Festival dello sport, Ancelotti: ''In Italia si nasconde la maleducazione dietro la rivalità''
Il tecnico del Napoli ospite a Trento per la prima edizione della kermesse di Gazzetta e Trentino nell'appuntamento con Sacchi e Guardiola. Il catalano: "Messi il più grande per distacco"
TRENTO. Bastano i nomi, Carlo Ancelotti, Pep Guardiola e Arrigo Sacchi. Il Festival dello sport mette in scena dieci coppe dei campioni, in pieno leitmotiv Record e tra gli appuntamenti clou di questa prima edizione, tanto che il pubblico ha iniziato ad assieparsi già prima delle 9 per un incontro alle 15 al Teatro sociale.
Un confronto, tra battute e riflessioni, tra i tecnici che hanno guidato alcuni dei club più prestigiosi al mondo e lasciato un segno, indelebile, nell'albo d'oro dei massimi campionati nazionali, ma soprattutto in quello della "coppa dalle grandi orecchie", insieme alla coppa del mondo per nazionali, il titolo di maggior peso calcistico.
Il più integralista sul bel gioco è Arrigo Sacchi ("Qualità", "bellezza" e "gioco offensivo" perché se vinci e giochi bene si acquisisce "un'autorità morale"), un punto di riferimento per Ancelotti, che aggiunge Liedholm e lancia una battuta ripercorrendo i tempi del Milan del tecnico di Fusignano: "Avrei preferito giocare con Gattuso e Ambrosini per portare meno acqua lì in mezzo e poter inventare di più, invece mi toccava correre e pressare".
Tocca a Guardiola, che si è ispirato a Cruijff ("La persona più importante. Ci ha aperto gli occhi e ci ha aiutato a capire una visione di calcio, oltre il risultato) e spiega che la formula del tiqui taka è irripetibile: "Non ho inventato niente e succede una volta nella vita: ora fa nostalgia. Dopo l'esperienza in quarta divisione, ho avuto fortuna a 37 anni di trovarmi al Barcellona con sette giocatori che provenivano dalla cantera e con i soldi per comprare i migliori giocatori stranieri".
Tutto più facile se si ha un Messi nel motore. "Il più forte di tutti i tempi per distacco - evidenzia l'allenatore del Manchester City - un fenomeno. Quella squadra era poi affamata, volevamo mangiare il mondo e l'abbiamo mangiato".
Carlo Ancelotti in chiusura spende parole al miele per Napoli. "Una bella famiglia - dice - un bell’ambiente, giocatori giovani d'esperienza, ma molto umili. La società vuole crescere e la città è bellissima: ci sono tutte le condizioni per fare un bel lavoro”.
Il calcio italiano e l'Italia attraversano la fase più difficile della storia recente, se non forse di sempre, ma Sacchi e Ancelotti vanno un po' controcorrente: "I giovani di qualità ci sono, magari non tanti come in altre epoche - dicono - bisogna analizzare le cause di questo passaggio a vuoto, ma il momento è passeggero e la nazionale si può sbloccare e risollevare".
Il problema affonda le radici a livello di infrastrutture: "All'estero - conclude Ancelotti - ho visto stadi bellissimi e pieni, ma anche rivalità sportiva. In Italia manca abbiamo una carenza culturale. Dopo nove anni sono tornato in Italia e devi ancora sentire gli insulti: ci si nasconde dietro la rivalità, ma si tratta di maleducazione".