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Scienza e decisioni al tempo del Covid: a Fbk parlano Merler e Vespignani. “Dalla politica spesso uno scaricabarile sugli esperti”

Nella giornata di ieri i due scienziati, fra i massimi esperti mondiali di modelli epidemiologici, sono stati i protagonisti di un incontro incentrato sull'avvicinamento che ha portato la pandemia tra scienza, politica e società. A moderare la giornalista di Dataroom del Corriere della Sera Simona Ravizza

Di F.S. - 19 gennaio 2023 - 16:33

TRENTO. Tra previsioni, modelli e avvertimenti, con l'arrivo del Covid il legame tra scienza e politica si è fatto inevitabilmente sempre più stretto, mettendo in primo piano alcuni temi che, nel corso dei mesi, si sono rivelati estremamente divisivi. Tra tutti, per l'appunto, il rapporto tra scienza e decisioni politiche volte a mitigare la diffusione del virus, anche alla luce dell'impatto sociale e sanitario delle scelte fatte o non fatte. Un rapporto ancor più complicato vista la gravità, la vastità e la complessità di uno scenario del tutto inedito: è proprio di questo che ieri (17 gennaio), Stefano Merler (direttore del Centro per le emergenze sanitarie della Fondazione Bruno Kessler) ed Alessandro Vespignani (docente di Fisica alla Northeastern University e direttore fondatore del Northeastern network science institute of Boston) hanno parlato a Trento, in un incontro nella sede di Fbk in via Santa Croce. A moderare la giornalista di Dataroom del Corriere della Sera Simona Ravizza.

 

 

Dopo un primo breve passaggio sulla situazione attuale in Cina (nonostante l'alto numero di infezioni giornaliere, ha spiegato Vespignani, la situazione epidemiologica non ha visto un grande cambiamento visto che, come ribadito da Merler, in Cina non stanno circolando varianti nuove) la discussione è entrata subito nel vivo, con la moderatrice a chiedere quale possa essere 'l'equilibrio' tra scienza e politica nel prendere le decisioni. “Gli scienziati devono essere a portata di mano della politica ma non sopra la mano della politica – ha risposto con una citazione Vespignani – la scienza deve essere ascoltata, vista, ragionata, poi però bisogna tener conto dell'economia, del tessuto sociale di un paese, di ciò che realmente si può fare sulla base delle risorse disponibili”. Il punto però è che ad entrare in gioco ad un certo punto sono scelte valoriali: “Decidere per esempio – ha continuato l'esperto – di voler proteggere l'economia a scapito di un certo numero di decessi in determinate fasce d'età”.

 

Spesso però, ha sottolineato Vespignani: “Quando la politica ha detto 'noi seguiamo la scienza' si è trattato di un brutto scaricabarile. Noi non davamo indicazioni, fornivamo dei dati, delle mappe di ragionamento. Poi le scelte sono sempre politiche. Proprio dalla classe politica ci sarebbe dovuta essere un'assunzione di responsabilità ed una spiegazione di quelle scelte: sarebbe stato più onesto, ma avrebbe avuto un costo politico”. Merler ha poi fatto un salto indietro al febbraio 2020, all'inizio della pandemia, parlando di come il 'mood' generale della popolazione ("tra chi parlava di 'influenzetta' e chi sottolineava che 'solo il 5% degli infetti sviluppa forme gravi'") possa influenzare chi poi deve prendere le decisioni: “Nell'approccio dei (pochi) con cui ho avuto a che fare personalmente non ho visto una grande sottovalutazione del problema. Anche loro, però, non avevano noi come soli referenti”.

 

