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Attualità

Olimpiadi: costi in aumento e nessuna sostenibilità. Valerio Della Sala: "L’eredità dei Giochi sarà un valore per Milano e un problema per Cortina"

Era già successo in Francia. Ma Giochi più sostenibili sono possibili: gli esempi di Norvegia e Svizzera

di
Agenda17
30 marzo | 12:00

È salito a circa due miliardi, per ora, il costo delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026. La cifra emerge da un’inchiesta de Il fatto quotidiano, secondo la quale il debito nel bilancio ha già raggiunto quota 500 milioni di euro, rendendo difficile mantenere il mantra dei giochi a costo zero per lo Stato e, dunque, i cittadini. Ma non si tratta solo di costi di realizzazione: l’altra grande incognita rimangono le spese post-evento. Come sarà possibile, e quanto costerà, riutilizzare le infrastrutture costruite ah hoc per i prossimi Giochi olimpici invernali?

 

Il Sole 24 ore ha recentemente evidenziato “l’incognita spese nel post giochi”. La sola pista da bob potrebbe costare da 1,2 a 1,5 milioni l’anno divisi tra il Comune di Cortina d’Ampezzo, la Provincia di Belluno, quelle autonome di Trento e Bolzano e la Regione Veneto. In ogni caso, tutti soldi pubblici. Si punta anche su sponsor e società sportive, che potrebbero tamponare le spese, ma dopo il rovinoso destino della pista di Cesana costruita per le Olimpiadi 2006, i dubbi sull’avvenire rimangono.

 

“Negli ultimi anni le candidature hanno dovuto includere obbligatoriamente elementi relativi alla legacy olimpica – afferma Valerio Della Sala, docente e ricercatore in Geografia e sviluppo urbano presso l’Universitat Autonoma de Barcelona –. Tuttavia bisognerebbe distinguere tra legacy ed heritage: molte volte i comitati organizzatori non capiscono le diversità multidimensionali dell’eredità olimpica nei territori.”

 

Servono piani di lungo periodo

 

Nel report di Milano-Cortina si parla solo di legacy, tuttavia i termini sono molto diversi. La legacy è l’eredità che gli eventi si lasciano alle spalle e riguarda valori come la sostenibilità dell’evento, l’economia circolare, i diritti umani, la parità di genere, l’accessibilità e l’inclusione. L’heritage è invece un concetto più ampio, si inserisce nel “patrimonio” del luogo, in ciò che va tutelato.

 

“Nonostante la carta olimpica preveda alcuni punti fondamentali – continua Della Sala – non ci sono criteri di valutazione oggettivi per le candidature e la proposta di Milano-Cortina non presenta, a mio parere, un modello culturale in grado di lasciare un’eredità positiva ai territori locali e ai residenti.

 

La legacy è di breve periodo e, soprattutto, è qualcosa di diretto, mentre l’heritage è di lungo periodo e comprende anche ciò che è indiretto. Ai Giochi di Barcellona, ad esempio, si parlò più di heritage e non a caso le strutture sportive realizzate all’epoca sono ancora utilizzate.

 

Quello che manca oggi è un interesse per il lungo periodo. Le strutture che creano maggiori problemi sono pista da bob e trampolino, gare difficili da eliminare perché sono le più attrattive. Allo stesso tempo, però, sono strutture difficilmente riutilizzabili, a meno di non prevedere già una serie di eventi, come mondiali o europei, per i successivi quindici o anche cinquant’anni. Ma sono discorsi che si devono fare prima, anziché arrivare a due anni dall’evento senza sapere come finirà il dopo e chi sono i partner che aiuteranno lo sviluppo sul territorio.”

 

Danni e futuro incerto per le infrastrutture

 

Nel frattempo, quel che è certo è che per costruire la pista da bob, oltre all’abbattimento di larici secolari che ha sollevato non poche critiche, c’è stata anche la distruzione di un parco giochi per bambini, inaugurato tre anni fa e costato oltre un milione di euro.

