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Attualità

Una seconda "bocca di balena" si è aperta sulle piste da sci. Dopo St. Anton ora Les Diablerets

Una prima di "bocca di balena" aveva fatto il giro del web a dicembre, quando una grossa frattura del manto nevoso si era aperta su una pista da sci a St. Anton, in Austria. A poco più di un mese di distanza è arrivata una notizia simile, questa volta dal cantone Vaud, in Svizzera. Questo secondo episodio ci offre l'occasione per ricordare cos'è una "bocca di balena" e perché può essere considerato anomalo incontrarla in pieno inverno

di
Giovanni Baccolo
02 febbraio | 11:30
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Una prima di "bocca di balena" aveva fatto il giro del web a dicembre, quando una grossa frattura del manto nevoso si era aperta su una pista da sci a St. Anton, in Austria. A poco più di un mese di distanza, è arrivata una notizia simile, questa volta dal cantone Vaud, in Svizzera.

 

Prima di procedere ricordiamo cos’è una bocca di balena. Parliamo di una frattura che si apre in un manto nevoso coinvolgendolo fino alla base a causa dello slittamento di tutta la massa nevosa che si trova a valle della fessura (valanga da slittamento). Si usa questo nome particolare perché le fratture, mostrando il substrato scuro su cui poggia la neve, ricordano delle grandi bocche spalancate. 

 

Negli scorsi giorni una bocca di balena è comparsa lungo una pista da sci del comprensorio de Les Diablerets.  A produrla sono stati gli stessi meccanismi che avevano causato l’analogo evento documentato in Austria: lo slittamento verso valle di una vasta porzione del manto nevoso. Il tratto di pista in questione gode inoltre di una certa notorietà, avendo una pendenza molto marcata (viene chiamato Black Wall, muro nero).

 

Ricordiamo che per avere questo tipo di evento sono necessarie alcune condizioni: la presenza di acqua liquida all’interfaccia tra terreno e neve, e una superficie ripida e relativamente smussata, ovvero priva di asperità. Quando tali condizioni si verificano insieme, l’acqua, la pendenza e la superficie liscia agiscono riducendo l’attrito che normalmente tiene la neve ancorata al suolo. Il fatto che sia necessaria acqua liquida ci dice anche che queste valanghe (in quanto movimenti gravitativi della neve questi eventi sono a tutti gli effetti delle valanghe) richiedono temperature sufficientemente alte da permettere la presenza di acqua liquida. Ci vuole fusione, pioggia o una combinazione delle due. Nei giorni precedenti all’apertura della frattura, a Les Diablerets la temperatura ha superato lo zero e della pioggia è caduta anche in quota. L’acqua dopo aver attraversato la porosità della neve ha raggiunto il terreno, creando una pellicola che ha lubrificato l’intero manto nevoso.

 

Le alte pendenze del tratto di pista in questione hanno fatto il resto, producendo nel manto una tensione sufficiente a determinarne la frattura. Queste dinamiche sono assolutamente naturali. Rimane però il fatto che sono processi tipicamente primaverili. Sono frequenti a stagione inoltrata, quando la fusione della neve diventa intensa. Non è invece la norma che si verifichino in inverno. Sappiamo però che, soprattutto in montagna, le temperature hanno fatto segnare recenti e vistose anomalie positive.

 

Il fatto che entrambi gli eventi di cui parliamo siano occorsi su tracciati utilizzati per lo sci da discesa non deve sorprendere. In primis questo tipo di terreno riceve molta più attenzione a causa dell’alta frequentazione. In secondo luogo, dobbiamo considerare che il fondo di una pista da sci è artificialmente privato di qualsiasi asperità. Anche la battitura delle piste, attraverso la compattazione forzata della neve, potrebbe accelerare il processo, specie in mancanza di rigelo al contatto tra neve e terreno.

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