“Obbligo dell’assicurazione per praticare l’arrampicata sportiva” fa discutere il cartello della falesia del Fosso dell’Eremo
La falesia sarebbe stata chiusa dai proprietari: un chiodatore della zona ha deciso di affittare il terreno per ridare a tutti la possibilità di scalare ma chiede ai climber di avere un’assicurazione. Si accende la polemica su social
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Sandro Angelini, Presidente dell’associazione Cultura Verticale, nata un paio di anni fa, ha chiodato tutta la falesia e 350 altre vie della zona.
Insieme a un gruppo di amici e chiodatori locali, e appoggiati dal Comune di Piobbico e dalla Pro Loco, si è assunto la responsabilità di affittare la zona per aprire a tutti la falesia, spendendo circa mille euro all'anno tra assicurazioni e quota affitto. Chiede però di arrampicare solo se assicurati con una qualsiasi assicurazione rc e infortuni(Cai, Fasi, Uisp...).
Sandro, come si è arrivati al cartello del Fosso dell’Eremo? Quale è la storia?
La situazione del Fosso dell’Eremo è la seguente: la falesia è stata chiodata tutta da me, insieme a mia moglie e qualche amico. È un’area che ho fatto nascere, con la quale ho un legame affettivo, e che continuo a curare con una manutenzione attenta e responsabile. Il mio obbiettivo è sempre stato tenere aperta la falesia, ma non volevo farlo passando dalla finestra. Avevamo un accordo con i proprietari precedenti della cava, e abbiamo sempre potuto scalare. A un certo punto però c’è stato un incidente ed è morta una persona, e I proprietari della cava hanno deciso di chiudere il fosso dell’eremo, sebbene gli arrampicatori, grandi anarchici, ci andassero lo stesso, perché ‘la montagna dev’essere libera’. Dopo due anni abbiamo inziato una contrattazione con i proprietari della cava, e in questa fase siamo stati aiutati dal Comune di Piobbico. L’unico modo per uscire da questo impasse che si era creato, visto che bisognava anche fare la manutenzione della falesia, e i proprietari non volevano mettere un cartello di divieto di transito, cosa che comunque non avrebbe risolto il problema, è stato quello di prendere in affitto il terreno come associazione Cultura Verticale.
Quali sono i motivi che hanno portato all’obbligo dell’assicurazione?
È una soluzione, mio malgrado, che abbiamo dovuto prendere con un gruppo di amici altrimenti il posto sarebbe stato inagibile. Ribadisco il concetto che la falesia sarebbe stata chiusa (immaginate il dispiacere di vedere buttato via il lavoro di chiodatura e il denaro che ho speso con l'avvallo della mia famiglia ) e l'unico modo per renderla fruibile era togliere la responsabilità dei proprietari prendendola in affitto. Per toglierci almeno la responsabilità civile a causa di eventuali incidenti non avevamo altra strada che mettere quel cartello e chiedere di scalare solo se muniti di una qualsiasi assicurazione. Se qualcuno non è dotato di un’assicurazione è sufficiente iscriversi all’associazione Cultura Verticale, pagando dieci euro all’anno. Il comune non ci ha affidato nulla, ci ha solo aiutato a risolvere la questione e quindi abbiamo inserito il patrocinio.
Chi controlla se una persona è assicurata?
Non è nostra intenzione controllare chi è assicurato o meno. Il problema è che se una persona non ha l’assicurazione ha contravvenuto alla regola, e non rispondiamo noi di Cultura Verticale di un eventuale incidente.
Alcuni climber obbiettano che l’obbligo di assicurazione lede il senso di libertà e spontaneità insiti nell’arrampicata.. Quale è la sua opinione?
Gli scalatori credono a volte di trovarsi ‘into the wild’ mentre non è sempre così. Bisogna ricordarsi che si tratta di un terreno privato. È venuto da me un arrampicatore della zona, titolare di un’erboristeria, che mi ha detto che questo cartello intaccava lo spirito di avventura. Allora gli ho risposto che avrei voluto fare bungee jumping dentro la sua erboristeria, e ledeva la mia libertà non poterlo fare… Alcune letture sono molto banali e superficiali, e vengono fatte da persone che non vogliono sottostare alle regole. Alcuni climber storcono il naso ma c’è sempre più gente che scala, sempre più falesie dove la responsabilità è dei privati o del comune e quindi la questione va affrontata. Nessuno ha mai chiesto soldi per una tessera come è stato scritto sui social. Non c’è nulla da pagare. Tanti hanno interpretato male tutta la questione. Avremmo invece bisogno dell’aiuto di tutta la community di scalatori in questi esperimenti di gestione che potrebbero rappresentare una valida possibilità per il futuro.
Si tratta di una questione di rispetto quindi?
Si, per questa ragione metteremo anche un cartello con un regolamento. Tra gli avvertimenti ci saranno, per esempio, quello di fare sicura con attenzione, non accendere il fuoco, non lasciare nell’ambiente escrementi o mozziconi di sigaretta, non bestemmiare. Se non si intende rispettare queste regole, ci sono tanti altri posti dove una persona può dare sfogo alla propria necessità di anarchia del fine settimana.
Ritiene che l’obbligo dell’assicurazione possa essere una valida soluzione per alcune falesie?
Ritengo che la necessità di assicurarsi come arrampicatori, praticando un’attività potenzialmente pericolosa, tutela innanzitutto proprio gli scalatori stessi. Se, per esempio, dovesse cadere la persona alla quale faccio sicura, cosa faccio, mi gioco la casa, il lavoro e tutto quanto? Un minimo di assicurazione personale, o con l’associazione, è una forma di tutela per i climber. Chi si iscrive a una palestra ha un’assicurazione sportiva, non succede nulla.
C’è quindi contesto e contesto?
Se voglio scalare in maniera romantica ci sono molti posti per farlo ma in un posto privato ci sono delle regole. Questa voglia di libertà si può applicare in alcune zone, non in aree iper frequentate. È una questione spinosa: la mia impressione è che le persone cerchino un’evasione nel fine settimana dalla vita quotidiana, che ha molte regole. Ma è importante che ci sia consapevolezza delle proprie azioni.