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Attualità

Dagli impianti uno spot (un po' cringe) per dire ''la neve artificiale è bella'' (IL VIDEO) ma Nevediversa: ''Insensato tentare di rendersi indipendenti dalla natura''

Proprio nella giornata in cui si presentava a Milano il report di Legambiente sulla neve e sul futuro dello sci in Italia su alcune pagine di impianti sciistici è stato rilanciato un video promozionale stile anni '80 per dire che la neve artificiale è bella. Luca Mercalli e Daniele Cat Berro hanno curato un capitolo sul report Nevediversa per dire che ''il manto nevoso sulle Alpi centrali non è mai stato effimero come oggi in almeno seicento anni, e che nell’ultimo secolo la sua durata si è accorciata in media di un mese a causa di un riscaldamento atmosferico di circa 2 °C''

di
Luca Pianesi
12 marzo | 17:32
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Il video è oggettivamente un po' cringe. Qualche decennio fa sarebbe probabilmente finito su ''Mai Dire Tv'' commentato dalla Gialappa's Band visto il 'taglio' anni '80 del prodotto. ''Ecco perché la neve artificiale è bella'' il messaggio che si voleva veicolare con persone prese dai diversi comprensori che dicono perché per loro è bella, appunto, la neve artificiale.

 

 

 

 

 

 

 

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D'altronde, inutile girarci intorno. Se non ci fossero tecnologia e scienza a garantire la possibilità di innevare artificialmente le piste il modello turistico legato all'industria dello sci sarebbe già per buona parte concluso visto che su 6.000 chilometri di piste che esistono in Italia (sì il dato è corretto, praticamente con le piste da sci italiane si potrebbe coprire la distanza che c'è da Palermo a Capo Nord) il 90% è ormai innevato artificialmente (QUI APPROFONDIMENTO). 

 

Incredibile, allora, che gli stessi che ancora oggi guadagnano grazie alla tecnologia e alla scienza perché il clima non li supporta più come avveniva 50 anni fa non si fidino e non ascoltino gli appelli proprio della scienza che chiede, compatta e a gran voce, un cambio di passo e di visione rispetto a questo modello di sfruttamento della montagna. Anzi. Al contrario. Si decide di lanciare sui canali social di alcuni impianti sciistici un video del genere, probabilmente voluto proprio dagli impiantisti, nello stesso giorno in cui esce il report di Legambiente Nevediversa che ogni anno ripone al centro del dibattito, anche politico, il tema del futuro delle Terre Alte.

 

Il report sull'argomento neve artificiale spiega questo: ''È aperto il dibattito su quale sia l’impatto ambientale ed economico della sostituzione della neve naturale con la neve artificiale. La prima considerazione è nel costo delle risorse. Dover creare la neve, illuminare le piste di notte, far funzionare gli impianti di risalita per orari più lunghi con riadattamenti di alcune piste per aperture straordinarie, ecc. aumenta le spese, limitando la redditività. Un clima sempre più caldo significa una ridotta efficienza dell’innevamento, quindi maggiori consumi e più generatori. È evidente che più cannoni sparaneve richiedono più tubi dell’acqua, compressori e altri dispositivi tecnici necessari al loro funzionamento. Grazie alle innovazioni tecnologiche gli sprechi si riducono, ma l’artificializzazione del territorio rimane e pistole/lance a ventola e apparecchiature di supporto funzionano ancora con l’elettricità''.

 

''Dal censimento 2024 - prosegue lo studio - risulta che i bacini di innevamento sono in crescita netta: 158 bacini, più 16 dal 2023. Quella della neve artificiale è una macchina elefantiaca che invece di risolvere un problema, lo ingigantisce e non ha granché senso che i comprensori sciistici cerchino di rendersi indipendenti dalla natura. Anche gli utilizzatori dello sci dovrebbero capacitarsene. “Non si vedono cunette o asperità lungo i pendii: gli sciatori subiranno una trasformazione, si muoveranno con lo scorrere del tempo, lungo moquettes di neve per diventare i prodotti soddisfatti dell’industria del sci”, scrive l’economista Riccardo Beltramo. Quale destino subiranno gli sciatori del futuro? Le merci- sciatori si ritroveranno a desiderare luoghi come Trojena, la località progettata in Arabia saudita dove sarebbero in programma i giochi invernali asiatici del 2029? O più banalmente si accontenteranno di qualche skidome puntualmente offerto dalle nostre montagne?''.

