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Attualità

Colata detritica lunga 400-500 metri distrugge parte del sentiero che porta al rifugio Citta d’Aosta. Qual è l'innesco di questi fenomeni franosi?

Il video (pubblicato sui canali social di meteovalledaosta), che mostra l’enorme voragine aperta lungo un ripido versante in Val d’Aosta, è impressionante. Cerchiamo di comprendere cosa stiamo osservando e quale contesto potrebbe aver provocato un evento di questo tipo

di
Giovanni Baccolo
04 luglio | 21:07
Questo articolo si rispecchia nei nove punti del Manifesto,
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.

L’elicottero sorvola un gigantesco vuoto sospeso. Non è immediato intuirne le proporzioni, ma facendo un rapido confronto con la dimensione dei massi disseminati intorno alla corona di distacco, si capisce che questa si allarga per diverse decine di metri e che anche lo spessore del materiale coinvolto deve essere stato notevole. Ancora maggiore è invece la lunghezza dell’area interessata, che, da una rapida analisi dell’area, potrebbe aggirarsi tra i 400 e i 500 metri per la regione di distacco, e molti di più per quella dove i detriti sono stati accumulati.

 

 

Con tutta probabilità questo evento è un debris flow, in italiano colata detritica. Si tratta di un particolare movimento franoso che coinvolge un miscuglio di sedimenti e acqua. Sono eventi tipici nei contesti montani e in periodi particolarmente ricchi di precipitazioni o al culmine della fusione nivale. L’alta Valpelline, dove è avvenuto il dissesto, incontra tutte queste caratteristiche. Ci troviamo infatti a oltre 2500 metri, alla testata del vallone di Buthier. A poca distanza dal luogo dove si è verificato l'evento, svetta la Dent d'Herens, tra Valpelline e Valtournenche. Durante lo scorso fine settimana, in questa regione delle Alpi sono caduti circa 100 millimetri di pioggia in poche ore. Le precipitazioni attese in diverse settimane si sono concentrate in una manciata di ore. Non solo, l’abbondante coltre di neve che ancora copre le montagne sopra ai 2500 metri ha sicuramente interagito con la pioggia, favorendo la fusione e aumentando ulteriormente il deflusso superficiale.

 

C’è poi un altro elemento che ha reso quell’angolo di alta montagna ideale per l’innesco del debris flow. L’area interessata è abbondantemente coperta da sedimenti di origine glaciale. Nelle fotografie dall’alto è facile individuare i tanti cordoni morenici che testimoniano la recente presenza di grandi ghiacciai. Il vallone secondario dove si è originato il distacco si trova ai piedi del grande ghiacciaio des Grandes Murailles. A poca distanza un altro ghiacciaio fa bella mostra di sé: quello di Tsa de Tsan. Ora i ghiacciai si trovano alcune centinaia di metri più in alto rispetto al luogo coinvolto dal dissesto, ma alcune decine di anni fa il ghiaccio copriva interamente la zona coinvolta. In corrispondenza dell’ultimo picco freddo della Piccola Età Glaciale – parliamo della seconda metà del XIX secolo -, il Ghiacciaio des Grandes Murailles lambiva il fondovalle, dove oggi scorre il torrente Buthier.

 

Quando i ghiacciai si ritirano lasciano dietro di sé vere e proprie impronte nella forma di cordoni e depositi formati dai sedimenti macinati e trasportati dal ghiaccio nell’arco di decine, o anche centinaia, di anni. Nel gergo geomorfologico queste forme prendono il nome di morene e il loro studio è fondamentale per ricostruire l’estensione dei ghiacciai nel passato. Sono formate da sedimenti poco coesi e mal classati, ovvero al loro interno è possibile trovare tutte le classi granulometriche: dai detriti più fini a enormi massi di decine di metri. Per via di queste caratteristiche, i sedimenti morenici sono particolarmente attaccabili dagli agenti atmosferici. Questo è vero soprattutto per le morene della Piccola Età Glaciale, che, vista la recente deposizione ed esposizione, sono del tutto prive di copertura vegetale e hanno morfologie instabili. Fintantoché il ghiaccio le copriva e sosteneva, esse potevano contare su un supporto per resistere all’erosione. Da quando il ghiaccio si è ritirato, le morene sono in balia dei processi di erosione.

 

Analizzando le fotografie satellitari (vedi sotto), si vede chiaramente che la vallecola interessata dal distacco della colata mostrava già i segni prodotti dall'erosione. L'acqua aveva già intaccato i detriti morenici, aumentando localmente le pendenze e rendendo più probabile l'innesco di un evento più esteso. Maggiori sono le pendenze e maggiore è "l'aiuto" della forza di gravità nel provocare questo tipo di dissesto. Non sorprende quindi che il debris flow si sia generato proprio in corrispondenza di incisioni erosive pre-esistenti.

 


L'area coinvolta dall'evento come appariva prima del dissesto. Evidenti le tracce pre-esistenti che testimoniavano un'intensa attività erosiva. Fotografie da Google Earth.

 

Per innescare un debris flow è necessario che i sedimenti coinvolti siano completamente impregnati d’acqua e che la pressione dell’acqua che riempie i vuoti tra i sedimenti superi una certa soglia. Un altro elemento importante è che il terreno coinvolto sia abbastanza ripido, in modo che anche la gravità contribuisca al movimento verso il basso. La quantità enorme di piogge cadute tra Val d’Aosta e Piemonte negli scorsi giorni, e la grande quantità di neve andata in fusione, non rende difficile immaginare che il debris flow abbia potuto innescarsi. Le colate detritiche sono particolarmente distruttive. La miscela di acqua e sedimenti ha densità elevate e, quando incontra terreni particolarmente ripidi, come in questo caso, può raggiungere velocità elevate. Pesanti e veloci, la ricetta perfetta per delineare un processo potenzialmente molto pericoloso e distruttivo.

 

In questo caso l’evento si è verificato in una valle d’alta quota, sicuramente poco frequentata nei giorni di maltempo. Il danno più importante sembra la distruzione parziale del sentiero che portava al rifugio Citta d’Aosta, che attraversava proprio quella parte di versante che è stata smantellata dalla colata.

 


Il fotogramma del video pubblicato da Meteovalledaosta dove si vede chiaramente il sentiero per il Rifugio Aosta interrotto dal grande dissesto.

 

Il materiale rimosso dalla copertura morenica è stato trasportato verso valle, andandosi a depositare non appena le pendenze sono diminuite. Tutto quel settore dell’alta Valpelline è stato profondamente modificato. Il fatto che i terreni d’alta montagna siano interessati da colate detritiche e altri fenomeni franosi non è di per sé anomalo. Nell’arco di centinaia di migliaia di anni, le valli alpine sono state scolpite proprio da questi fenomeni naturali. Dove il terreno si fa pendente, la gravità e l’erosione compiono il loro instancabile lavoro. Rimane però il fatto che piogge tanto intense stanno diventando sempre più frequenti, alimentate dalla tanta energia che per via del cambiamento climatico si sta accumulando in atmosfera.

 

Nel video, la voragine aperta nella morena e la spiegazione sintetizzata in breve:

 

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