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E' arrivato il tempo del Novello ma questa tipologia di vino è sempre più in crisi: la produzione è in calo e non è mai stato apprezzato dai wine lovers

Dagli oltre 12 milioni di bottiglie proposte nei primi anni Duemila a poco più di 5 milioni di questo 2022. L’Italia del vino non ama particolarmente questa tipologia. Il Trentino era stato tra i protagonisti, ma ora solo poche cantine lo propongono
DAL BLOG
Di Ades, by Nereo Pederzolli - 31 ottobre 2022

Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia

Inesorabile, come lo scorrere del tempo, anche a i primi di novembre si propone l’assaggio dei vino novello, quelli che alle spalle hanno solo qualche settimana dalla vendemmia. Il 2022 è annata strabiliante per l’andamento della maturazione delle uve. Comprese quelle - rigorosamente - a bacca rossa, uve Teroldego destinate alla macerazione carbonica (il metodo per fare vino novello) che trasforma il mosto in un prodotto gioviale, immediato. Anche se poco amato: dai consumatori più evoluti e da qualche anno anche dal mercato.

 

Lo avevamo scritto già in altri precedenti millesimi: cala la produzione e scarseggia l’amore per berlo. Dagli oltre 12 milioni di bottiglie proposte nei primi anni Duemila a poco più di 5 milioni di questo 2022. L’Italia del vino non ama particolarmente questa tipologia. Il Trentino era stato tra i protagonisti, ma ora solo poche cantine lo propongono. I "colossi enologici" lo promuovono in attesa di campagne pubblicitarie natalizie, mentre solo qualche raro vignaiolo scommette - solitamente per il semplice piacere di farlo - su questo vino assolutamente nouveau.

 

Ha sempre soddisfatto (forse è meglio ribadire: aveva) la bramosia, la voglia di assaporare il vino appena nato. Talmente richiesto da un mercato "mordi e fuggi" che per anni è stato uno dei business del settore enologico non solo italiano. Vino su ordinazione, praticamente venduto ancor prima di essere imbottigliato.

 

Ma adeso il vino novello non emoziona più. Un calo d’affezione dovuto a tanti fattori. Forse perché i wine lovers non l’hanno mai amato. Perché la tecnica enologica per produrlo – in speciali vasche inox, tramite una particolare macerazione carbonica, studiata addirittura dal celebre microbiologo Louis Pasteur – è sempre più costosa. O forse per l’eccessiva voglia di stupire, anticipando l’uscita sul mercato già a fine ottobre, due settimane prima dei francesi, che di Beaujolais Nouveau se ne intendono, avendolo "ideato" in Borgogna, nel dopoguerra. Loro lo "sboccano" solo a partire dal terzo giovedì di novembre. Noi, molto prima. Bruciando i tempi, ma senza creare alcuna competizione con i cugini d’Oltralpe.

 

E pensare che il vino novello aveva suscitato tanta curiosità proprio tra le Dolomiti. I pionieri sono stati enologi di gran valore, tra tutti Virgilio Spagnolli e Luciano Lunelli. Che hanno stimolato diverse cantine a cimentarsi con questi nouveau. Cavit e Mezzocorona hanno sfruttato la scia, diventando leader nazionali con vini prevalentemente a base di Teroldego.

 

Solo un vignaiolo ha subito il fascino del novello: Roberto Zeni, a Grumo, ne produce uno decisamente squisito, indipendentemente da personali preferenze. Poche migliaia di bottiglie, prezzo in sintonia con le versioni di Teroldego Rotaliano più meritevoli, a dimostrazione della versatilità del vitigno e della bravura del vitienologo.

 

In ogni caso il Novello si deve gustare entro Natale, abbinandolo alle caratteristiche pietanze autunnali, castagne comprese, ma anche con polenta, crauti e lucanica. Con un consiglio: buono con la tradizionale pizza, meglio se a base di verdure.

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