Come muore un impianto sciistico: ''Tra 10 anni non ci saremo più. Il cambiamento climatico è evidente''
In un servizio della Bbc si racconta la storia di Rüschegg Eywald soprannominata nei decenni passati la ''Piccola Grindelwald'' per la sua attrattività per sciatori e turisti. Quest'anno, nonostante la neve caduta anche prima di Natale, non è riuscita ad aprire per nemmeno un giorno ''troppo caldo e umido il terreno'' e l'anno scorso ci era riuscita solo per 4 giorni. Stefan Brönnimann, dell'Istituto di Geografia dell'Università di Berna: ''Quando avremmo dovuto accorgerci del cambiamento climatico? Alla fine degli anni '80''
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Era soprannominata ''Piccola Grindelwald'' (in onore della località che si trova ai piedi dell'Eiger nell'Oberland Bernese paradiso degli sciatori e del turismo montano dove si trova la più grande stazione sciistica della regione della Jungfrau). Quest'anno, nonostante le nevicate, non è nemmeno riuscita ad aprire un giorno e l'anno scorso l'impianto ha funzionato solo per 4. E' diventata un caso, con testate interazionali come la Bbc che se ne sono occupate, e al tempo stesso un simbolo di come i cambiamenti climatici stiano colpendo l'industria dello sci senza lasciarle scampo.
E' solo una questione di tempo, ''qui tra 10 anni non saremo più in affari. Il cambiamento climatico è evidente, lo vediamo''. A parlare alla Bbc è Michael Kegel, gestore degli impianti di risalita di Rüschegg Eywald, sulle pendici del Gantrisch a quota 1.500 metri e a una mezzora di macchina da Berna. La struttura, con i suoi quasi 2,5 chilometri di lunghezza, resta un importante impianto anche se gli investimenti sono ridotti quasi a zero da qualche decennio vista l'evidenza di quanto sta accadendo e di come investire sotto quota 2.000 rischi di essere una scommessa persa in partenza, una forma di accanimento terapeutico per mantenere tutto congelato, fermo a modelli di sviluppo esplosi negli anni '70, '80 e '90 del secolo scorso ma ormai in crisi per i cambiamenti climatici.
I suoi due skilift (il più lungo ancora si appoggia sulla fune originale del 1969) non sono stati in funzione nemmeno un giorno in questa stagione. Sebbene le piste fossero bianche già da poco prima di Natale ma "il terreno umido e caldo sottostante ha sciolto la neve dal basso", dice Kegel. Il servizio dell'emittente inglese (che arriva dopo altri servizi di altre testate, per esempio della svizzera Srf) spiega come nel 1969 fosse tutto diverso. La neve c'era, eccome. Rüschegg, era improvvisamente diventato un centro sciistico molto popolare soprattutto per il bacino che gravitava su Berna e i suoi abitanti e poi nei decenni successivi per il turismo di massa. Sul caso si è espresso anche il professor Stefan Brönnimann dell'Istituto di Geografia dell'Università di Berna, oggi leader mondiale nella ricerca sul clima alpino, che ha spiegato come gli indicatori per capire che quel mondo sta finendo sono evidenti da decenni, ben da prima che iniziassimo a fissare obiettivi climatici.
''Gli anni '60, '70 e '80 sono stati - spiega il professore - gli ultimi decenni di inverni sostenuti e veramente freddi sulle Alpi. Negli anni '70 gli inverni erano freddi e nevosi. Ricordo che il 1976 fu un inverno molto ricco di neve. Ricordo che negli anni '80 si pattinava sui laghi. E poi all'improvviso si è fermato. 1989 niente neve, era verde ovunque. 1990 niente neve. E già allora la gente diceva: 'Dovete cambiare'". Il mondo dello sci, in qualche modo, è effettivamente cambiato pur di preservarsi ed oggi può contare, per esempio, sui cannoni da neve che possono garantire l'innevamento quando dal cielo non ne cade. Ma il freddo deve comunque esserci e i record di caldo segnati nel 2023 e nei primi mesi del 2024 non fanno ben sperare nemmeno alzandosi di quota e superando la ''soglia'' dei 2.000 metri.
E Rüschegg? "Sono realista penso che tra 10 anni non saremo più in attività", dice Michael Kegel. "Il cambiamento climatico è evidente, lo vediamo di anno in anno. I giorni di neve sono sempre meno". E così si pensa all'estate, a promuovere le bellezze naturali della zona, a sviluppare e valorizzare i sentieri escursionistici. Stefan Brönnimann, conclude il servizio, concorda sul fatto che le località di tutto l'arco alpino devono ora prepararsi a una vita e a un sostentamento che vada oltre gli sport invernali. Citando una ricerca condotta alcuni anni fa da un collega, teme che alcune località, o addirittura l'intero pianeta, stiano reagendo troppo tardi. "Ha scritto che, quando saremo davvero sicuri che il cambiamento climatico è in atto, ci guarderemo indietro e ci chiederemo: quando avremmo dovuto accorgercene? Quando avremmo dovuto accorgerci di ciò che sta cambiando, quando i campanelli d'allarme avrebbero suonato? E lui ha risposto: "Questo è avvenuto alla fine degli anni '80. Quello è il momento in cui avremmo dovuto accorgercene"'.