Cortina in un giro di Rolex: reportage della Coppa del Mondo di sci
Breve resoconto della Coppa del Mondo di sci alpino, tenutasi a Cortina lo scorso fine settimana, tra lusso esagerato, cambiamenti climatici e maltipoo. L'industria dello sci è ancora un importante motore economico per alcuni territori montani, ma si iniziano a vedere le prime crepe
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Mentre restiamo bloccati sull’Alemagna in direzione Cortina d’Ampezzo, ripenso alle parole della Ministra del Turismo Santanchè: sì, la strada per Cortina è un calvario. Possiamo discordare su tanti (quasi tutti) gli argomenti dell’agenda politica della ministra, ma su questo punto siamo d'accordo. Continuo a pensarci e mi scende un brivido lungo la schiena. Il mio weekend per vedere la Coppa del Mondo di sci alpino della FIS inizia così, con un normale venerdì pomeriggio imbottigliati nel traffico a Longarone su una Panda di 20 anni fa.
Arriviamo al nostro hotel a San Vito con un paio di ore di ritardo sulla tabella di marcia. Domani sarà una giornata lunga e dalle finestre si intravede la sagoma del Pelmo, sogno proibito degli scrittori di città che lo rendono soggetto dei propri libri. Mi sento già immerso a pieno nella cultura pop delle Dolomiti.
Prima tappa della serata, Corso Italia. L’assegnazione dei pettorali è di per sé una festa, immersi nella cultura pop che la località ampezzana ha accumulato da oltre un secolo. Su Corso Italia, orario aperitivo, si trascinano i bellunesi (che riconosco dal mio stesso accento), i romani impellicciati e chi della Coppa del Mondo non ne sa niente. Con loro un numero impressionante di cagnetti che, vestiti con maglioncini più costosi rispetto tutto il nostro abbigliamento, guardano beati i loro padroni. Ora capisco perché il digital ambassador delle olimpiadi è un maltipoo, Chico: in effetti di scoiattoli o di altri animali dei boschi non se ne vede neanche l’ombra. Il Corso è colonizzato dai cani da appartamento. Arriviamo all’ “Hotel De La Poste” e il ricordo vola subito al film che ha reso Cortina, nel bene e nel male, la meta invernale per eccellenza e che ci ricorda quanto sia brutto non essere facoltosi nel paese dei Vanzina. Decidiamo quindi di optare per un più economico “Bar Sport” che ripaga subito: alla cassa una foto di Jerry Calà e alle casse “I like Chopin”. L’impressione che Cortina sia rimasta ancora ai sogni del 1983 mentre il mondo fa fatica ad arrivare alla fine del mese ormai è realtà.
Colazione al bar della stazione di Cortina mentre si aspetta l'arrivo degli shuttle. La (ex) stazione dei treni è il un tuffo nell’era dorata di Cortina servita dai mezzi pubblici. Qui, dove ora sbuffano i SUV in cerca di parcheggio, c’erano rotaie e faceva tappa la famosa “Ferrovia delle Dolomiti” che collegava Belluno a Dobbiaco. Dismessa nel 1964, ogni dieci anni se ne ripropone il ripristino, ma i costi nel 2024 sono insostenibili e nessuno ha più la voglia politica di mettersi a costruire infrastrutture che, se tutto andrà bene, vedranno i nostri figli. Peccato, l’idea di veder sbucare la Tofana dal finestrino di un treno resta sicuramente più elettrizzante che vederla scorrere dall’oblò di un jet privato. De gustibus.
L’arrivo al parterre della gara ci fa subito capire da che parte dobbiamo rimanere: le persone normali a destra, chi può vantare una condizione agiata a sinistra, al caldo, all’ombra del “Camineto” il locale di Briatore per noi irraggiungibile anche a piedi: il numero di controlli, transenne, sbarre e security è impressionante; forse nemmeno a Versaille nel 1789 si era vista una tale preoccupazione nel tutelare chi conta.
Mentre aspettiamo che la gara inizi mi diverto ad analizzare tutto quello che è il contorno di una gara di Coppa del Mondo. La neve scarseggia ai lati della pista e ci sono +5°C, ma pochi sembrano curarsene. Tra i main sponsor ci sono i giganti dell’automotive: Audi, Pirelli, Liqui Moly (che produce oli motore). Bizzarro come uno dei settori più emissivi al mondo, circa il 25% delle emissioni europee, sia il principale promotore dello sport più impattato dall’aumento delle temperature. Un maltipoo che si morde la coda. Nei minuti di attesa lo speaker chiede qualche provenienza e lo scambio di battute con dei spettatori è memorabile:
“Da dove venite?”
