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Il brio del Blanc de Sers si sdoppia e diventa un Rosè tutto improntato al fascino di un vitigno dimenticato: Pavana. Sorsi di memoria, grazie all’impegno dell’ eno-famiglia Simoni di Lavis

Vino condiviso, scaturito dalla passione di un gruppo d’amici, dalla tenacia nella tutela operata da Gianpaolo Girardi e dall’intuizione vitivinicola della famiglia Simoni. Quelli che a Lavis hanno cantina da oltre 75 anni, operano come Casata Monfort e accudiscono pure Maso Cantanghel. Una dinastia che con il giovane Federico Simoni – e sua sorella Chiara – non smette di sperimentare nuove colture viticole e altrettante elaborazioni enologiche
DAL BLOG
Di Ades, by Nereo Pederzolli - 03 aprile 2021

Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia

La pandemia costringe a rilanciare ricordi. Se questi sono legati al vino eccone uno che sicuramente tramanda legami sensoriali oltre che stimoli radicati semplicemente alla voglia di assaporare qualcosa autenticamente ‘locale’.

 

Tra la miriade di proposte enoiche si mette in evidenza un vino ‘valsuganotto’ che nel nome evoca visioni, paesaggi e progetti tutti da scoprire. E’ il Blanc de Sers, vino con Serso nel nome, in quanto da uve coltivate sulle pendici di Serso, la collina baciata dal sole che si staglia sul versante opposto a Castel Pergine, verso la Valle dei Mocheni.

 

Vino amicale, a partire dal nome. Vino condiviso, scaturito dalla passione di un gruppo d’amici, dalla tenacia nella tutela operata da Gianpaolo Girardi – uno dei primi ‘propositori’ di vino, accorto selezionatore, intrigante cacciatore di vini estremi, affidabile imprenditore nella distribuzione capillare di vino, con una ‘Proposta Vini’ tra le protagoniste del mercato nazionale – nonché dall’intuizione vitivinicola della famiglia Simoni.

 

Quelli che a Lavis hanno cantina da oltre 75 anni, operano come Casata Monfort e accudiscono pure Maso Cantanghel. Una dinastia che con il giovane Federico Simoni – e sua sorella Chiara – non smette di sperimentare nuove colture viticole e altrettante elaborazioni enologiche.

 

Variegata gamma di vini, dai Trento spumante alla tradizionale Nosiola; con il Pinot Nero Maso Cantanghel hanno raggiunto livelli altissimi, ‘abbonati’ ai Tre Bicchieri del Gambero Rosso e ad altri prestigiosi riconoscimenti anche in campo internazionale. Ma non hanno mai smesso di accudire con amore il Blanc de Sers. Sia nella sua versione originaria – un blend di uve varie, tutte di varietà antiche e dunque a rischio d’estinzione – ma pure vivacizzandolo, per un Nature Brut, elaborazione in perfetto stile champagne. Con riscontri molto appaganti, come per – e questa è la novità della Pasqua 2021 - un Rosè de Sers, brioso, gentile, nerbo aggraziato, cremoso, decisamente slanciato, leggermente rosato.

 

Rimaniamo però ancora sul perché del nome. ‘de Sers’.

Un gioco fonetico, per una dedica speciale, dettata anzitutto dall’amicizia, per un vino insolito nell’indicazione e nella sua stessa composizione. Recuperando valori viticoli scaturiti da generazioni di sagaci vignaioli. Quelli che – magari inconsciamente – coltivavano la vite per tutelare il paesaggio. Vigneti che a Serso, microscopico borgo collinare della Valsugana, le Dolomiti come scenografie protettive, diventano archetipi di cultura contadina del Trentino. Senza tralasciare lo scopo – ancora attuale – che sprona il vignaiolo: elaborare un vino che alla piacevolezza della beva abbini la giusta gioiosa bramosia con la curiosità sensoriale. Da condividere.

 

E veniamo alla novità.

E’ esclusivamente a base di uve Pavana, - una delle varietà che danno impronta al singolare Blanc de Sers, assieme a Vernaza, Vanderbara e varianti di Veltriner - ‘pavane’ chiamate anche ‘padoane’, opportunamente vinificate per avviare una lenta rifermentazione in bottiglia (almeno 24 mesi) imprimendo al vino anche un particolare colore rosa. Mesi di paziente attesa ed ecco l’indomita vivace versatilità di un vitigno umile quanto storicamente legato all’evoluzione della vite.

 

Pavana, nel nome mantiene il concetto di ‘vernacolo’ vale a dire ‘indigeno, del posto’ e dunque declinato in diverse maniere. ‘Pavane’, una famiglia di uve a bacca rossa, definizione che indica altrettante varietà più o meno omologhe, imparentate tra loro, con incroci spontanei che danno grappoli con chicchi rubizzi.

 

Nel dialetto trentino la Pavana – per anni coltivata in Valsugana e sui Colli Euganei - è spesso abbinata ad una vite altrettanto singolare e in linea con la medesima filosofia: è appunto il caso della Vernaza, il vino della memoria contadina, del bere gioioso, spensierato e gioviale. In piena sintonia con lo stile del Blanc de Sers. Che ora nella nuova variante spumeggiante, diventa attraente anche nelle sue sfumature rosacee, godibile e appunto volutamente allegro.

 

Un modo sincero per rimarcare l’importanza di recuperare colture viticole ingiustamente ritenute minori in quanto marginali. Un limite che le rende per certi versi inimitabili. Rilanciando storie, fatiche, aneddoti e vicende che accompagnano la singolarità di certi vitigni e d’altrettante vinificazioni. Per scoprire come la coltura della vite scandisca l’evoluzione della singola comunità.

 

Con Serso che rievoca la parola ‘sorso’ e ‘sorriso’ che adesso col Rosè de Sers appaga pure la curiosità.

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