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"Un amico, un 'friend', e il valore della sicurezza: così sono sopravvissuto a una caduta in parete". La storia di Alberto, tra amore per la montagna, paure e rinascite

La vita di Alberto, 34enne di Vigonovo, è cambiata all'improvviso il 24 giugno 2023 quando è sopravvissuto ad un grave incidente sulla via Dimai, vicino a Cortina: il suo racconto è anche una riflessione sull'importanza (e la mancanza) di una più diffusa cultura della sicurezza in montagna

di
Marcello Oberosler
06 dicembre | 18:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

C’è chi nasce con la passione per la montagna e chi la scopre più tardi nella vita. Alberto Boscaro, 34 anni, di Vigonovo in provincia di Padova, appartiene alla prima categoria: un amore per la montagna che affonda le radici nella sua infanzia, alimentato dalle passeggiate con il padre tra le cime delle Dolomiti.

 

Ma la sua storia, simile a quella di tanti altri appassionati e per questo ancora più potente, racchiude un messaggio efficace e universale: l’importanza della sicurezza. Perché, come lui stesso racconta, in montagna le cose brutte non accadono solo agli altri.

 

“Anche io stavo affrontando un passaggio semplice quando è successo”, racconta Alberto a L’Altramontagna, riferendosi a quel 24 giugno 2023, il giorno che ha cambiato la sua vita. “Per questo è fondamentale prepararsi e fare tutto il possibile per essere pronti. Non basta avere l’attrezzatura giusta, bisogna anche usarla con consapevolezza. La fortuna aiuta, ma dobbiamo fare di tutto per meritarcela”.


Un giovane Alberto e suo papà

SI PARTE ALLE CINQUE

 

L’amore di Alberto per la montagna è una scintilla innescata presto dal destino, quando fin da piccolo suo padre lo caricava in macchina ancora mezzo addormentato alle 5 di mattina della domenica per passeggiare sui sentieri delle Dolomiti.

 

“In effetti è un po’ una storia da libro cuore – confida Alberto sorridendo -, ma i ricordi di quelle giornate spensierate mi emozionano ancora a distanza di tanti anni. In quelle camminate in cui per me l’unica motivazione praticamente era raggiungere il rifugio per mangiare qualcosa, ha cominciato a crescere dentro di me una passione divenuta col tempo travolgente. Così crescendo sono passato dalle passeggiate alle prime ferrate, sempre con mio papà, fino a cominciare ad andare con gli amici e arrampicare”.

 

Oggi, a 34 anni compiuti, Alberto lavora come impiegato in ufficio, ma il cuore è sulle cime delle montagne venete: “Amo le Dolomiti. Se potessi lasciare tutto e vivere sul Catinaccio, lo farei”.

 

24 GIUGNO 2023

 

Tra le persone significative con cui Alberto condivide il suo amore per la montagna c’è anche Andrea, amico fidato: è con lui che parte, all’alba, il 24 giugno del 2023. Un giorno come tanti altri, due appassionati che vanno in montagna come altri migliaia. Eppure quel 24 giugno diventa il giorno che cambia per sempre la vita di Alberto.

 

“Avevamo in programma – racconta il diretto interessato – di affrontare la via Dimai, vicino a Cortina. Siamo partiti, ci siamo avvicinati, abbiamo cominciato a salire con i primi tiri. Al quarto, Andrea mi ha chiesto se volevo andare io, e ho accettato. Durante la salita, ho trovato un golfaro molto spostato rispetto alla linea naturale, così anche se si trattava di un passaggio abbastanza facile ho deciso di posizionare un friend, una protezione mobile. Non sembrava necessario, ma è come se qualcosa dentro di me mi avesse detto di farlo”.

 

 

Pochi metri più in alto, però, è successo l’impensabile. O se non altro, l’inaspettato. “Avevo appena risposto ad Andrea via walkie-talkie che andava tutto bene, ma poi, mentre salivo un passaggio, l'appoggio del piede destro ha ceduto e ho perso l’equilibrio. A quel punto succede tutto talmente rapidamente che non c’è tempo né per reagire, né per pensare, né per capire cosa stia succedendo. Sono volato per 3-4 metri atterrando sul piede destro che si è lussato, da lì sono caduto rotolando e sbattendo per altri 15 metri. Mi ha salvato il mio compagno, che non si è distratto mentre teneva la corda nonostante le mie rassicurazioni via radio, e quel friend che avevo piazzato poco prima”.

 

Quella di Alberto è una storia di precauzioni e sicurezza capaci di evitare finali peggiore. “Oltre alle protezioni, anche il mio zaino tecnico ha giocato un ruolo fondamentale: aveva uno schienale con sistema di ventilazione che ha fatto da cuscinetto, proteggendomi la colonna vertebrale”.

 

“Mentre ero lì, appeso alla parete, sono riuscito a parlare e la prima cosa che ho detto al mio compagno è stata: ‘Mi dispiace averti rovinato la giornata’. Andrea è stato incredibile, ha mantenuto la calma, ha chiamato i soccorsi e ha gestito la situazione senza farsi sopraffare dall’ansia”.

 

Il recupero è stato complesso e spettacolare: un elicottero li ha raggiunti dopo una lunga operazione di hovering, portando Alberto all’ospedale di Cortina. “A un anno e mezzo dall’incidente, il piede non ha ancora recuperato del tutto. Anzi, lo dovrò operare nuovamente proprio nei prossimi mesi. Ma sono grato di essere qui a raccontare questa storia”.

 

CICATRICI

 

"Non si pensa mai alle conseguenze finché non ci si trova davanti a una situazione simile", riflette amaramente Alberto.

 

Dopo l’incidente e la grande paura, nulla è stato più come prima. "Ho fatto un percorso psicologico, e sto ancora lavorando su me stesso. So di aver fatto tutto bene quel giorno, ma c’è sempre una componente che non puoi controllare e quella componente è la più spaventosa. Anche su un sentiero semplice può accadere qualcosa di inaspettato".

 

Ma c’è sempre un modo per superare le proprie paure, per quanto in profondità ti abbiano ferito. Affrontandole. "Sì, un giorno, vorrei tornare ad affrontare quella via, arrampicarmi su quella parete. Superare quella paura e quel mio ricordo oscuro".

 

Emozioni che portano anche ad allargare lo sguardo alle tante storie di montagna, tragiche e meno, che fanno riflettere su una cultura della sicurezza in montagna ancora troppo superficiale. “Vedo spesso persone senza attrezzatura adeguata per il freddo o con scarpe inadatte. Io sono qui oggi grazie al mio equipaggiamento, al mio compagno e a una buona dose di fortuna. Ma anche se fai tutto bene, non puoi mai abbassare la guardia".

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