“Milano”
“Posso chiedervi quando siete partiti?”
“Mah, in realtà siamo partiti stamattina, ci abbiamo messo 2 ore, 54 minuti e 27 secondi”.
1983. Un giro di rolex. Cortina. 2024.
Non vi tedierò con il resoconto delle gare, che sono durate circa quattro ore, e sono finite con la premiazione delle atlete da parte della santissima trinità: Abodi, Donazzan e Santanchè. Tutto idilliaco fino a quel momento, ma a un certo punto bisogna ritornare nella vita reale. Speravo solo di farlo in un modo meno traumatico. Il ritorno a valle dalle gare mi lascia un po’ l’amaro in bocca ma decido, per una volta, di non rovinare l’atmosfera scherzosa dei miei compagni. Scendendo dalle piste, alle tre di pomeriggio, la neve delle piste è pressoché neve bagnata e fonde sotto gli sci e le alte temperature. Mi viene in mente un report del WMO (Organizzazione Mondiale della Meteorologia) che evidenziava come le proiezioni climatiche al 2036 dessero, per Cortina, il rischio di sciare su neve bagnata tutto l’anno. Questa spada di Damocle sull’economia locale inizia già a farsi vedere e sembra incredibile come, chi programma il turismo e amministra i territori montani, sia miope davanti a queste avvisaglie. Ormai non si tratta più di “casi isolati”, ma questi inverni caldi e secchi iniziano a diventare strutturali e l’adattamento sarà sempre più difficile e costoso.
Scendiamo dal bus in località Ronco. Due passi e siamo al “Bob Bar”, una casetta in legno di fianco alla pista “Eugenio Monti” che fece la storia durante le Olimpiadi Invernali del 1956. Dopo mesi di contestazioni sul progetto della nuova pista che resta un palese spreco di denaro pubblico e di mala politica e amministrazione locale, entrare al “Bob Bar” era il mio modo di empatizzare con il fronte del “sì pista”, di chiedere in qualche modo “scusa” se in questi mesi non ho mai pensato che con la nuova pista qualcuno ci avrebbe lavorato e che i 120 milioni avrebbero aiutato almeno una famiglia ampezzana. Un timido “scusa” se in questi mesi abbiamo in ogni modo cercato di denunciare l'ingordigia della politica nazionale e locale rispetto all'opportunità di lavoro di pochi. Ma questi sono stati mesi in cui la provincia di Belluno ha visto tagli alla sanità, all’educazione e ai trasporti pubblici e sicuramente una pista da bob non risolverà tutti questi problemi strutturali, anche se Confindustria spergiura il contrario.
Il gestore, chiacchierando, confessa a un cliente la sua preoccupazione: nel nuovo progetto della “pista light” del suo bar non c’è traccia. Il tracciato della nuova pista dovrebbe passare appena sotto e il progetto originale prevedeva un nuovo “Bob Bar”, che è stato stralciato nel nuovo progetto. Oltre il danno, la beffa. Non sono servite le promesse fatte durante la stesura del masterplan. La fretta della politica nel realizzare questa pista, definita come opera fondamentale per il territorio montano e bandiera dell’orgoglio italiano, non guarda in faccia a nessuno. Nemmeno chi ha sostenuto dall’inizio il progetto. Senza contare i costi di manutenzione di un'infrastruttura che, per un comune di 5800 persone, possono risultare insostenibili.
Ultima tappa prima di tornare a casa, la libreria Sovilla. Aprendo la porta ci si lascia alle spalle la moda, il lusso, la frenesia di Corso Italia e si entra nel mondo delle Dolomiti narrate. Quelle Dolomiti meno griffate, scritte da Elizabeth Tuckett o da Giovanni Cenacchi. Uno dei pochi luoghi dove non sembra di trovarsi in un'anonima via di Milano, Londra o Chicago (alla fine i negozi di lusso vendono le stesse cose in tutto il mondo). La storia dello sci, del treno delle Dolomiti, dei giochi olimpici del ‘56 e della tradizione montana qui trova quasi un luogo sacro, dove sono custoditi e raccontati gli aspetti positivi e le criticità del territorio: tra queste pagine sono raccolte talmente tante storie che non è facile riuscire ad assimilarle tutte, ed è un peccato perché la mancanza di conoscenza e di consapevolezza può spingere a inciampare sugli stessi errori; a cominciare dall’aver abbandonato la partecipazione politica e cittadina alcuni decenni fa. Una scelta controproducente per la società, i cui effetti sono oggi tangibili.
Guidando verso la placida Valbelluna, restiamo bloccati in colonna. Ancora una volta penso alle parole della Ministra Santanché e anche questa volta ha ragione: questa strada è un calvario.