Regolamento d'ateneo al "femminile sovraesteso", la Commissione pari opportunità: “E' stata una decisione coraggiosa e da sostenere”
La presidente Taufer: “La cultura della parità, e dei diritti alla parità, passa in primo luogo dalla lingua e dal suo uso”
TRENTO. “La presenza delle donne nelle istituzioni e nelle professioni, sempre più frequente anche ai vertici, ha bisogno di essere nominata”, ha affermato la presidente della Commissione provinciale pari opportunità tra donna e uomo, dottoressa Paola Maria Taufer, intervenendo nel dibattito che si è creato in seguito alla decisione dell'Università di Trento di declinare al femminile l'intero regolamento d'ateneo.
“In risposta alla coraggiosa decisione dell’università di Trento di declinare al femminile il regolamento di ateneo, si è scatenato un confronto spesso aggressivo sul tema della lingua di genere, sia a livello trentino, sia nazionale”, ha esordito, ricordando come la CPO si occupi di educazione linguistica da decenni, “ben consapevole dell’importanza determinante dell’uso adeguato della lingua nelle situazioni istituzionali, in primis, e comuni”.
“La lingua fotografa la realtà e si trasforma – è una delle sue caratteristiche fondanti – e quindi si adegua alle esigenze della comunità linguistica. Le abitudini linguistiche si modificano attraverso l’uso ed ogni parlante lo fa quotidianamente. Dovrebbe far pensare che le levate di scudi arrivino solo quando si parla di uso del femminile. La presenza delle donne nelle istituzioni e nelle professioni, sempre più frequente anche ai vertici, ha bisogno di essere nominata. In tal modo l’uso diventa normalità, e la forma femminile non “suonerà più male”. Il “si è sempre fatto così” non regge, dal punto di vista della linguistica”.
“Non vale nemmeno la motivazione che il ruolo sia neutro; come tutte le parole, anche il ruolo, professionale o politico, viene declinato a seconda della persona che lo impersona”, ha aggiunto, ricordando come la lingua sia strumento di pensiero, fondamentale per strutturare la visione del mondo.
Per questo motivo, “una denominazione corretta, sotto il profilo grammaticale, è il punto di partenza per costruire una visione del mondo paritaria, in cui una donna venga nominata come assessora, sindaca, consigliera, comunicando in modo corretto la sua identità. La cultura della parità, e dei diritti alla parità, passa in primo luogo dalla lingua e dal suo uso”.