“Il dialogo tra scienza e decisioni finali – ha ribadito Vespignani – ha una cinghia di trasmissione complessa. Noi ci siamo trovati nella parte finale di questa catena: ricordo che le autorità con cui avevo parlato mi dissero che era difficile prendere decisioni di questo tipo sulla base di equazioni matematiche. Noi stavamo presentando solo analisi e numeri dicendo 'nel giro di due settimane si scatenerà un disastro', mentre i politici sono più abituati ad altri tipi di calamità: terremoti, emergenze meteorologiche. Parlando degli Stati Uniti, direi che non c'era incredulità ma piuttosto mancanza di consuetudine nell'avere un dialogo di questo tipo”. Riesaminando la gestione della pandemia nel nostro Paese invece, Merler ha poi sottolineato come “la fase nella quale abbiamo fatto peggio” sia stata l'ondata autunnale nel 2020: “Si pensava che certi meccanismi di ragionamento sulla gestione dell'epidemia fossero stati metabolizzati – ha detto –. Era stato messo in piedi un sistema in grado di limitare i danni di un'ondata autunnale, ma nella polemica tra amministratori locali e governo centrale su chi dovesse fare cosa, siamo arrivano a novembre avendo fatto, in generale, complessivamente poco. Se in precedenza avevamo perso qualche settimana, in questa situazione abbiamo perso dei mesi: il sistema di monitoraggio aveva dato i primi alert di una trasmissione incontrollata dell'epidemia a fine agosto, per due mesi però non si è voluto intervenire con un'epidemia chiaramente in crescita”.

 

In ogni caso, continua l'esperto di Fbk, la politica avrebbe dovuto fornire degli obiettivi chiari alla scienza: “Ci hanno chiesto se fosse necessario chiudere o ancora usare le mascherine. Prima però bisogna capire qual è l'obiettivo: si vuole abbassare la curva? Eliminare il virus? Proteggere gli anziani? Però non è mai andata così, forse solo nelle prime fasi. Ha senso parlare di possibili interventi solo avendo ben chiaro l'obiettivo che si vuole raggiungere”. In generale comunque, il ripetersi di ondate e alert ignorati è statoscardinato”, ha detto Vespignani, dall'arrivo dei vaccini: “Anche in questo contesto però ci sono stati tanti errori di comunicazione, come successo più avanti con l'arrivo di Omicron. Un 'quadro' della nuova variante era stato fornito in anticipo, è stata una delle più facili da proiettare nel futuro: sapevamo che ci sarebbero stati moltissimi casi e una pressione forte sugli ospedali. Anche in quel caso sarebbe stato necessario spiegare le scelte prese ai cittadini: vista la presenza dei vaccini infatti è stato deciso di andare fino al limite della sopportazione ospedaliera visto che il tessuto sociale non sarebbe stato in grado di accettare nuove limitazioni. La comunicazione andava istituzionalizzata, con una presa di responsabilità chiara di politici e decisori”.

 

Con l'arrivo dei vaccini però, dal punto di vista comunicativo “c'è stato uno sfaldamento generale – ha sottolineato Vespignani –. Tra 'vax' e 'no-vax' il nemico ha in qualche modo smesso di essere il virus”. La discussione si è poi spostata proprio sull'importanza della comunicazione di come i cittadini, ha sottolineato Ravizzi, siano stati sostanzialmente esposti a esperti che offrivano punti di vista molto diversi: “Quelli che andavano in televisione però – ha ricordato Vespignani – erano poche voci con enorme risonanza, ma non erano certo la comunità scientifica. Personalmente credo ci sia stato una sorta di 'inebriamento': in molti casi sarebbe stato meglio rispondere 'non lo so' oppure 'non è il mio campo'. Gli scienziati però sono persone e credo che alcuni si siano fatti prendere la mano”. Dello stesso avviso anche Merler: “Se analizziamo Nature, Lancet e le altre pubblicazioni, vediamo che la comunità scientifica è stata molto compatta lungo tutti gli anni della pandemia. Lavori sull'inefficacia del vaccino per quanto riguarda la prevenzione da malattia grave e morte non ce ne sono. Quelli che hanno preso posizioni diverse, tutto sommato, sono veramente pochi, anche se i media gli hanno dato molto spazio”.

 

Guardando al futuro, ha detto in conclusione Vespignani: “La discussione tra scienza e politica è un tema molto ampio. In questa fase ci troviamo davanti alla crisi climatica, alle diseguaglianze, alla mancanza di risorse: senza un approccio scientifico ed una sana cinghia di trasmissione per arrivare ai decisori e al mondo della politica rischiamo di generare i nostri stessi disastri”. Merler ha poi parlato della necessità di effettuare un investimento per diffondere il più possibile la cultura scientifica nella popolazione: “Con una società con forte cultura scientifica si influisce anche sui comportamenti della politica”. In chiusura, rispondendo ad una domanda del pubblico, l'esperto di Fbk ha messo in evidenza anche l'importanza della medicina territoriale, sottolineando però che in ogni caso la risposta ad un'emergenza come l'arrivo del Covid sarebbe dovuta essere di carattere globale.

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