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Castelfeder celebra i 30 anni di produzione di Burgum Novum e presenta Kreuzweg il nuovo Chardonnay ''Family Reserve''. E il Trentino?

Nei disciplinari che tutelano le Doc i rafforzativi tipo Kreuzweg si chiamano Uga - Unità geografiche aggiunte - oppure Mega - Menzione geografica aggiunta, e compaiono giù sulle etichette di molti vini regionali con l’Alto Adige come apripista. E il Trentino? Tutto ufficialmente tace, tra analisi e "solite" tensioni tra cantine sociali, vignaioli, imbottigliatori
DAL BLOG
Di Ades, by Nereo Pederzolli - 02 marzo 2022

Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia

Identità e condivisione, parole che - quando si parla di vino - spesso perdono il loro sincero significato. Colpa di personalismi e sopite ambizioni di una schiera di vignaioli, cantinieri, operatori enologici che difendono esclusivamente la loro specificità, il ‘marchio aziendale’ e una comunicazione roboante, quasi fastidiosa. Ma non tutti sono così, anzi. 

 

La conferma è andata in scena - è proprio il caso di dire - nelle fascinose caverne porfiriche di Laimburg, a fianco del Centro di sperimentazione agronomica creato vicino a Ora dalla Provincia autonoma di Bolzano. Spazio di un ente pubblico che ha ospitato una cantina privata, per festeggiare il trentennale dell’evoluzione dei vini Burgum Novum di Castelfeder, azienda da oltre mezzo secolo attiva nel "triangolo enoico" Magrè-Caldaro-Egna.

 

Traguardo importante, sfruttato per proporre un vino altrettanto significativo. Perché è stato ufficialmente stappato in anteprima uno Chardonnay che interpreta davvero il concetto di identità e condivisione: è il Kreuzweg, nome che indica davvero il crocevia di strade che solcano a Magrè i vigneti di provenienza, vie, segnali di e del paesaggio, lo esaltano e invitano a scoprire i valori dei luoghi limitrofi. Per legare il vino all’habitat. 

 

Un rafforzativo - quello di Kreuzweg - ‘studiato’ dal comparto viticolo altoatesino, prontamente accolto da numerose cantine, indicazione da condividere, a disposizione delle aziende vitivinicole che operano nella specifica zona, micro distretto vitato, area tra le più suggestive delle Dolomiti. Non solo. E’ il modo per rafforzare la Doc Alto Adige con una speciale ‘menzione’ geografica. E imprimere ulteriore carattere all’immagine del vino oltre che alla sua specificità organolettica.

 

Nei disciplinari che tutelano le Doc i rafforzativi tipo Kreuzweg si chiamano Uga - Unità geografiche aggiunte - oppure Mega - Menzione geografica aggiunta, e compaiono giù sulle etichette di molti vini regionali (dal Friuli alle Marche, certe zone toscane comprese) con l’Alto Adige come apripista. E il Trentino? Tutto ufficialmente tace, tra analisi e "solite" tensioni tra cantine sociali, vignaioli, imbottigliatori. Tutti impegnati nell’incrementare anzitutto la produzione di spumante classico. Quasi 70 le aziende aderenti al Trentodoc, almeno altre 40 che si limitano a scrivere solo Trento Doc sulle etichette delle bottiglie con bollicine. Insomma: spumante sugli scudi, mentre il vino trentino ‘tranquillo’ continua a perdere in fascino, visibilità, e altrettanta specifica identità territoriale. 

 

Sfruttare solo il cappello della denominazione Trentino rischia di banalizzare microzone decisamente identitarie, aree dove vite e habitat sono inscindibili. Penso ai vigneti di Cembra, i terreni basaltici d’Isera, le colline di Lavis, quelle carezzate dall’Ora del Garda in valle dei Laghi. Poi i Campi Sarni, i poderi rotaliani, le alture nonese. Tutte specificità che Uga o Mega potrebbero evidenziare, coinvolgendo sia i viticoltori delle cantine sociali come la miriade di vignaioli.

 

Ecco perché l’iniziativa dei Giovanett di Castelfeder è l’esempio sinergico di come un settore riesca a superare diatribe e condividere strategie che diventano corali.

 

A Laimburg dunque non è andata in scena solo una memorabile degustazione di vini. Una cosiddetta ‘verticale’ di Chardonnay e Pinot nero, ben 6 annate selezionate tra le prestigiose - partire dal 2018 e finire con il 1989! - proposte dalla famiglia Giovanett, dinastia da generazioni impegnata nella produzione vitivinicola Castelfeder. Con i giovani Ines e Ivan, figli di Guenther Giovanett artefici di un vero rilancio enoico, decisamente improntato all’evoluzione della cultura del buon bere, nel rispetto e valorizzazione della loro specificità territoriale. Come appunto dimostra l’anteprima dello Alto Adige Chardonnay ‘Kreuzweg’ 2018. 

 

Vino prodotto in poche migliaia di esemplari, proprio per essere stimolo, esempio strategico di una moderna visione aziendale e - contemporaneamente - di una corale spinta per difendere le peculiarità del territorio. 

 

Castelfeder lo ha fatto magistralmente, coinvolgendo un centinaio di esperti, accolti a Laimburg, con un vino marcatamente sudtirolese. Versatile nella sua opulenta grazia, il carattere forgiato da cure viticole rispettose dell’esclusività del sito vendemmiale, la bravura dei due giovani Ines e Ivan, vino che si potrebbe definire lungimirante. E in Trentino cosa si muove

 

Sul fronte del vino fermo è davvero calma piatta. Rarissimi - spumante a parte - quelli che emergono nel panorama del buon bere. Fermi, corretti, competitivi nel prezzo, ma sempre più privi di fascino, al punto che nella graduatoria dei vini tradizionali italiani, il Trentino è in zona retrocessione, oltre metà classifica tra la ventina di regioni vitivinicole. Peccato.

 

Altra domanda: la Fondazione Mach è pronta ad ospitare - come fatto dai "cugini" di Laimburg - aziende private che valorizzano la singolarità di certi vini? Tra Uga o Mega, rafforzativi che nelle valli trentine attendono strategiche, urgenti risposte.

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