Cambiamento climatico all'ennesima potenza: il 2023 l’anno più caldo mai registrato
Ce lo aspettavamo e alla fine è successo: il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato. La temperatura media planetaria lo scorso anno ha sfiorato i 15 °C, superando di 1.48°C il valore medio dell'epoca pre-industriale (1850-1900). Rispetto al precedente record del 2016, c'è stato un balzo in avanti di quasi 0.2 °C. Un anno climaticamente eccezionale sotto molti punti di vista
di cui il Comitato scientifico dell’AltraMontagna è garante.
Come anticipato, il 2023 è l’anno più caldo mai registrato da quando abbiamo iniziato a misurare le temperature in modo preciso e riproducibile. La notizia potrebbe sembrare poca cosa, in fin dei conti siamo ormai abituati a tali traguardi che si susseguono uno dopo l’altro a ritmi sempre più serrati. Gli anni che compongono l’ultimo decennio (2014-2023) figurano tutti nella lista dei dieci anni più caldi occorsi tra il 1850 e il 2023. Dovremmo però stare in guardia dall’assuefarsi a simili primati, ricordando la storiella della rana bollita e soprattutto della sua fine.
Eccezionale è a tutti gli effetti l'aggettivo più azzeccato per descrivere la climatologia del 2023. Lo scorso anno non soltanto si pone al primo posto della classifica degli anni più caldi, lo fa anche con lo scarto maggiore rispetto al precedente detentore del primato, ovvero il 2016. Facendo nuovamente riferimento ai dieci anni più caldi, lo scarto tipico che si era osservato tra un primato e l’altro, era di alcuni centesimi di grado centigrado (in media 3 centesimi, ovvero 0.03°C). L’aumento di temperatura tra il 2023 e il 2016 sfiora invece gli 0.2°C, valore un ordine di grandezza più grande. Il cambio di passo dell’ultimo anno è ben visibile nel grafico mostrato sopra, dove il 2023 svetta solitario.
Preoccuparsi per aumenti di temperatura di tale entità (centesimi o decimi di grado) potrebbe sembrare esagerato. Ricordiamo però che non stiamo considerando la temperatura di un corpo umano o di un singolo oggetto, ma di un intero pianeta. Per scaldare, anche di frazioni di grado, qualcosa di così grande e massivo, è necessaria un’enorme quantità di energia. L’energia che alimenta il riscaldamento globale viene dall’assorbimento della radiazione infrarossa a opera dei gas serra presenti in atmosfera a concentrazioni sempre più alte per via dello sfruttamento dei combustibili fossili. I principi fondamentali del cambiamento climatico sono incredibilmente eleganti nella loro brutale semplicità.
Osservando in maggior dettaglio l’evoluzione della temperatura del 2023 (vedi il grafico mostrato qui sopra), si scopre che la scorsa annata è stata termicamente divisa in due parti. Fino a giugno la temperatura globale ha raramente superato 1.5°C di anomalia rispetto alla media 1850-1900, circa in linea con quanto osservato negli scorsi anni. Con l’inizio dell’estate nell’emisfero boreale le temperature sono però rapidamente aumentate, fino a raggiungere uno scarto di quasi 2°C.
La soglia dei 2°C è stata superata in occasione di due giornate: 17 e 18 novembre 2023. Questi sono stati i giorni più caldi a livello globale dello scorso anno e i più caldi mai osservati da quando abbiamo iniziato le misurazioni. Prima dello scorso anno l’anomalia di temperatura non aveva mai superato la soglia dei 2°C.
A causare la dicotomia termica che ha caratterizzato il 2023, è stato con buona probabilità il fenomeno climatico che prende il nome di El Niño, vale a dire il periodico riscaldamento delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico centro-meridionale. All’inizio dell’anno l’oscillazione termica in quella regione del pianeta era nella sua fase negativa (La Niña), ma a partire da luglio il trend si è invertito, determinando l’arrivo di un evento di Niño. Quando questo succede, grandi quantità di energia sono trasferite dalle acque oceaniche profonde all’atmosfera, portando a un sensibile aumento della temperatura media globale. Non a caso molti degli anni più caldi registrati negli ultimi decenni corrispondono ad annate di Niño.
