Coronavirus, tasso di letalità dell'1,2% in Germania contro il 12,5% in Italia, anche se è il quarto paese al mondo per casi positivi
La Germania è il quarto paese al mondo per numero di positivi al Covid-19 con 110 mila casi. Nonostante questo, il tasso di letalità è sensibilmente più basso di quello dichiarato dall'Oms del 3,4%. A spiegare questi numeri sembra esserci l'alta disponibilità di letti in terapia intensiva (ne ha 28 mila contro le 5.324 che aveva l'Italia prima dell'emergenza) e la "giovane" età dei contagiati, la cui maggior parte rientra nella fascia 35-59 anni

GERMANIA. Ad oggi, 8 aprile 2020, la Germania risulta essere il quarto paese al mondo per casi confermati di Coronavirus, dietro a Stati Uniti (con 400 mila casi), Spagna (147 mila) e Italia (135 mila). I morti registrati sono 2.100, i guariti circa 36 mila e i positivi totali dall'inizio dell'emergenza 110 mila. Dei 71.152 ancora infetti poco meno di 5 mila si trovano in situazioni critiche (circa il 7%).
Sebbene il paese germanofono risulti essere tra i più colpiti, grazi alla risposta del suo sistema sanitario sta dimostrando di essere in grado di gestire l'emergenza. A prova di questo, i pazienti italiani che la Germania ha accettato di accogliere nei suoi reparti.
Facciamo però un salto indietro. Mentre il 30 gennaio l'Italia confermava i suoi primi due casi di Coronavirus (una coppia di turisti cinesi poi guariti il 26 febbraio), in Germania il primo caso era emerso già da qualche giorno, precisamente il 25 gennaio. Caso che in una lettera successivamente pubblicata sul New England Journal of Medicine da dei medici tedeschi, è stato ipotizzato essere il paziente 1, ossia colui che ha portato alla diffusione del virus in tutta Europa.
Se nella seconda metà di febbraio l'Italia iniziava a vivere l’incubo della diffusione del virus, tra assalti ai supermercati e numeri che non facevano che aumentare, la Germania, come il resto del mondo, sottovalutava il problema. Il giorno in cui tutta Italia è stata dichiarata “zona protetta”, il 9 marzo 2020, i 9.172 casi confermati nella penisola facevano paura se confrontati con i soli 1.263 del paese germanofono, di ben 20 milioni di abitanti più popoloso.
La situazione è drasticamente mutata quando, in corrispondenza dell’11 marzo, giorno in cui l’Oms ha dichiarato il Covid-19 pandemia mondiale, la Germania ha aumentato i test che subito hanno dato inizio ad un trend di positivi con crescita esponenziale. A prova di questo si consideri che nella sola settimana dal 23 al 29 marzo, i casi accertati sono passati da 32.013 a 62.435 e sono stati effettuati oltre 400 mila tamponi. Oggi, a poco più di due settimane di distanza, sono quasi 110 mila.

L'immagine qui sotto mostra molto chiaramente come il nuovo Coronavirus si sia diffuso in quasi tutto il territorio. Tuttavia, bisogna tenere presente che non tutti i contagi sono tuttora stati conteggiati. C'è anche da considerare, però, che vista la quantità di tamponi e la tempestività con cui sono stati effettuati, i virologi e gli epidemiologi ritengono che il numero di infezioni non segnalate nel paese sia molto inferiore rispetto ad un confronto europeo.
Nonostante il paese sia appunto al quarto posto nel mondo per numero di contagiati, il tasso di letalità del pazienti affetti da Covi-19 è molto più basso di quello che ci si aspetterebbe. Secondo l’Oms, la percentuale di letalità è del 3,4%, mentre in Germania i dati parlano di un tasso dell’1,8%. Per quale motivo? Le ragioni che sembrano spiegarlo sono molteplici.
Prima di tutto va considerato che il sistema sanitario tedesco, a fronte di circa 80 milioni di abitanti, può contare su 28 mila posti letto in terapia intensiva, di cui 25 mila con respirazione artificiale. L'Italia, prima dell'emergenza, contava su 5.324 posti in terapia intensiva (d'altronde la spinta a privatizzare alcune sanità regionali ha portato a non investire su quello che è, di fatto, l'ultimo reparto per salvare una vita in bilico e quindi è economicamente poco interessante). Inoltre, mentre gli ospedali del nord Italia sono invasi da nuovi pazienti, quelli tedeschi non sono ancora a piena capacità e hanno avuto più tempo per liberare i letti, fare scorta di attrezzature e ridistribuire il personale. Il governo e il Robert-Koch-Institut, l’ente tedesco per le malattie infettive, ritengono quindi che gli ospedali siano pronti a reggere l’urto di un contagio.

Il grafico mostra in blu il numero di letti presenti in terapia intensiva per Ländern e in rosso quelli ad oggi effettivamente occupati.
Come già accennato, nel paese sono stati fatti molti tamponi, anche a chi aveva sintomi leggeri ma era stato in passato in zone a rischio o a contatto con qualche caso sospetto, e questo ha permesso così di avere una "fotografia" della situazione molto più precisa rispetto a paesi che fanno tamponi in maniera mirata a chi presenta sintomi gravi o si trova in ospedale.
Un’altra possibile spiegazione al tasso di letalità così basso, è l’età media dei contagiati, che in Germania è significativamente più giovane che altrove: 49 anni contro i 62 di Italia e Francia. La maggioranza di pazienti è nell’intervallo di età 35-59 (48% del totale), e la classe con pazienti di età superiore agli 80 anni corrisponde solo al 5%. È chiaro che ammalati più giovani hanno più probabilità di sopravvivere degli anziani.
Inoltre, secondo i dati della Commissione Europea, in Germania l’aspettativa di vita oltre i 65 anni è di 19,7 anni di cui in media 11,9 anni passati senza disabilità (media Ue di 9,9). In più, il 42% (media Ue del 46%), della popolazione tedesca over 65 non soffre di malattie croniche.
Ma è sicuramente la maggiore disponibilità di letti ospedalieri per mille e quella di posti di terapia intensiva adeguatamente attrezzati per la ventilazione che sembra potrebbe permettere alla Germania di avere un approccio all’emergenza diversa da quella di altri stati affetti dalla pandemia, e quindi di superarla con meno difficoltà.
Fonte dei grafici: Tagespiel