un rosso pieno quanto accattivante e un leggiadro Rosè, beverino quanto gioviale. Pure con le uve Solaris - Diadema è il medesimo nome - la proposta è diversificata. Michele Sartori le presenta sia fermo (giustamente aromatico, scintillante nel colore, buona sapidità e un timbro vagamente esotico) che con le bollicine, queste ottenute per avere un vino frizzante, assolutamente di pronta beva. Trattiene, per scelta enologica, i lieviti della naturale rifermentazione e si beve preferibilmente torbido, scuotendo la bottiglia prima di versarlo.

 

Una storia di viti e di giovani che con la vite giocano sull’omonimia, pure per assonanze delle reciproche aree geografiche (d’accordo, Ledro e la dozzina di sue frazioni è solo un comune confinante con i ‘tenaròi’ di Tenno) ma comunque due esempi di sana vitivinicoltura trentina.

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