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Attualità

Il governo sceglie di lasciare sulle spalle degli agricoltori montani gli effetti della crisi climatica

Con l’aumentare di intensità e frequenza degli eventi estremi aumentano anche i danni che non sempre potranno essere ripagati dai piccoli agricoltori o allevatori. Sobbarcare i costi ai cittadini sottoforma di tassazioni o rinunciando a esenzioni amplifica la sfiducia verso le politiche (tra cui quelle climatiche) che in questo decennio saranno essenziali per l’abitabilità delle terre alte e non solo

di
Michele Argenta
21 gennaio | 06:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Nell’immaginario montano c'è una figura sempre presente: quella degli agricoltori. Che sia lavoro di alpeggio, foraggicoltura, viticoltura od orticoltura, l’agricoltura rappresenta una delle forme economiche principali per le comunità delle terre alte.

 

In questi giorni si sta discutendo una nuova misura prevista dalla Legge di Bilancio 2024 che vede la mancata proroga dell’esenzione di un’aliquota IRPEF (imposta sul possesso di fabbricati, terreni, capitale e lavoro dipendente) per imprenditori agricoli e coltivatori diretti, attività montane comprese. In un contesto segnato dalla crisi energetica, dalla siccità prolungata, dallo spopolamento e dagli eventi estremi, l’aumento delle imposte per le attività agricole può essere un boomerang per le economie montane e per il governo stesso. L’esenzione IRPEF, introdotta nel 2016 dal governo Renzi, era stata vista dal mondo dell’agricoltura come un aiuto ai piccoli coltivatori e alle imprese che si occupano del territorio. Con questa proposta, ancora non confermata nell’approvazione della Legge di Bilancio 2024, l’aumento dei costi per uno dei settori economici trainanti delle terre alte rischia di mettere a dura prova i piccoli agricoltori.

 

Allevatori nelle Alpi - Licenza Creative Commons

Allevatori nelle Alpi - Licenza Creative Commons

 

Si creano così due fronti sfavorevoli nei settori agricoli montani. Il primo ci parla di spopolamento e abbandono del territorio (in un settore, quello agricolo, che ha visto diminuire del 30% le aziende agricole a livello nazionale e che deve essere ripensato radicalmente per adeguarsi alle sfide climatiche future). Chiunque voglia restare ed investire nell’agricoltura montana vede penalizzata la propria attività che invece dovrebbe essere sovvenzionata e incentivata, pena l’ulteriore spopolamento delle montagne, già ampiamente abbandonate. In questo modo si lasciano intere fette di mercato e di territorio in mano ai grandi colossi agricoli andando così a perdere secoli di economie locali e presidi del territorio. Inoltre, con l’aumentare di intensità e frequenza degli eventi estremi aumentano anche i costi e i danni che non sempre potranno essere ripagati dai piccoli agricoltori o allevatori. Il secondo colpisce anche la transizione energetica: l’utilizzo dei terreni per la produzione di agrivoltaico (l’integrazione tra l’agricoltura e gli impianti fotovoltaici a terra) sarebbe penalizzato, a causa proprio dell’elevata tassazione sui terreni stessi. In un paese che soffre già ora gli impatti della crisi climatica, causata dall’uso smodato dei combustibili fossili, fermare gli investimenti sulle rinnovabili è tutt'altro che lungimirante, si tratta, anzi, di un cortocircuito che non può che rivelarsi pericoloso a lungo termine.

 

Nella bozza di Legge di Bilancio entra però un fondo per la gestione delle crisi di diversa natura, stimato in circa 100 milioni all’anno (ricordiamo che sono briciole, il costo della pista da bob a Cortina, per riferimento, è stimato a 120 milioni di Euro) fino al 2026.  E così, gli effetti della crisi climatica rimangono sulle spalle dei cittadini e degli agricoltori, l’esatto opposto di come si dovrebbe approcciare l’adattamento climatico dei territori. 

Non è la prima volta che l'agricoltura si trova in prima linea a fronteggiare le scelte politiche che riguardano la transizione ecologica: in Germania, l’8 gennaio, centinaia di trattori hanno invaso le città e le strade tedesche per protestare contro una misura proposta dal governo federale socialdemocratico attuale (il taglio delle esenzioni per l’acquisto dei veicoli a motore e il taglio delle esenzioni per la benzina agricola). La Francia, in questi giorni, è stata paralizzata dalle proteste degli agricoltori contro l'aumento delle imposte sul gasolio e lo stop ad alcuni pesticidi. Proteste, queste, che sono cavalcate dal partito di estrema destra per accentuare la polarizzazione e il malcontento dei cittadini anche in vista delle elezioni europee di giugno.

 

 

Proteste in Germania - Licenza Creative Commons

Proteste in Germania - Licenza Creative Commons

 

La transizione ecologica ed energetica dovrà coinvolgere ogni aspetto della nostra società, dagli agricoltori alle industrie agli enti di ricerca. Sobbarcare i costi (nascosti o non) ai cittadini sottoforma di tassazioni o rinunciando a esenzioni particolari non ha mai portato buoni frutti, anzi. In questo modo si amplifica la sfiducia verso le politiche climatiche che in questo decennio saranno essenziali per l’abitabilità delle terre alte e non solo. Nel libro “Le otto montagne” di Paolo Cognetti, uno dei protagonisti, Bruno, è un allevatore di montagna e le molteplici difficoltà che questo lavoro comportava venivano descritte molto bene, finendo per travolgere il protagonista. La transizione energetica non deve essere pagata dai vari Bruno sparsi sulle Alpi e sugli Appennini, ma da chi ha causato la situazione in cui ci troviamo ora.

 

Se siete direttamente coinvolti da questo emendamento e volete raccontarci la vostra storia personale, scrivete a michele.argenta@laltramontagna.it

 

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