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Metaverso e lavoro: secondo uno studio dell'Università di Trento la realtà virtuale rende più collaborativi, creativi e partecipi

La ricerca dimostra come ambienti diversi hanno conseguenze diverse sulla performance lavorativa, e i risultati potranno essere utilizzati nell’ambito delle risorse umane aziendali per scegliere lo strumento di comunicazione interna più adatto a seconda dell’obiettivo da raggiungere

Di F.Os. - 10 maggio 2024 - 09:26

TRENTO. La realtà virtuale sta diventando sempre più pervasiva e immaginare di incontrare i colleghi di lavoro nel cosiddetto metaverso per una riunione, magari in un ambiente che simuli una spiaggia caraibica, semplicemente indossando un visore, potrebbe non essere più fantascienza tra qualche anno. Finzione insomma, ma anche realtà.

 

Ma quali sono gli effetti che questo tipo di contesto digitale potrebbe avere sulla mente delle persone? A porsi questa domanda, e a cercare delle risposte, è uno studio dell'Università di Trento pubblicato sulla rivista Scientific Reports che analizza l'impatto di diversi contesti di interazione, in presenza e digitali, sulle dinamiche di gruppo in ambito lavorativo.

 

L’intenzione generale della ricerca –  condotta dal docente di Psicobiologia e Psicologia fisiologica al Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive Nicola De Pisapia –  era di mettere a confronto l’impatto psicologico sugli individui di tre contesti di interazione professionale: la videoconferenza online, la riunione in presenza e quella in una realtà virtuale tridimensionale, osservando e poi misurando gli effetti di queste diverse modalità di comunicazione sulle dinamiche di gruppo, sulle prestazioni cognitive e sul benessere individuale.

 

L’indagine, alla quale ha collaborato anche Gregorio Macchi del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive, ha interessato circa sessanta persone suddivise in quattro gruppi e Terna - azienda italiana che si occupa di reti per la trasmissione di energia elettrica - ha messo a disposizione dipendenti e spazi per il suo svolgimento.

 

Nel dettaglio, ognuno dei gruppi si è riunito in una sala meeting, su una piattaforma online e in realtà virtuale e, in ciascuna di queste condizioni, ha dovuto lavorare in team per discutere possibili soluzioni di un problema, e nel frattempo un osservatore nascosto si è occupato di misurare diversi aspetti del loro modo di interagire.

 

Al termine delle riunioni, ai partecipanti sono poi stati sottoposti diversi questionari per raccogliere elementi riferiti alla capacità creativa di elaborare idee innovative, al grado di coinvolgimento nell’attività richiesta, all’eventuale stress provocato dall’uso del visore durante l’immersione nella situazione virtuale.

 

"Il quadro che è emerso non è semplice, non c’è uno strumento buono e uno cattivo – spiega Nicola De Pisapia – e tutti sappiamo che il remoto offre vantaggi ma anche svantaggi: quello che abbiamo fatto è stato cercare di quantificare e misurare questi aspetti e non lasciarli solo alle sensazioni personali".

 

Venendo alle risposte ottenute, i test hanno dimostrato che le riunioni in presenza facilitano, più delle altre modalità di lavoro, il coinvolgimento dei partecipanti che riescono così a sviluppare valide idee. Hanno però anche aspetti negativi: fanno registrare una prevalenza di emozioni negative e stress, soprattutto se nel gruppo sono presenti superiori, e si percepisce il rapporto di gerarchia. In presenza, inoltre, emerge più competitività.

 

La realtà virtuale si è rivelata invece quasi simile a quella fisica per quanto riguarda la partecipazione e la sensazione di “immersione”, con gli individui che tra di loro collaborano attivamente, come se indossare un visore ed essere nascosti dietro un avatar li facesse sentire protetti, liberi di esprimersi, maggiormente coinvolti e creativi.

 

Un aspetto negativo riportato in questo caso, al termine dell’esperimento, è però l’affaticamento della vista, con la stanchezza che è determinata dai limiti attuali della tecnologia: i visori disponibili, infatti, non sono ancora perfettamente ergonomici e agevoli ma risultano pesanti e ingombranti.

 

La videoconferenza, infine, si è rivelata un’efficace modalità di lavoro, seppur con forti limiti comunicativi: nel corso della riunione, viene spiegato, le persone si focalizzano sull’argomento da discutere, parlano senza sovrapporsi e il livello di tensioni è moderato, ma si dicono annoiate.

 

In conclusione, la ricerca dimostra come ambienti diversi hanno conseguenze altrettanto diverse sulla performance lavorativa, e i risultati potranno essere utilizzati nell’ambito delle risorse umane aziendali per scegliere lo strumento di comunicazione interna più adatto a seconda dell’obiettivo da raggiungere.

 

"La realtà virtuale può essere applicata anche ad altre situazioni, come la scuola, e l'aspettativa è che diventerà sempre più presente – specifica infine De Pisapia – ed ecco perché bisogna conoscerla bene per poterci convivere: quando i visori saranno più piccoli e leggeri tutti potremo andare nel metaverso, ma consapevoli di quello che facciamo".

 

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