L'EDITORIALE. Pista da bob di Salvini: una vittoria o un danno d'immagine per l'Italia e per le imprese?
La storia della pista da bob di Cortina riflette una gestione dei soldi pubblici che utilizza i metodi di un passato "già scivolato via"
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Alla terza gara per la realizzazione della pista da bob di Cortina alla fine si è presentata un'azienda: il gruppo Pizzarotti.
I costi di realizzazione del nuovo progetto, promosso dal Ministro Matteo Salvini, rimangono invariati pur trattandosi di un'infrastruttura di carattere più snello.
"Via la copertura della pista, via qualche edificio, via le tribune per il pubblico, via i piazzali, il bar e un po’ di strade di raccordo, (...) ma anche una bella sforbiciata alle mitigazioni ambientali".
Così Giuseppe Pietrobelli descrive il nuovo progetto sul Fatto Quotidiano.
Accorgimenti presi per abbattere i tempi di realizzazione (che, comunque, rimangono molto stretti), ma anche per ingolosire le imprese.
Viene tuttavia spontaneo chiedersi: come mai, a ben tre bandi di gara, sia arrivata l'offerta di una sola un'impresa per un progetto che - per come è stato promosso - dovrebbe portare con sé anche il prestigio di averlo realizzato?
Lo scarso tempo a disposizione per ultimare l'opera è sicuramente una risposta, ma c'è una seconda preoccupazione, meno sottolineata perché si incanala tra le pieghe delle ipotesi: il rischio d'immagine.
La vicenda bob, con i suoi periodici colpi di scena, sta infatti assumendo le sembianze di una telenovela.
L'opinione pubblica è largamente contraria alla realizzazione, soprattutto perché, in un contesto economico non facile per molte famiglie italiane, investire milioni di soldi pubblici per un'infrastruttura destinata a una manciata di atleti e che rischia di essere abbandonata dopo le Olimpiadi a causa degli elevati costi di gestione, appare un enorme spreco.
Spreco evidenziato ulteriormente dalla presenza, appena al di là del confine, di due piste pronte a ospitare i giochi: Saint Moritz e Innsbruck.
Pensiero condiviso anche dal Comitato Olimpico Internazionale che, contrario alla realizzazione di infrastrutture altamente impattanti, invita caldamente a utilizzare quelle già esistenti.
Per questi e per altri motivi la pista da bob si è fatta emblema di una politica che tutela gli interessi di pochi a discapito delle risorse della collettività: associare il proprio nome a un impianto così discusso e problematico, alle imprese potrebbe provocare un danno d'immagine non irrilevante.
Il gruppo Pizzarotti rischia quindi di legarsi, irrimediabilmente, a un progetto che le comunità hanno già in larga misura disapprovato. Se è vero che a volte bastano pochi anni per annebbiare la memoria sociale, questa vicenda andrà ad alimentare l'immagine di un'Italia ancorata a un passato che, proprio come uno slittino, è già scivolato via.