Neve sempre più in calo in 40 anni: a Bolzano diminuita del 75% a Trento del 46%. Lo studio Eurac: ''La correlazione con il riscaldamento del clima è evidente''
Lo studio raccoglie 40 anni di dati storici relativi alle precipitazioni nevose, messi a disposizione dalle Province di Trento e Bolzano e dal lavoro dell'associazione Meteo Trentino Alto Adige, interpretati in relazione alle fasce di quota e altri parametri climatici. Il risultato? I trend delle nevicate dal 1980 al 2020 sono diffusamente negativi, con picchi che raggiungono il -75%
BOLZANO. Un nuovo studio di Eurac research, in collaborazione con l'Università di Trento, raccoglie 40 anni di dati storici relativi alle precipitazioni nevose, messi a disposizione dalle Province di Trento e Bolzano e dal lavoro dell'associazione Meteo Trentino Alto Adige, interpretati in relazione alle fasce di quota e altri parametri climatici. Il risultato? I trend delle nevicate dal 1980 al 2020 sono diffusamente negativi, in tutta la regione, con picchi che raggiungono il -75%.
La ricerca è stata recentemente pubblicata sull'International Journal of Climatology e si rifà a dati storici raccolti a partire dal 1980. La diminuzione della neve fresca accumulata per stagione, cioè la somma dei centimetri di neve che cadono tra ottobre e aprile, è un fatto ormai sotto gli occhi di tutti, quantomeno in città, tanto che le rare nevicate occupano spesso le prime pagine dei giornali. In particolare, a Bolzano si parla di una diminuzione, avvenuta tra il 1980 e il 2020, del 75% mentre a Trento del -46%.
Ciononostante, a preoccupare i ricercatori sono i numeri negativi di altre località: "A San Candido le nevicate sono diminuite del 26%, a Andalo del 21% e a Rabbi del 29% - raccontano Giacomo Bertoldi e Michele Bozzoli, idrologi di Eurac research -. L’impatto visivo è meno forte perché parliamo di posti dove l’accumulo medio di neve fresca rimane comunque sopra il metro, ma queste diminuzioni hanno conseguenze gravi per le falde acquifere, la disponibilità di acqua e dunque tutte le attività umane che ne hanno bisogno", sottolineano.
Dati che i ricercatori riconducono in generale all'aumento delle temperature dovuto al cambiamento climatico: "L’aumento medio della temperatura nelle 18 stazioni che abbiamo selezionato è di 1,54 gradi. Per il caldo le precipitazioni rimangono perlopiù sottoforma liquida, soprattutto alle quote più basse, perché non c’è abbastanza freddo per trasformarsi in neve", proseguono Bertoldi e Bozzoli.
Il bilancio totale delle precipitazioni stagionali, in 40 anni, non è negativo: "Ovunque sono aumentate, ma per lo più sottoforma di pioggia, e questo aspetto è solo parzialmente rassicurante - fanno notare -. Infatti, anche se statisticamente non sembrano aumentare gli inverni secchi come questo o il precedente – e questo è indispensabile per avere abbastanza acqua – il passaggio da neve a pioggia ha conseguenze negative non solo per le attività sciistiche".
"La neve è fondamentale perché protegge i ghiacciai e il terreno ostacolando l’evaporazione e, sciogliendosi lentamente in primavera, ricostituisce gradualmente le riserve di acqua. Senza neve il rischio siccità è maggiore".
I pochi casi di trend positivi delle nevicate sono stati registrate a quote attorno o superiori ai 2mila metri, da ricondurre al fatto che, nonostante un aumento della temperatura, "è ancora sufficientemente freddo perché le precipitazioni avvengano sottoforma di neve. Per esempio, anche se ai passi Rolle e Tonale le temperature sono cresciute in media rispettivamente di circa 1,5 e 2,3 gradi, l’aumento delle precipitazioni ha portato a un aumento dell’accumulo di neve fresca rispettivamente del 16 e 17%", concludono gli esperti.