Casa Lunelli, dal caveau arriva una selezione speciale di Ferrari Perlè: pochissime cassette dedicate ad appassionati e collezionisti
Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
E’ un mito che si ripete, talmente pregno di valori da poter sfidare il tempo. Con un duplice significato: evidenziare l’autorevolezza di una ‘maison’ sempre più competitiva, ma anche onorare il territorio dove vengono vendemmiate le uve, habitat sinonimo di vivacità. Quella dello spumante classico, pure della bravura dei cantinieri. Ecco l’assaggio di una preziosa ( in tutti i sensi: per numero delle bottiglie ancor prima dal giusto elevato prezzo ) selezione di Ferrari d’antan.
Ovvero bottiglie di spumante classico lasciate per anni e anni ( vedremo poi nel dettaglio) riposare sui loro intrinsechi lieviti, per essere ‘sboccate’ nell’attualità di questo periodo di grande ripresa enologica, la pandemia (speriamo) alle spalle e l’avvio di fiere e degustazioni ‘in presenza’.
Casa Lunelli ha ‘liberato’ dai suoi profondi caveau una selezione di Ferrari Perlè a dir poco esclusiva. Uno scrigno con 3 annate di fascino, tra ricordi e rilancio di emozioni sopite. Custodite dai millesimi che vanno dal 2005, per scalare alle bottiglie griffate 2003 e chiudere in un tripudio di un Perlè addirittura del 2001!
Sequenza da sperticati elogi, non per piaggeria; semplicemente per la constatazione di come l’accorta vinificazione, la lungimiranza enologica e la bravura dell’equipe tecnica diretta dallo ‘chef de cave’ Ruben Larentis riescano a tracciare la ‘via trentina’ più straordinaria per le bollicine, non solo dolomitiche, ma di tutto il comparto brioso del buon bere, nazionale ed extra.
Spumanti della rarità, simboli precisi, talmente singolari da essere per certi versi monumentali.
Il tempo giova allo spumante? La domanda trova risposte che non ammettono tentennamenti: solo se l’avvio della trasformazione in ‘bollicine’ è eseguita con carisma, con una selezione delle uve meticolosa e l’arguzia dai cantinieri. Nulla può essere improvvisato.
Pressapochismo e faciloneria - anche se negli ultimi anni quasi tutte le cantine si cimentano con la ‘presa di spuma’… - non riusciranno mai a rendere giusto onore alla vitalità di uno spumante fuoriclasse.
Per constatarlo basterebbe degustare una sola annata di questa trilogia ferrarista. Senza stilare una graduatoria legata all’annata, al millesimo che compare sul collo delle bottiglie di ‘recente sboccatura’. Perché i tre millesimi, tutti dispari ( ma è prevista una trilogia altrettanto esclusiva delle annate pari) incarnano per certi versi l’anima del Trento Doc. Sono in grado di superare certe problematiche dell’annata - è il caso del Perlè 2003, vendemmiato dopo traversie e colpi di calore estivo - è rendere il sorso energico, di pura eleganza, armonico nell’insieme, nonostante le intrinseche bollicine siano fievoli e per certi versi ancora più leggiadre.
La potenza e la carezza avvolgono l’iter del 2005 - la vitalità mai doma, il nerbo della viticoltura d’alta collina sono al servizio della croccantezza del sorso e della setosità finale - per giungere ad un vellutato 2001, spumante che si potrebbe definire ‘grande vino a base chardonnay’ ovvero una sorta di Borgogna Grand cru..con il ritmo del tempo scandito dal perlage. E che briosità!
Insomma, leggerezza e determinazione, il carattere che rilancia il prestigio dell’azienda, ma anche la forza di tre millesimati - proposti in un delizioso pranzo d’autore a Locanda Margon, con l’altrettanta chicca finale di un Perlè Rosè 1997! - che pongono la spumantistica trentina ancora sul piedistallo più esclusivo delle bollicine, non solo nostrane. Tre Perlè, tre perle. Per dare il via al Vinitaly.