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Come disegnare al meglio le politiche di contrasto al calo demografico delle aree interne? Le proposte di Uncem al Governo

La consultazione avviata intorno al 20 luglio, promossa dal Dipartimento per le Politiche di Coesione e per il Sud della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha l’obiettivo di raccogliere opinioni e suggerimenti utili alla definizione del Piano, a partire da uno "Schema del piano", disponibile online

di
Luca Martinelli
07 settembre | 19:00
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

Il Governo ha avviato un processo partecipativo intorno al nuovo Piano strategico nazionale delle aree interne, con l'obiettivo di disegnare al meglio la politica di contrasto al calo demografico per le aree del Paese i cui residenti sono più lontani dall'accesso ai servizi essenziali di cittadinanza. La consultazione avviata intorno al 20 luglio, promossa dal Dipartimento per le Politiche di Coesione e per il Sud della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha l’obiettivo di raccogliere opinioni e suggerimenti utili alla definizione del Piano, a partire da uno "Schema del piano", disponibile online.

 

Al 5 settembre, il giorno prima della fine della raccolta dei contributi, erano 195 i soggetti che hanno inviati i propri suggerimenti. Il 6 settembre risultano invece 213, segno che la spinta di Uncem, l'Unione nazionale comuni comunità enti montani, ha mosso alcuni soggetti a cui la consultazione era aperta. Tra questi non ci sono i privati cittadini ma Comuni, Unioni di Comuni/Comunità Montane/Altre aggregazioni di Comuni, Gal/Consorzi/Forum dei giovani/Associazioni di protezione civile, Province, Regioni/Province Autonome, Associazioni di Categoria, Enti di ricerca pubblici, Università, Organizzazioni non governative (ong) e Associazioni del terzo settore, scuole, gestori del trasporto pubblico, soggetti operanti in ambito socio-sanitario ed eventuali operatori turistici.

 

Uncem, infatti, ha reso pubbliche le informazioni inserire in particolare laddove il form rende possibili dieci risposte “aperte”, con uno spazio definito di mille battute a disposizione. Gli spunti dell'associazione offrono uno sguardo attento e profondo, quello di un soggetto che ha partecipato alla fase sperimentale della Strategia nazionale aree interne, quella avviata con le risorse del ciclo di programmazione 2014-2020 della politica di coesione, riconoscendone ricchezze e limiti ("dov'è finita la Snai?" si chiedeva a marzo Marco Bussone, presidente di Uncem, in una lettera aperta al direttore del Sole-24 Ore).

 

Ecco che tra i limiti della Strategia nazionale vengono individuate "le resistenze o le inerzie di Regioni nella implementazione delle Strategie" d'area. La ragione? "Ogni Regione ha normative diverse su sanità, assistenza, trasporti, scuole e formazione. Occorre armonizzazione. Differenziando parametri, numeri, obiettivi per i territori montani. È necessario introdurre termini perentori (tempi) per le azioni dei diversi livelli nel percorso di programmazione e attuazione".

 

C'è poi la necessità di coordinare l'azione degli enti locali: "La Snai non si può basare su Comuni singoli, bensì su Enti che lavorano per un intero territorio. Troppe Regioni che non avevano strutturato Unioni montane e Comunità montane hanno registrato difficoltà di gestione delle Strategie locali d'area".

 

Un altro elemento di criticità riguarda la scelta delle aree in cui intervenire. Secondo Uncem, "la situazione 'coesione dei territori' è variegata", perché la Snai "a volte ha contrapposto valli limitrofe, tra 'area pilota' e vicine escluse". Secondo l'associazione, l'Italia deve dimenticare "le politiche settoriali, per andare verso politiche territoriali", capaci di costruire coesione "tra aree montane e rurali con aree urbane, città". "Serve un patto nuovo, costruire relazioni tra centro e periferia: le Città oggi non lavorano con montagne e valli".

 

Infine, alcune indicazioni che riprendono lo spirito della Snai concepita dall'allora ministro per la Coesione territoriale, Fabrizio Barca: la Strategia "non sia compensazione, assistenzialismo, ma incentivo a crescita e sviluppo". Perché questo sia possibile, secondo Undem essa "deve operare non contro, bensì con l'assetto istituzionale esistente, con Unioni montane, Comunità montane, Enti Parco, favorendo costruzione divisioni, crescita amministrativa, lavoro insieme tra enti locali". Per questo, conclude Uncem, "Snai, con Green Communities e Strategia Montagna, non devono essere modalità eccezionali di intervento ma pratica ordinaria". L'appello finale è alle Regione, affinché "sostengano la capacità di aree omogenee territoriali (Comuni insieme) di costruire strategie territoriali integrate".

 

Come? Garantendo "la continuità dei servizi a fine fondi Snai", consentendo "premialità per medici e pediatri che tengono aperti studi nei Comuni montani", realizzando un "piano asili nido non basato su bandi, ma su pianificazione, con strutture pensate da Unioni montane e Comunità montane", riorganizzando "i servizi della pubblica amministrazione con i Comuni insieme, forti di digitalizzazione". E poi "per cambiare i servizi, servono reti", quindi "i Piani BUL, Italia 5G, Italia 1Giga devono togliere il digital divide".

 

Servono poi incentivi dei territori alle imprese e alle attività economiche, un piano per salvare i bar e renderli "centri multiservizio", prendendo spunto dalla Francia. E poi realizziamo scuole di valle ove possibili, con servizi 0-18, pre e dopo scuola, attività tutto l'anno e tutto il giorno; infine, integriamo trasporto pubblico ordinario con servizi "a chiamata", perché prima di tutto le aree interne hanno bisogno di innovazione in grado di far percepire il valore della spesa pubblica. Perché un bus che gira a vuoto per le valli non rappresenta solo uno spreco, deprime il contesto. 

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