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''Saresti disposto ad accettare 1.250 euro al mese di stipendio?'', la risposta dei neolaureati è ''no''. Lo studio nel paese fanalino di coda per giovani ''dottori''

I giovani italiani sono quelli che si laureano meno in Europa (battuti solo dalla Romania) e se prima ''accettavano'' come primo lavoro anche un'occupazione ''non all'altezza'' delle aspettative ora è sempre meno così. E infatti il tasso di occupazione post titolo è per la prima volta sceso sia tra i laureati triennali che magistrali

Di L.P. - 16 giugno 2024 - 13:01

TRENTO. Alla domanda ''saresti disposto ad accettare uno stipendio di 1.250 euro al mese, netti?'' la risposta del 60% dei laureati 'brevi' e il 66% di quelli con laurea magistrale è stata ''no''. Un dato impressionante, per qualcuno preoccupante, per qualcun altro confortante. Il dato è emerso dal Rapporto Almalaurea (e ripreso dal Corriere della Sera di qualche giorno fa) con la specifica che in Italia un neolaureato guadagna in media 1.400 euro netti contro i 2.174 di chi decide di andare all’estero. Certo va capito anche quale sia il livello di preparazione al mondo del lavoro di un'università italiana rispetto a una di un altro paese europeo e quindi se la richiesta del neolaureato sia commisurata al proprio livello di capacità professionale però la certezza è che i giovani laureati, alla luce anche delle cifre di cui sopra, stiano adottando un approccio più selettivo nei confronti del mercato del lavoro rispetto al passato.

 

Il dato è in forte ascesa su base annua e Marina Timoteo, direttrice di Almalaurea ha sottolineato che “i laureati sono sempre meno disponibili ad accettare lavori a basso reddito o non coerenti con il proprio percorso formativo. A un anno dal titolo, infatti, tra i laureati di primo e di secondo livello, non occupati e in cerca di lavoro, la quota di chi accetterebbe una retribuzione al più di 1.250 euro è pari, rispettivamente, al 38,1 per cento e al 32,9 per cento; tali valori risultano in calo, nell’ultimo anno, rispettivamente, di 8,9 e di 6,8 punti percentuali. Inoltre, si dichiara disponibile ad accettare un lavoro non coerente con gli studi il 76,9 per cento dei laureati di primo e il 73 per cento di quelli di secondo livello; anche in tal caso si tratta di valori in calo, nell’ultimo anno, rispettivamente di 5,9 e 3,0 punti percentuali”.

 

Questo si traduce nel fatto che per la prima volta in dodici anni (a parte lo stop del 2020 legato al Covid) il tasso di occupazione a un anno dalla laurea è sceso dal 75,4 al 74,1 per i triennali e dal 77,1 al 75,7 per i magistrali. Più schizzinosi o più consapevoli delle proprie ambizioni? Sicuramente ci sono meno necessità di guadagnare subito e quindi la possibilità di ''attendere'' di più la propria occasione. Se mai arriverà, viene da aggiungere. Anche perché le occasioni si costruiscono, anche, senza attendere sempre che piovano dall'alto e cominciare con 1.250 euro netti al mese non vuol dire restare a quella cifra per sempre. E infatti quanto agli stipendi, a 5 anni dalla laurea, il Rapporto Almalaurea mostra che si passa da 1.384 a 1.706 euro per i laureati triennali e da 1.432 a 1.768 euro per i magistrali. I più «ricchi» sono gli informatici che guadagnano 2.146 euro al mese, i più poveri gli insegnanti: 1.412 euro.

 

Il Rapporto mostra anche un'altra stortura del nostro Paese. In Italia la laurea resta un titolo che si trasmette essenzialmente di padre in figlio: un laureato su tre è figlio di laureati e solo il 20% della popolazione adulta lo è. Non a caso l'Italia è il Paese in Europa con il minor tasso di laureati (peggio fa solo la Romania). Se, infatti, la media europea di giovani laureati è del 41% (quindi su 100 giovani di età compresa tra 24 e 34 anni, in Europa si laureano in 41) in Italia è il 28%. Un livello bassissimo se si pensa che paesi come Lussemburgo e Irlanda possono contare sul 63 e il 62 per cento di giovani laureati e che hanno tassi superiori al 45% (che è l'obiettivo minimo da raggiungere, secondo l'Ue, entro il 2030) Cipro, Lituania, Paesi Bassi, Belgio, Francia, Svezia, Danimarca, Spagna, Slovenia, Portogallo e Lettonia.

 

E se a livello di laureati siamo in coda a tutta Europa non va meglio con i diplomati. L'abbandono scolastico in Italia nel 2021 è il terzo più alto del Continente (l’Italia con una percentuale del 12,7% viene infatti dopo Romania (15,3%) e Spagna (13,3%) mentre la la media Ue è del 9,7%).

 

Ivano Dionigi, Presidente di AlmaLaurea, commentando i dati, ha dichiarato: “Dal Rapporto emerge un messaggio chiaro e fondamentale: laurearsi conviene. Infatti i laureati hanno sia più possibilità occupazionali sia maggiori retribuzioni economiche rispetto ai diplomati. Tra le criticità, accanto al ruolo ancora prevalente della famiglia nella scelta universitaria, si deve registrare un duplice divario, geografico e di genere: quello tra Nord/Sud (dal Mezzogiorno si emigra al Nord per iscriversi all’università e ancor più massicciamente per trovare lavoro dopo la laurea) e quello tra uomini e donne, le quali, pur essendo più performanti nel curriculum di studi, risultano svantaggiate nella retribuzione, nella carriera e nella mobilità”.

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