Altro che meta ideale, il Trentino gastronomico non brilla tra le stelle Michelin: la minestra è riscaldata e il futuro?
Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
Altro che meta ideale! Il Trentino gastronomico stenta davvero ad essere stellare. La ‘rossa Michelin’ lo conferma. Con un primo riscontro eclatante. Non c’è la stella di Alfio Ghezzi, il già bistellato che al Mart subisce strambe museali dinamiche gestionali e paga la sua straripante - spesso provocante - creatività. Il suo Senso aveva deciso già l’estate scorsa di non aderire al progetto Michelin, scegliendo di cimentarsi in nuove sfide, ancora ‘in divenire’, anche se lo spazio food sotto la cupola dell’archistar Botta rimane aperta, per eventi, per precisi affinità sensoriali. Senza badare alla stella.
La ‘gommosa’ comunque premia 8 ristoranti, d’accordo, stesso numero dello scorso anno, con l’esclusivo Grual di Pinzolo (inserito in un hotel lusso 5 stelle) che prende il posto di Ghezzi. Per il resto…calma piatta. Nessun dinamismo, nessuna progettualità gastronomica di larghe vedute. Inutile citare il confronto - assolutamente perdente per i trentini - con gli chef sudtirolesi. Che di locali stellati ne hanno 20. Con diversi in pista di lancio. Nelle vallate trentine resiste specialmente Madonna di Campiglio, con un tris ora rafforzato dalla neostella di Pinzolo. Poi è Fiemme e Fassa che mettono in tavola leccornie, con Alessandro Gilmozzi orgoglioso di appuntarsi sulla casacca pure una stella verde, per la sua dedizione alla ricerca botanica e alle consuetudini della Magnifica, quella comunità fiemmese che resiste dal 1111. Affiancato dai Donei di Malga Panna, prima di virare verso il fondovalle.
Trento è sicura con la Margon, poi ecco verso il Garda l’estro di Peter Brunel, che di stelle ne meriterebbe almeno due. Cucine stellari? Certamente, ma nel complesso abbastanza estranee al ‘comun sentire’ dei gourmettari, non solo dei più esigenti e radicali. Perché spulciando le guide gastronomiche, sfogliando pure le minuziose citazioni di Identità Golose, di vere ‘emergenti’ non se ne vedono. Eppure la scuola di cucina di Tione e le altre alberghiere sono costantemente mobilitate nella formazione di schiere di giovani che però trovano allori fuori provincia. Basta citare Matteo Delvai, il giovane di Carano alla corte di Norbert Niederkofler. E ancora, alcuni giovani che attualmente sono impegnati in stellati extraregionali. Troviamo nell’elenco Luca Zotti, Sara Bertocchi e Federico Molteni.
Tra i promettenti doverosa citazione per Stefano Rossi, giovane chef rotaliano, esperienze in blasonatissimi fornelli, da un paio d’anni alla guida delle cucine del Lido Palace di Riva del Garda, con uno spazio gourmet chiamato Zefiro, plateale sistemazione proiettata sul grande lago. Zefiro, vento benefico, folate per rianimare la cucina d’autore. Soffio goloso, per rendere attrattivo il Trentino del cibo a prescindere da roboanti comunicati stampa di organismi di marketing. Che vedono solo la punta dell’iceberg. E riscaldano… minestroni banali.
Il Trentino degli ‘spadellatori’ dovrebbe interrogarsi sulle prospettive della cucina tra 10 anni. Come potrà svilupparsi, tra avanguardia, ricerca e il coinvolgimento del comparto agroalimentare nostrano. Il cambiamento è in atto, ma bisogna spingere i giovani a 'vedere per scegliere'. Chiedendo alle istituzioni e alla politica del settore di attivare precisi percorsi esperienziali. Senza mescolare la cucina sopraffina, confondere influenze nordiche con quelle della contaminazione nipponica, tra la normalità di qualche agritur, aziende queste costantemente supportate anche se spesso di ‘propria produzione’ hanno ben poco. Chissà, forse solo specialisti in minestra riscaldata? Speriamo di no.