Dopo l'assalto dei turisti lo Chalet del Bosco è ridotto così (IL VIDEO). Cartacce, lattine, avanzi, bicchieri, sdraio portate via: è questo il turismo che vogliamo?
Negli scorsi giorni, complici anche le nevicate delle festività, alcune località degli Appennini sono state prese d'assalto. Un turismo 'mordi e fuggi' che riempie gli impianti e le strutture per pochi giorni e lascia sul campo scene di questo tipo come a Campo Felice
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Le vacanze di Natale sono terminate e le strutture ricettive dell’Appennino, dopo le nevicate avvenute durante le festività, sono state totalmente prese d’assalto. Le presenze sono state davvero importanti nei numeri. Ad esempio a Roccaraso in una singola giornata sono stati superati anche i 25 mila accessi. Lunghe code per gli skipass, lunghe code anche solo per prendere un panino in particolare nelle ore centrali della giornata.
A Campo Felice il gestore dello Chalet del Bosco ha pubblicato un video mostrando le condizioni in cui ha ritrovato l’attività a fine servizio. Centinaia di cartacce buttate al suolo, decine di lattine di bibite di vario genere, bicchieri e tanto altro, il tutto poi ammucchiato dopo essere stato raccolto da terra. Le sdraio gratuite dell’attività trascinate dalla parte opposta della montagna e mai rimesse a posto dagli utenti.
Naturalmente il video ripostato da alcune importanti pagine dell’Appennino è diventato immediatamente oggetto di dibattito e c'è anche chi riesce in qualche modo a giustificare il comportamento di queste persone. Alcuni hanno difeso i barbari zozzoni spiegando che la sporcizia lasciata a terra si giustificherebbe perché i costi degli skipass sono troppo elevati e i servizi offerti sono (compresi quelli delle baite) pochi e malfunzionanti. Altri ancora attribuiscono la colpa alla gestione dell’attività, ritenuta incapace di controllare e ripulire la zona.
Tuttavia queste motivazioni lasciano un po' il tempo che trovano, soprattutto tenendo in considerazione il fatto che la stazione sciistica di Campo Felice è stata letteralmente presa d’assalto e che questo genere di presenza turistica è stata a dir poco incontrollabile. E’ difficile pensare che il gestore di un’attività insieme al suo staff, a prescindere da quanto sia stato il guadagno (come qualcuno ha fatto notare), potesse controllare il comportamento di migliaia e migliaia di persone. La montagna dovrebbe insegnare dei sani principi, tra tutti il rispetto dell’ambiente circostante e del lavoro altrui. E una delle prime regole della montagna è che si riporta a casa la spazzatura che si produce specie se non si riesce a conferirla correttamente negli spazi indicati.
Anche se un servizio è ritenuto carente, non è certamente giusto abbandonare le cartacce o qualsivoglia tipo di spazzatura a terra e andarsene come nulla fosse. Certo, tutto questo stimola una riflessione anche piuttosto importante sul genere di turismo sul quale le stazioni sciistiche dell’Appennino stanno puntando. Un turismo fatto di grandi numeri, di comunicazioni poco chiare nei confronti degli utenti e di accessi alle attività ricettive spesso nettamente superiori alle proprie possibilità di capienza.
Tutto questo porta a portare in quota persone dai comportamenti meno attenti nei confronti dell’ambiente, ma anche meno rispettosi nei confronti degli altri turisti e di chi lavora sul posto. Siamo certi che questo genere di affluenza turistica di massa, nemmeno minimamente disciplinata, sia da prendere come esempio per lo sviluppo del turismo in montagna? Puntare su una forma turistica ‘mordi e fuggi’ può risultare controproducente per i paesi di montagna, che nelle feste natalizie hanno visto un gran numero di presenze, ma che regolarmente, eccetto che nei fine settimana, tornano ad essere popolati da poche centinaia di abitanti. Non sarebbe più lungimirante incentivare le persone a soggiornare nei paesi di montagna, magari prolungando le proprie permanenze, per vivere il territorio, imparare ad amarlo e rispettarne usi e costumi piuttosto che puntare su migliaia di arrivi concentrati in periodi ridottissimi con persone che quindi vivono la montagna come una sorta di fast food dove consumare il possibile nel più rapido tempo possibile?
Nel breve termine siamo sicuri che anche il turista mordi e fuggi rappresenti un'occasione economica per chi di turismo vive ma sul lungo periodo l'effetto boomerang potrebbe rivelarsi più impattante di quanto si possa immaginare. E certamente la pubblicità che ne esce nel vedere una realtà montana ridotta a una discarica non fa un bel servizio al territorio.