Enzo, Lorena e Umberto e la loro Klinger winery: tre vini bianchi portentosi, da Pressano con amore
Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
Sarà una questione d’accenti o più banalmente il vizio di legare un nome ad un vino, ma per me il borgo lavisano di Pressàno (come vedete: accento sulla ‘a’ ) evoca anzitutto …pressature. Quelle che da sempre si praticano dopo la vendemmia: pigiare, sapientemente torchiare, con grazia e maestria pressare i grappoli appena raccolti per avviare il mosto alla fermentazione e quindi renderlo vino.
A Pressàno pressano in tanti. Almeno dieci le aziende vitivinicole che sfruttano l’ottimale esposizione delle colline sulla sponda sinistra dell’Adige, proiettate verso la valle di Cembra. Territorio baciato dal sole e suoli altrettanto variegati, ataviche stratificazioni tra rocce arenarie che richiamano l’ocra, argille rossastre e tracce preziose di sedimenti calcarei. Un mix ideale per la vite. Forse è da questa sua ubicazione che in realtà Pressàno porta questa indicazione: deriva dal latino Pritianum, sito salubre.
Salubri e ben distinguibili lo sono di sicuro i vini che nascono su queste pendici. Tra le novità assolute ecco un team decisamente portentoso: i due fratelli e la sorella Pilati, vale a dire Enzo, Lorena e Umberto. Giovani, per somma d’età sfiorano il secolo, ma caparbiamente decisi a valorizzare il loro maso, il Clinga, proprietà della famiglia dal 1921. Coadiuvati da loro padre Felice i tre del Clinga hanno dato vita ad un’azienda vitivinicola che porta il nome di Klinger, foneticamente più attrattivo e altrettanto distintivo.
Klinger winery, per l’esattezza. Proprio per essere pronti alle sfide più impegnative. Lo fanno con tanta preparazione ‘in vigna’, ma anche sperimentando forme di comunicazione innovative, con la grafica in piena sintonia con le loro ’visioni enoiche’. Tutto questo puntando appena su soli tre vini, esclusivamente da uve a bacca bianca. Certo non mancano propositi di sviluppo varietale ‘rossiste’, ma già dimostrano una capacità operativa assolutamente encomiabile. Una forza che ha radici profonde. A partire dalle loro viti secolari di Nosiola. Proprio così. Viti come veri monumenti vegetali, Nosiola che in questa zona viene chiamata al femminile, la Nosiola, mentre in Valle dei Laghi è ‘il Nosiola’. Uve che solo da poche vendemmie vengono giustamente valorizzate dalla critica enologica più accreditata.
Nosiola da ri-scoprire, la semplicità varietale che diventa stimolo a riscoprire il piacere di assaporare la leggerezza e non la pesantezza, la lunghezza del sorso e non la sua assoluta succosità. In questo il Klinger Team si dimostra decisamente autorevole. Senza tentennamenti questo loro vino bianco emoziona, stimola a confronti, a condividere sensazioni gustative che solo i vini sinceri riescono responsabilmente a suggerire. Ma non è solo la Nosiola a mettersi in evidenza. Pure il loro Traminer aromatico è pregno di caratteri, giustamente aromatici, sia al naso che in bocca, tra il cardamomo e il pepe di Sichuam e la sapidità che suscita il morso di un’albicocca appena raccolta.
In chiusura (ma l’ordine potrebbe essere inverso…) ecco il Pizpòr, un mix tra uve Chardonnay e un tocco di Pinot bianco, per avere un vino corroborante, versatile nella sua scorrevolezza, ma altrettanto preciso per stile e personalità. Porta il nome (Pizpòr’) di un attrezzo usato a suo tempo dai minatori che intaccavano le rocce nelle miniere scavate anticamente proprio sopra Pressàno. Tre vini bianchi, custoditi in bottiglie ‘vestite’ con grazia e fantasia grafica, chiuse rigorosamente con tappi a vite, quelli che garantiscono che mai il vino saprà di sughero. Una scelta innovativa, in piena sintonia con la filosofia dei Klinger.