A Merano va in scena il tripudio del vino: oltre 1.000 produttori per una kermesse dove non mancano gli abbinamenti provocatori
Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
MERANO. Merano e il tripudio del vino, per un festival che più di altre kermesse enologiche si propone come scenario della comunicazione più spinta, per certi versi esagerata. Talmente ‘sovracomunicato’ che anche le pregiatissime bottiglie, stappate per un pubblico osannante, per non dire ossessionato nella ricerca di qualcosa di sublime, esclusivo, quasi inarrivabile, sono usate più per strategie di marketing che di concreta valutazione gustativa.
Mille e più produttori di vino, ognuno con tre versioni del loro miglior alfiere, riserve e vinificazioni che nulla concedono alla banalità. Per dirla, parafrasando la frase di Antonin Artaud, il poeta maledetto d’inizio Novecento, ‘nel bicchiere l’assoluto o niente’.
Merano, fino al prossimo 8 novembre, diventa una babilonia enoica. Impossibile sintetizzare degustazioni, programmi, convegni e ogni bendidio gastronomico. Tra conferenze sulla sostenibilità (scontato riferimento etico) e l’altrettanta ricerca dell’estetica. Con abbinamenti talvolta provocatori, specialmente in campo alimentare. Dal panettone al tabacco, poi la birra con ostriche, senza tralasciare mix di teorie sui cibi fermentati, il recupero della Natura nelle forme più esageratamente naturalistiche. In ogni caso sono i vini a farla da padrone. Bramati da visitatori che sul Passirio giungono da ogni dove. La kermesse propone, anticipa, stuzzica e coinvolge un numero impressionante di media, tra social e tradizionali emittenti radiotelevisive.
La città è davvero invasa, per non dire travolta, riuscendo comunque a mantenere il consueto fascino mitteleuropeo. Con le cantine del circondario meranese, il cosiddetto Burgraviato, che ospitano i più autorevoli esperti della critica enologica. Particolarmente in auge la presentazione di un vino raro, sicuramente apripista di un modo di elaborare in maniera eccellente le uve vendemmiate in Alto Adige. E’ il caso dell’Appius, vino bianco della Cantina Produttori San Michele di Appiano, primo prototipo di una sfida enologica che non teme alcun confronto, proponendosi come assoluto interprete del Made in Sudtirol.
E’ appena stata presentata la nona edizione di questo ‘blend’ di uve a bacca bianca, creato da Hans Terzer, istrionico cantiniere altoatesino, da tanti anni responsabile della Cantina San Michele di Appiano. Un vino che nel nome - Appius - richiama la denominazione romana della zona verso il lago di Caldaro, vino assolutamente esclusivo, impegnativo sotto ogni aspetto, pure nel suo importante prezzo, attorno ai 130 euro la bottiglia.
Appius perfettamente in sintonia con l’evoluzione dell’enologia sudtirolese e nel contempo vino simbolo dello stesso Merano Wine Festival. Per capirlo basta soffermarsi sulle note consegnate alla stampa, per stimolarne l’assaggio. Frutto del meticoloso lavoro di selezione, in fase di raccolta delle uve e di assemblaggio, Appius 2018 dimostra un profilo lineare, dritto e preciso, con una composizione in cui predomina la varietà dello Chardonnay (52%) a cui si aggiungono il Pinot grigio (20%), il Pinot bianco (15%) ed il Sauvignon blanc (13%).
Dal colore luminoso, giallo-verdognolo con riflessi verde malachite, Appius 2018 al naso ha un impatto energico ed eloquente: dapprima frutta esotica matura (banana, melone, mango), riconducibile allo Chardonnay, poi frutti a polpa bianca (pera Williams, pesca, mela renetta, ribes bianco, uva spina) che palesano i ruoli di Pinot Bianco e Grigio. Presente il versante agrumato, riconducibile al pompelmo, con la sua caratteristica nota piccantina ed una nota di legno di cedro che lascia spazio sul finale a sentori di miele di acacia e lavanda.
Come in precedenti versioni, conquista il palato, aggiungiamo, in base a riscontri degustativi fissati sul taccuino 2021, con estrema delicatezza, allungandosi in un finale di rara raffinatezza. Decisamente un superwine. Talmente esclusivo che probabilmente non avrebbe nemmeno bisogno… di essere comunicato.