A un anno dall'alluvione l'Appennino romagnolo è ancora in profonda sofferenza. E la prima pioggia seria del 2024 ha fatto crollare un ponte sul fiume Bidente
Dal 2 al 17 maggio del 2023 la Romagna venne colpita per due volte da eccezionali precipitazioni. Nelle terre alte la situazione è ancora d'emergenza, come sottolinea il titolo ("Come se fosse ieri? In Appennino è ancora oggi!") del volantino che l'Appello per l'Appennino romagnolo ha stampato per distribuirlo a Premilcuore (FC) il 18 e 19 aprile in occasione del "Mecréd", una manifestazione nata per animare quest'area a ridotto del Parco nazionale delle Foreste casentinesi, Falterona e Campigna, che richiama un'espressione che nel dialetto dell'Alta Romagna sta per "credo anch'io"
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Immaginate un'area di oltre 200 chilometri interessata da oltre 80mila movimenti franosi. La cartografia pubblicata su uno dei portali della Regione Emilia-Romagna è punteggiata di segni arancioni, che partono dalla provincia di Reggio Emilia e arrivano fino a quella di Rimini, e si fanno più intensi nel ravennate e nel territorio della provincia di Forlì-Cesena.
A un anno dall'alluvione del maggio 2023, che si chiuse il 17 maggio, la situazione è ancora d'emergenza, come sottolinea il titolo ("Come se fosse ieri? In Appennino è ancora oggi!") del volantino che l'Appello per l'Appennino romagnolo ha stampato per distribuirlo a Premilcuore (FC) il 18 e 19 aprile in occasione del "Mecréd", una manifestazione nata per animare quest'area a ridotto del Parco nazionale delle Foreste casentinesi, Falterona e Campigna, che richiama un'espressione che nel dialetto dell'Alta Romagna sta per "credo anch'io".
"All’inizio di questo mese è bastata la prima 'pioggia seria' - dopo una stagione autunno/invernale decisamente avara di precipitazioni - a far crollare il ponte sul Bidente in località Poggiolo, nel Comune di Santa Sofia" si legge nel volantino. "La struttura, già indebolita il maggio scorso, è definitivamente collassata alla prima vera prova idraulica dopo l’alluvione. Questo episodio rappresenta bene ciò che intendiamo nel sostenere che in Appennino l’emergenza non è mai finita, poiché quello che si è generato un anno fa è un movimento geologico generale IN DIVENIRE, frammentato in decine di migliaia di lacerazioni: dai distacchi clamorosi a quelli appena visibili, ma non per questo meno preoccupanti" sottolinea l'Appello, un movimento spontaneo nato nei giorni dell'alluvione da un gruppo di residenti, molti dei quali titolari di aziende agricole, per segnalare la specificità dei problemi nelle terre alte, mentre telecamere e politica indugiavano sempre e soltanto in pianura.
La situazione, sostengono, "può aggravarsi di giorno in giorno fino al collasso completo delle sue fragilità, spinte da ogni contingenza meteorologica propizia". Questo rischia di amplificare la condizione di precarietà delle nostre vallate, che "non può dunque restare appesa ad un filo che potrebbe essere tagliato dal meteo in qualsiasi momento, senza considerare che gli effetti dei ritardi, dell’abbandono e delle insufficienze in Appennino, passeranno poi inevitabilmente sotto i ponti della pianura".
Gianni Fagnoli è uno dei promotori dell'Appello. Ha un'azienda agricola biologica a Rocca San Casciano (FC). L'ha aperta nel 2015. La chiama presidio agroecologico, perché tra i suoi terrazzamenti ci sono centinaia di vecchie varietà autoctone di frutta, quelle che si stanno perdendo. Durante l’alluvione di maggio il crinale sopra il suo terreno ha collassato creando una valanga di fango, rocce e alberi che è scivolata per mezzo chilometro, portandosi via alberi e tutti gli attrezzi. Il campo sottostante si è allagato creando problemi di agibilità e l’azienda è ancora isolata: le frane ancora si muovono.
Ecco perché l'Appello per l'Appennino romagnolo chiedere uno sforzo maggiore alla Struttura Commissariale. Intanto, i comuni montani devono essere "dotati di risorse tecniche adeguate per far sì che gli 'stanziamenti' teorici divengano strumenti effettivamente disponibili e utilizzabili dai nostri enti locali, al fine di accelerare tempistiche già soggette a gravissimi ritardi". Poi, non meno importante, vanno riviste "le ordinanze di sedicente 'ristoro', ormai oggetto di una commedia tragicomica che comunque, per come si configurano nella loro stessa concezione, lasciano in primo luogo le aziende agricole e forestali dell’Appennino in balìa di un 'rischio residuo' inaccettabile".
Fagnoli spiega a L'Altramontagna che "le due ordinanze del 2023 relative ai "ristori", la 11 e la 14, penalizzano l'Appennino, anche perché propiamente non si tratta di ristori a fronte di mancato reddito, quello che è successo ad esempio durante l'emergenza Covid-19. In questo caso, infatti, non c'è nessun ristoro, perché le perdite te le tieni tutte e l'effetto negativo in agricoltura dura anni. Quello che ci viene concesso, a fronte di uno sforzo burocratico significativo, è un parzialissimo ed eventuale contributo su un progetto di ripristino" sottolinea. Racconta la sua storia: "Solo il primo febbraio è venuto un perito ai Fondi (la sua azienda agircola, ndr), che vedendo la prima frana ha rappresentato l'esigenza di una serie di interventi, tra drenaggi, palificazione e muro di contenimento dal valore di almeno 40mila euro. Ora, secondo l'Ordinanza 11 io ho sicuramente diritto a un ristoro per 40mila euro, mentre se presento un progetto di valore complessivo maggiore, non è certo che avrò accesso a tutto il finanziamento e in ogni caso dovrei anticipare soldi che non ho".
Qual'è, quindi, la situazione? "L'Appennino per quel che riguarda le frane dei privati e delle aziende agricole non verranno toccate e così tutte le lacarezioni, tutto ciò che è in pendenza e in bilico, incombente anche su un bene pubblico (che sia strada, fiume, fosso, ponte o la casa e la proprietà di qualcun altro). Tutta la fragilità resta intatta. Questa ordinanza in Appennino non si risana nulla. E a differenza della Pianura, il fenomeno non è concluso, ma continuerà fino a sua esaurimento. Resteremo nella precarietà per anni e anni".
Continua il volantino dell'Appello: "gli agricoltori -già estenuati dalle conseguenze economiche e produttive dell’alluvione sui propri insediamenti e mai alleviate in alcun modo- non possano far fronte solo ricorrendo ad ulteriori sacrifici, aziendali e personali".
Per questo, "nell’interesse di tutto il territorio, occorre dunque che la montagna romagnola sia posta al centro di un’idea di ricostruzione e di una strategia conseguente di prevenzione idrogeologica generale, attribuendovi una priorità di programmazione e di intervento".
© Il ritratto di Gianni Fagnoli fa parte del progetto "Fragile", un lavoro fotografico di Michele Lapini a un anno dalle alluvioni in Emilia-Romagna