Un’altra caratteristica importante che descrive la climatologia del 2023 è la temperatura delle acque superficiali degli oceani. Basta un veloce sguardo al grafico mostrato qui sopra per capire che quanto accaduto l’anno scorso non ha precedenti. L’anno scorso la temperatura superficiale degli oceani è stata per buona parte dell’anno la più alta mai osservata, con uno scarto davvero ampio rispetto alla variabilità tipica degli ultimi decenni.
Il 2023 è stato caratterizzato da temperature particolarmente elevate sia a livello atmosferico che oceanico. Per comprendere le ragioni di un aumento così repentino e intenso, dobbiamo aggiungere qualche elemento in più. Uno degli indiziati nello spiegare il forte riscaldamento dello scorso anno è il bando dei solfati nei combustibili impiegati dai bastimenti. I solfati sono considerati un agente inquinante deleterio, essendo tra l'altro i responsabili delle celebri piogge acide. Da decenni molti paesi stanno adottando misure sempre più efficaci per ridurre la loro concentrazione nei combustibili fossili, in particolare quelli utilizzati dai bastimenti, dove le loro concentrazioni sono ancora alte. Ridurre i solfati emessi in atmosfera ha sicuramente risolto il problema delle piogge acide, ma ha anche ridotto l’effetto raffreddante che tali sostanze hanno sul clima della Terra. I solfati hanno infatti la capacità di riflettere una frazione della radiazione solare in arrivo sulla Terra verso lo spazio. Paradossalmente quando impiegavamo combustibili ricchi di solfati, stavamo emettendo sì anidride carbonica (con il noto effetto riscaldante), ma anche solfati, che mascheravano almeno in parte le conseguenze dell’effetto serra. Negli ultimi anni continuiamo a emettere anidride carbonica, ma sempre meno solfati, contribuendo a esacerbare gli effetti del cambiamento climatico. Ecco perché alcuni climatologi si aspettano che nei prossimi anni il cambiamento climatico diventerà ancora più intenso se non sapremo intervenire con decisione riducendo le emissioni di anidride carbonica.
L’ultimo fattore che è necessario prendere in considerazione per spiegare l’anomalia climatica del 2023 è l'eruzione del vulcano Hunga Tonga-Hunga Ha‘apai, avvenuta nel Pacifico centrale all’inizio del 2022. Nella maggior parte dei casi, le grandi eruzioni vulcaniche provocano un temporaneo raffreddamento del pianeta. La causa di ciò sono quegli stessi solfati di cui parlavamo poco fa. Non è solo l’utilizzo dei combustibili fossili a riversare queste sostanze in atmosfera, anche le eruzioni vulcaniche, producendo i medesimi effetti. Quella di Hunga Tonga è stata però un’eruzione particolare. Essa ha emesso relativamente pochi solfati in atmosfera, a fronte di un’enorme quantità di vapore acqueo che la potenza dell’evento ha iniettato negli strati più alti dell’atmosfera, dove l'umidità è normalmente molto bassa. Il vapore acqueo in atmosfera si comporta come l'anidride carbonica, è un gas a effetto serra. L’aumento di umidità in una regione dell’atmosfera che è praticamente priva di acqua, potrebbe quindi aver aiutato il 2023 a raggiungere il picco di temperatura che abbiamo osservato. Il condizionale rimane d'obbligo dal momento che queste ricerche sono ancora in corso.
Al netto di tutto ciò, non deve passare in secondo piano il fatto che la causa principale del riscaldamento globale è l'utilizzo dei combustibili fossili da parte della civiltà umana, come ribadito dalla comunità scientifica ormai da diversi decenni. La concentrazione atmosferica di anidride carbonica lo scorso anno ha raggiunto il valore record di 419 parti per milione, 2.4 parti per milione più alta di quella misurata l’anno precedente. Fintanto che tale valore continuerà a crescere, possiamo stare certi che nuovi anni più caldi arriveranno, portando con sé primati climatici sempre più estremi.
La casa diventa sempre più calda, non dimentichiamo che la Terra non ha finestre che possiamo aprire per fare entrare il fresco.