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Orsi, la politica delle catture bocciata dagli esperti: “Non sostenibile. Gli esemplari pericolosi? Una minoranza della popolazione”

Ispra suggerisce un deciso cambio di rotta nella gestione dei plantigradi fin qui messa in campo dal Trentino: “Essenziale e necessaria una migliore e più trasparente rendicontazione da parte della Pat di tutti gli episodi potenzialmente critici”. Per gli esperti la prevenzione è più efficace di dissuasioni e abbattimenti: “Spesso comportamenti potenzialmente pericolosi possono emergere negli orsi come conseguenza di comportamenti umani non adeguati”

Di Tiziano Grottolo - 23 gennaio 2021 - 05:01

TRENTO. Secondo quanto affermato dall’assessora all’agricoltura, foreste, caccia e pesca Giulia Zanotelli il rapporto dedicato agli orsi problematici in Provincia di Trento confermerebbe che “la rimozione mediante abbattimento di determinati soggetti problematici diventa un’opzione necessaria ed inevitabile”. Eppure, nelle 26 pagine del rapporto redatto da Ispra con il supporto del Muse c’è molto altro e anche le affermazioni dell’assessora andrebbero lette nel complesso della ricerca, che non usa mai toni perentori ma parla sempre di “possibilità”.

 

Quel che emerge chiaramente è il fallimento della “politica delle catture” messa in atto dalla Provincia (che nel frattempo pensa a un nuovo Casteller) e fortemente sponsorizzata dal presidente Maurizio Fugatti e dalla stessa assessora. “Per quanto riguarda la cattura e l’inserimento in cattività degli individui particolarmente problematici – affermano gli esperti – questa pratica, oltre ad implicare costi molto alti di mantenimento degli orsi e delle strutture stesse, comporta una considerevole abituazione all’uomo, la quale può esacerbare comportamenti a rischio ed esclude ogni possibilità di rilascio in natura. Inoltre, la permanenza in cattività rappresenta un problema importante di benessere animale soprattutto per individui nati e cresciuti in natura e che richiedono spazi ampi in cui potersi muovere”.

 

Circostanze rilevate pure dai carabinieri del Cites inviati dal ministro all’Ambiente Sergio Costa e citate nel report: “Ad oggi gli animali ospitati in cattività nella struttura del Casteller non si trovano in condizioni idonee per garantirne il benessere, questo a causa della limitata disponibilità di spazi e della forzata convivenza dei vari animali presenti in spazi limitati, che non rispetta le esigenze etologiche della specie e che potrebbe portare ad interazioni aggressive tra gli orsi. Inoltre, non sono da escludersi tentativi di fuga da parte degli animali, come già successo con M49, che comportano un ingente dispendio di risorse e difficoltà di recupero degli animali”. A questo questo punto, considerando che si prevede che il numero di orsi entro il 2025 superi i 120 esemplari (con il conseguente aumento di quelli problematici), gli esperti ritengono che la captivazione non sia sostenibile per la gestione dei plantigradi problematici. Alla luce di questi motivi si legge nel report: “Si ritiene che l’abbattimento, soluzione esplicitamente prevista dal Pacobace e già adottata in passato, potrebbe rendersi un’opzione necessaria, qualora le altre azioni di prevenzione e dissuasione previste da Pacobace risultassero inefficaci”.

 

C’è un però, prima dell’abbattimento dovrebbero essere messe in campo le “azioni di prevenzione e dissuasione” cosa che la Provincia sembra restia a fare: proprio a partire dagli investimenti in opere di prevenzione che da quando la Lega è al governo si sono ridotti drasticamente. Zanotelli ha fatto sapere che “sono in corso di definizione le attività 2021 che vedranno il rafforzamento di alcune misure e l’implementazione di progetti legati alla comunicazione e alle opere di prevenzione”, ma finora si è visto poco o nulla. Per snocciolare alcuni dati tra il 2009 e il 2019 sono stati indennizzati un totale di 1.681 danni da orso, principalmente provocati al patrimonio apistico, zootecnico e agricolo, per un totale di 1.009.254,7 euro. In media, sono stati indennizzati 153 danni all’anno, per un totale medio di 91.750,4 euro/anno. Tra il 2009 e il 2019 sono state installate 1.375 opere per la prevenzione dei danni per un totale di 736.518 euro. Tali dati indicano una media di 125 opere installate all’anno e un costo medio di 66.956 euro/anno. Anche se dal 2012 vengono conteggiate anche le opere installate per la prevenzione dei danni da lupo.

