Invaso nel Vanoi, il Cai Veneto lancia un referendum: “Prima bisogna adattare l’agricoltura in pianura”
La posizione del Cai regionale riguardo il progetto del Vanoi considera la complessità dietro ad una grande opera come un nuovo invaso: se da un lato la necessità di stoccare acqua durante gli eventi siccitosi (i quali aumenteranno in frequenza ed intensità con l’aggravarsi della crisi climatica) risulta sempre più urgente, dall’altro lato anche l’agricoltura in pianura deve adattarsi e minimizzare il proprio impatto idrico. Il Club Alpino Veneto chiede un referendum popolare sulla necessità di una progettazione
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Il Cai Veneto, riunito il 18 luglio nella sede della sezione di Feltre, si è pronunciato sul discusso progetto del nuovo invaso nella Valle del Vanoi (a cavallo tra le province di Trento e Belluno) che andrebbe a mitigare le richieste idriche del bacino del Brenta durante i periodi siccitosi. La posizione del Cai regionale considera la complessità dietro ad una grande opera come un nuovo invaso: se da un lato la necessità di stoccare acqua durante gli eventi siccitosi (i quali aumenteranno in frequenza ed intensità con l’aggravarsi della crisi climatica) risulta sempre più urgente, dall’altro lato anche l’agricoltura in pianura deve adattarsi e minimizzare il proprio impatto idrico. Il Club Alpino Veneto chiede un referendum popolare sulla necessità di una progettazione.
Il comunicato cita: “Nella fattispecie il progetto dell’invaso, con tutta la materia riguardante l’acqua non può essere ridotto a diga SI o diga NO, perché questo sarebbe riduttivo e distruttivo sotto il profilo dei rapporti sociali che devono sussistere tra persone che vivono in ambienti differenti, cioè la pianura che ha bisogno della montagna e la montagna che ha bisogno della pianura. Il CAI Veneto, anche come Associazione di Protezione Ambientale, non può che esprimere perplessità su un’opera con un così forte impatto ambientale, fortemente e motivatamente osteggiata dagli abitanti del Primiero e del Feltrino e progettata su un territorio già sottoposto a servitù a causa della presenza di numerosi invasi per la produzione di energia elettrica. Invasi in buona parte di ridotte capacità, anche a causa dell’erosione a monte e trasposto solido realizzato dai torrenti con successiva sedimentazione dei materiali all’interno dei bacini e conseguente diminuzione della capacità dell’invaso. Con questa situazione si dovrà al più presto fare i conti. Riteniamo che una attenta programmazione di manutenzione mirata a favorire i processi di stabilità dei bacini idrografici è condizione indispensabile per la presenza umana sul territorio e per lo sviluppo delle sue attività, significando che solo un governo del territorio attento ed efficace delle terre di montagna, può permettere una coesistenza tra un'orografia complessa e i fondovalle/pianure densamente antropizzati quali sono quelli in oggetto.”
Continua il comunicato: “Ovviamente vi è una forte preoccupazione per la pianura, a causa del ridotto apporto idrico durante i periodi siccitosi, che sicuramente merita di essere affrontata con un approccio differente, pianificando un diverso utilizzo dell’acqua in agricoltura con metodi meno dispersivi, più razionali e più attenti ai cambiamenti climatici in atto. [...] L’agricoltura italiana è una grande consumatrice di acqua e di conseguenza molto esposta e vulnerabile per le siccità prolungate generate dalla crisi climatica. Qualche invaso, ben collocato, può essere utile per aumentare le riserve idriche per l’agricoltura, ma pensare di poter mitigare la siccità moltiplicando gli invasi è semplicemente illusorio. La prima e più importante misura di adattamento della nostra agricoltura dovrà essere quella di ridurre i suoi consumi di acqua con sistemi di irrigazione più efficienti, a goccia e/o con quelli per una agricoltura di precisione, anche in un contesto di compatibilità con alcune tipologie colturali in un’ottica di sempre minore disponibilità idrica e temperature crescenti.” Per finire con una richiesta di un referedum popolare sulla necessità di una progettazione: “Come CAI riteniamo importante ascoltare le popolazioni che sono coinvolte territorialmente dall’opera mediante referendum, non rivolto alla scelta dell’ipotesi A, B, C o D di costruzione dell’invaso ma sulle ricadute sociali e ambientali dell’opera nel territorio dove vivono.”
Il referendum popolare può essere uno strumento di democrazia partecipativa molto utile ma deve essere accompagnato da una campagna comunicativa ed educativa molto pervasiva nei territori e nelle popolazioni coinvolti: è necessario analizzare gli aspetti negativi e positivi della progettazione di un nuovo invaso, gli scenari climatici futuri e le azioni per la riduzione della pressione dell’agricoltura sulle riserve idriche comuni.