 

Alla pista si aggiungono poi le altre infrastrutture. Secondo il sindaco di Cortina saranno investiti 14 milioni di euro per la ristrutturazione di immobili da affittare successivamente, con la speranza almeno di ripopolare la nota località turistica, dove le seconde case rimangono la maggioranza. A Milano, di contro, la prospettiva è riutilizzare gli impianti per competizioni sportive, spettacoli ed eventi.

 

“La candidatura – commenta il docente – fu proposta come la più sostenibile di sempre, ma ad oggi è vero il contrario e le comunità locali dovranno essere coscienti delle difficoltà economiche e gestionali legate alle grandi infrastrutture problematiche. Basta pensare al 2006 per rendersi conto che i piccoli Comuni, come Bardonecchia e Sestriere, seppur a forte vocazione turistica non sono stati in grado di gestirle. E Cortina ne risentirà molto più di Milano, che già possiede gli impianti e per la quale i Giochi rientrano nella filosofia di accaparrarsi tutti gli eventi dopo Expo. Nei territori più fragili, invece, se le infrastrutture non sono inserite in un circuito internazionale di eventi sarà difficile gestirle.”

 

Le esperienze degli altri

 

Ma i giochi non sono nuovi alle perplessità sull’impatto ambientale e sociale. Tra le edizioni con più polemiche c’è Albertville 1992, Francia, dove ci fu una pesante deforestazione per il trampolino del salto con gli sci e fu usata ammoniaca per refrigerare la pista da bob. Il Cio, all’epoca, non recepì la richiesta di introdurre una valutazione di impatto ambientale obbligatoria.

 

Un esempio invece di rispetto ambientale, guidato però dal Governo e dal Comitato olimpico locale, furono i Giochi di Lillehammer, Norvegia, nel 1994, i primi a essere riconosciuti “bianchi e verdi”. L’edizione gettò le basi per lo sviluppo degli standard ambientali olimpici: ad esempio, furono utilizzati materiali naturali e costruite infrastrutture in armonia con l’ambiente. Solo successivamente, nel Congresso di Parigi di quello stesso anno, il Cio propose di creare una Commissione ambientale e includere il rispetto dell’ambiente nella Carta olimpica.

 

“I Giochi invernali – osserva Della Sala – hanno subito intense trasformazioni nel XXI secolo, che ne hanno aumentato dimensione e costi. La pista da bob è un esempio di come una comunità sensibile potrebbe essere soggetta a grandi trasformazioni senza nessuna programmazione futura. Eppure le tecnologie ci sono: si pensi al Copenhill di Copenaghen, che ha introdotto una fibra in grado di simulare la superficie nevosa senza dover programmare la neve. In fin dei conti è a questo che ci dobbiamo preparare in futuro, perciò è meglio sfruttare la tecnologia e usare strutture removibili che non distruggano la vita dei cittadini.”

 

La candidatura della Svizzera: un esempio di attenzione al territorio

 

Infine la Svizzera: nel suo Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, ha puntato su diversificazione dell’offerta turistica e tutela della biodiversità, a differenza del nostro Piano ancora incentrato sulla monocultura dello sci.

 

E anche sul fronte olimpico il Paese dimostra un approccio diverso. “La candidatura migliore che io abbia visto dopo Torino – conclude Della Sala – è quella della Svizzera, inizialmente per il 2030 e ora per il 2034. Nel proporsi, gli svizzeri hanno analizzato il territorio e le strutture già esistenti e da lì hanno creato l’evento, anziché pensare di costruirle successivamente.

 

La prospettiva è di un evento diffuso in tutto il Paese, con l’ulteriore vantaggio di far conoscere a livello turistico l’intero territorio. D’altronde i Giochi invernali saranno sempre più nazionali: già per il 2026 l’evento si estende su più Regioni, ma in questo caso è una follia perché non c’è stata nemmeno una previsione di infrastrutture che le uniscano.”

 

l'autore
Agenda17

Agenda17 è realizzato dal laboratorio DOS (Design of Science) dell'Università di Ferrara in collaborazione con l'Ufficio stampa, comunicazione istituzionale e digitale dell'Università di Ferrara. Pubblica notizie e contenuti scientifici relative ai 17 obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile, declinandoli nei relativi contesti sociali, economici, culturali e politici

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