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"Un processo per ottenere idrogeno senza inquinare", ecco il nuovo studio Unitn: "Risultati sbalorditivi, un lavoro che accelera la transizione energetica"

Un gruppo di ricerca del dipartimento di Fisica ha studiato un processo per ottenere idrogeno, l’elemento chimico vettore di energia, in maniera pulita e con un basso impatto ambientale. I ricercatori: "Grazie a questa metodologia possiamo identificare materiali più performanti e accelerare il progresso nella produzione di idrogeno verde"

Di F.Os. - 05 marzo 2025 - 13:32

TRENTO. Produrre idrogeno pulito senza bruciare idrocarburi fossili o altre fonti di energia non rinnovabile. Come? Attraverso la via della fotoelettrochimica, un metodo noto anche come fotosintesi artificiale. Un processo che, proprio come la fotosintesi clorofilliana, sfrutta esclusivamente la luce solare e l’acqua come elettrolita per ottenere idrogeno, senza generare emissioni nocive.

 

È quello che ha studiato un gruppo di ricerca del dipartimento di Fisica dell’Università di Trento e uno degli aspetti più innovativi del progetto è l’impiego di fotocatalizzatori (semiconduttori di elettricità) a base di materiali bidimensionali e, in particolare, di nitruro di carbonio grafitico: un materiale leggero e sostenibile utilizzato per rompere il legame chimico della molecola dell’acqua per produrre idrogeno.

 

La ricerca, nello specifico, ha dimostrato che, se utilizzati in forma di un singolo strato atomico, offrono prestazioni superiori rispetto alle strutture più spesse e disordinate testate in precedenza: questa scoperta, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Carbon, potrebbe aprire la strada a un uso più efficiente di questi materiali nella produzione di idrogeno verde.

 

I DETTAGLI DELLO STUDIO

 

L'idrogeno, spiegano i ricercatori, è considerato una delle soluzioni più promettenti per la transizione energetica ma la maggior parte della produzione attuale avviene attraverso il metodo dello “steam reforming”, che prevede il riscaldamento di metano ad alte temperature.

 

Si tratta di un processo non completamente sostenibile, mentre il progetto trentino si concentra sulla produzione di idrogeno tramite celle fotoelettrochimiche: un processo "pulito" che non usa idrocarburi o altre fonti di energia non rinnovabile per rompere il legame chimico della molecola dell’acqua per produrre idrogeno.

 

"Il composto grafitico a base di nitruro di carbonio grafitico è stato suggerito come possibile fotocatalizzatore: a contatto con l’acqua – spiega l'autrice principale dello studio Francesca Martini – questo semiconduttore assorbe luce solare visibile e la trasforma in energia chimica per consentire il movimento degli elettroni all’interno della materia. Prima del nostro lavoro, poco si sapeva su questi meccanismi".

 

Ad essere specificato da Martini è come, studiando la formazione e la propagazione delle particelle dette eccitoni (coppie di elettroni e buche) prodotti dalla luce solare nel nitruro di carbonio formato da un solo strato di atomi, ci si sia accorti che "hanno una velocità molto bassa e si spostano nel fotocalizzatore grazie a un moto combinato con le vibrazioni degli atomi".

 

Ed il risultato, a detta di chi ha condotto lo studio, è "sbalorditivo": gli elettroni sono infatti più di duemila volte più piccoli degli atomi del fotocatalizzatore e quindi si muovono più velocemente, proprio come si muove uno sciame di insetti (gli elettroni) intorno a una persona (l’atomo). Questo, invece, nel nitruro di carbonio questo non succede: è come, viene sottolineato, se lo sciame di insetti si mettesse d’accordo con la persona per andarsene a spasso a braccetto in maniera combinata, fino a quando non incontrano insieme uno ione idrogeno.

 

"In tal caso l’atomo fa l’inchino e lascia passare l’elettrone che si lega allo ione idrogeno – semplifica giocando in metafora il coordinatore dello studio Matteo Calandra – proprio come fa il padre (l’atomo) della sposa (l’elettrone) quando l’accompagna all’altare (ione idrogeno)".

 

Lanciando uno sguardo al prosieguo della ricerca - che rappresenta un passo significativo verso la sostenibilità energetica e conferma il ruolo di Trento come centro d’eccellenza nella ricerca sulle energie rinnovabili - il lavoro del team proseguirà eseguendo simulazioni numeriche su un database di oltre cinquemila materiali a sua disposizione, un’operazione di screening computazionale per individuare catalizzatori migliori di quelli attuali.

 

"Ci auguriamo che queste ricerche conducano a una forte innovazione per la produzione di idrogeno da celle fotoelettrolitiche – conclude il coautore dello studio Pietro Nicolò Brangi – e grazie a questa metodologia, possiamo ora identificare materiali più performanti in modo sistematico e accelerare il progresso nella produzione di idrogeno verde".

 

 

 

 

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