 

 

Nonostante gli orsi particolarmente dannosi comportino costi di gestione considerevoli e contribuiscano a diminuire l’accettazione della specie da parte della popolazione locale – si legge nel report – dal punto di vista gestionale, quando questo tipo di problematicità non è seriale ed è rivolto a patrimoni localizzati in aree relativamente lontane da centri abitati e da altre attività umane, può dirsi facilmente gestibile e non presenta particolari difficoltà o criticità”. Inoltre gli esperti ricordano che è una minima porzione della popolazione di orsi quella responsabile della maggior parte dei conflitti con l’uomo, e gli orsi potenzialmente pericolosi e ad alto rischio rappresentano una porzione ancora più limitata di questi, mentre la restante gran parte della popolazione raramente entra in contatto con l’uomo e le sue attività, che anzi tende a evitare.

 

“Spesso – ribadiscono dall'Ispra – comportamenti potenzialmente pericolosi possono emergere negli orsi come conseguenza di comportamenti umani non adeguati alla presenza della specie sul territorio”. Fra tutti lo scorretto smaltimento di rifiuti o le pratiche di alimentazione volontaria degli orsi. È stato dimostrato invece, come una gestione proattiva, che miri a prevenire i comportamenti sbagliati, sia “la via più efficace, rispetto alla gestione reattiva (dissuasione o rimozione degli individui) e può evitare il manifestarsi di criticità di gestione e conseguenti conflitti sociali importanti”. L’efficacia della gestione proattiva degli orsi problematici è testimoniata da vari studi in ambito internazionale i quali riportano una riduzione significativa dei conflitti causati dagli orsi in seguito alla rimozione di fonti di cibo antropogeniche.

 

L’obiettivo principale, secondo Ispra, dovrebbe essere quello di sostituire a breve termine (24 mesi) tutti i cassonetti per l’umido presenti sul territorio frequentato dagli orsi, dando priorità a quelli presenti nei contesti periurbani. Inoltre alla Pat viene suggerito di “rafforzare gli sforzi di comunicazione, tramite un’adeguata e diffusa informazione sui comportamenti da adottare in aree frequentate dall’orso, che preveda la realizzazione di nuovo materiale informativo da distribuire alle comunità e agli operatori locali, e ai frequentatori della montagna indicando comportamenti corretti sia nel caso di incontri con orsi sia per ridurre al minimo la disponibilità di rifiuti e di altre fonti alimentari di origine antropica”. Di pari passo si dovrà installare “una chiara e mirata segnaletica nelle aree interessate dalla presenza di femmine con i piccoli o di individui con comportamenti potenzialmente pericolosi”. Peraltro come richiesto a gran voce da associazioni ed enti del territorio.

 

“Appare infine essenziale e necessaria – concludono gli esperti – una migliore e più trasparente rendicontazione da parte della Pat di tutti gli episodi potenzialmente critici, con dettagli riguardanti le circostanze, le parti coinvolte e altre informazioni utili a ricostruire l’evento in modo il più possibile chiaro ed oggettivo”. Una comunicazione che deve essere “tempestivamente resa pubblica al fine non solo di garantire valutazioni tecniche accurate da parte di enti esterni, ma anche di evitare la circolazione di notizie false o inaccurate riguardo tali episodi, che contribuirebbero all’esacerbarsi di conflitti sociali”. In altre parole viene chiesto un deciso cambio di rotta nella gestione degli orsi fin qui messa in campo dalla Pat.

 

 

 

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