 

E d'altronde solo stando ai consumi idrici, secondo le stime del Wwf e di Legambiente, ogni anno sulle piste italiane vengono attualmente impiegati a questo scopo circa 95 milioni di metri cubi d’acqua, pari al fabbisogno di una città di circa 1 milione di abitanti. Andando ancora più nello specifico, secondo il rapporto Neve di Eurac, negli inverni dal 2007 al 2016, i cannoni da neve nel solo Alto Adige hanno consumato dai cinque ai dieci miliardi di litri d’acqua a stagione e, insieme agli impianti di risalita, dai 90 ai 170 milioni di chilowattora di elettricità, vale a dire il 6-12% del consumo annuo di acqua potabile e il 2,9-5,4% del consumo annuo di elettricità di tutta la provincia.

 

E la neve naturale? Nel report di Legambiente si trova un capitolo redatto da Luca Mercalli e Daniele Cat Berro per la Società Meteorologica Italiana (nimbus.it). ''Lo studio, pubblicato nel 2023 sulla rivista “Nature Climate Change” (Recent waning snowpack in the Alps is unprecedented in the last six centuries) ha rivelato che il manto nevoso sulle Alpi centrali non è mai stato effimero come oggi in almeno seicento anni, e che nell’ultimo secolo la sua durata si è accorciata in media di un mese a causa di un riscaldamento atmosferico di circa 2 °C. Nelle annate più crude della Piccola Età Glaciale, come il 1541, la neve non scompariva che per pochi giorni in piena estate, mentre adesso (anche quando nevica in abbondanza) le temperature più elevate accelerano la fusione e il suolo resta scoperto talora per quattro-cinque mesi, come nel 2022''.

 

''L’attuale riduzione di nevosità - proseguono - assume dunque una rilevanza storica straordinaria, con effetti negativi sugli ecosistemi naturali, l’agricoltura, la produzione idroelettrica e il turismo invernale basato sullo sci''. Quindi l'analisi: ''Circa l’85% delle località analizzate mostra tendenze complessive di riduzione dell’innevamento, più evidenti in primavera, sotto i 2000 metri e al Sud delle Alpi (versante italiano) rispetto al Nord e alle quote superiori. Oltre allo spessore della neve, a ridursi è anche la sua durata: sul versante sudalpino la lunghezza della stagione innevata è diminuita in media di 34 giorni a quote tra 1000 e 2000 metri, ovvero oltre un mese (all’anno) di suolo innevato in meno, poiché la neve tarda ad accumularsi in autunno e fonde più rapidamente in primavera. La causa dunque risiede non tanto in una diminuzione delle precipitazioni complessive, quanto nell’aumento delle temperature medie, che rende prevalente la pioggia anziché le nevicate specie a bassa quota, e che accelera la fusione del manto nevoso. In ogni caso, seppure in un quadro generale di minore nevosità, di quando in quando episodi nevosi estremi sono comunque possibili in annate di forti precipitazioni (come avvenuto negli inverni 2008-09, 2013-14 e 2020-21)''. 

 

Insomma ''viva la neve artificiale'' perché quella vera è ormai sempre più una rarità e certamente non si strutturano stagioni turistiche su questa che una variabile sempre meno variabile e sempre più vicina alla certezza che nevicherà solo saltuariamente e con tempi di fusione sempre più rapidi. Ma anche per la neve artificiale un po' di freddo serve e serve pure al turista per sentirsi in inverno. Per abbassare le temperature non ci sono ''cannoni'' che tangano. Forse è meglio cominciare ad ascoltare la scienza. O si finirà per trovarsi dentro a degli skidrome dove la neve artificiale tiene perché si riesce a mantenere il freddo. Solo che a quel punto la montagna non servirà più. Andranno benissimo città e pianure. Con buona pace di quelli che oggi dicono ''Ecco perché la neve artificiale è bella''. 

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