Mobbing sul lavoro, "Le più colpite sono le donne al rientro dalla maternità". I consiglieri di parità: "In Trentino il 25% dei lavoratori ritiene di esserne stato vittima"
L'incontro "Mobbing sul posto di lavoro" è stato organizzato in collaborazione con le Commisioni pari opportunità di Trento e Bolzano. Taufer: "La marginalizzazione progressiva è una delle cose più segnalate agli sportelli sindacali". Fraccaroli: "I luoghi di lavoro dove più si manifesta? Dove c'è un clima non etico"
TRENTO. "Il fenomeno del mobbing non è neutro al genere: non è distribuito equamente tra donne e uomini, ma colpisce maggiormente le donne, in particolare in alcune situazioni come il rientro dalla maternità". E' questo ciò che riporta la prorettrice per le politiche di equità e diversità, Barbara Poggio all'incontro "Mobbing sul posto di lavoro", organizzato grazie al lavoro congiunto del consigliere di parità della Provincia di Trento Matteo Borzaga e all'omologa consigliera di Bolzano Michela Morandini e le Commissioni pari opportunità delle due province.
Piena la sala a Palazzo Geremia per comprendere un tema su cui ancora manca consapevolezza. Con l'appuntamento di ieri a Trento, che ha fatto seguito al convegno del 29 settembre a Palazzo Widmann a Bolzano, si è concluso il ciclo di incontri, entrambi molto partecipati con la presenza di quasi 350 tra lavoratori e lavoratrici, datori e datrici di lavoro, rappresentanti sindacali e persone interessate.
"E' di grande importanza affrontare questo tema - dichiara la presidente della Cpo di Trento, Paola Taufer - a partire dalla produttività della aziende: dove non ci sono ingiustizie si lavora e si produce meglio e si crea benessere tra tutte le persone. Le donne sono statisticamente i soggetti più a rischio di mobbing e marginalizzazione, soprattutto a seguito di matrimonio, di rientro della maternità o in quanto care giver. Spesso sono prese di mira anche a seguito di rifiuto di avance. La marginalizzazione progressiva è una delle cose più segnalate agli sportelli sindacali".
Aggiunge la vicepresidente della Cpo di Bolzano, Donatella Califano: "Il mobbing è un fenomeno trasversale ma sono le donne che vanno incontro a scogli più grandi. La causa principale è il pregiudizio nei loro confronti. Bisogna scardinare delle impostazioni culturali come pensare che le donne siano meno produttive e che la maternità sia quasi una colpa".
La definizione di mobbing
Cosa si intende per mobbing? "Le azioni di attacco, offesa, esclusione di qualcuno che intaccano progressivamente i suoi compiti lavorativi normali - fornisce una definizione il relatore Franco Fraccaroli, professore dell'Università di Trento sulla base di ricerche e studi - la presenza di tale interazione conflittuale anomala fatta in modo ripetuto e regolare per un certo periodo di tempo e la presenza di un’asimmetria di posizione per cui la vittima, come bersaglio degli atti negativi, ha in genere una posizione sociale inferiore".
Esempi concreti di mobbing sul posto di lavoro possono essere episodi per cui i vertici non danno possibilità di comunicare, il lavoratore viene zittito, attacchi, minacce verbali o i colleghi non comunicano più con il lavoratore, che di conseguenza inizia a essere isolato o gli vengono assegnati compiti insignificanti o pericolosi, riporta Fraccaroli.
Nonostante il fenomeno del mobbing sia ampio e comprenda diverse sfaccettature, ci sono degli elementi che possono distinguere ciò che è mobbing da ciò che è un conflitto interpersonale sul posto di lavoro: "La frequenza, la presenza di comportamenti sociali negativi - prosegue Fraccaroli - quindi un conflitto manifesto e non solo percepito, lo sbilanciamento di potere e il processo di lunga durata, quindi la persistenza e incremento dei conflitti e la percezione di intendi dolosi e dannosi da parte della vittima".
Non si tratta perciò di mobbing, come riporta il Consiglio di Stato, "negli screzi o conflitti interpersonali nell'ambiente di lavoro che non siano caratterizzati da volontà persecutoria. Non si ha mobbing negli episodi collegati a fenomeni di rivalità, ambizione o antipatie reciproche (che pure sono frequenti nel mondo del lavoro)".
I dati
Come premesso dai relatori, difficile è una raccolta di dati sul mobbing, proprio "per la percezione che le persone hanno di questo fenomeno - sostiene Fraccaroli - ad esempio quando parlano di altri o quando parlano di se stessi i numeri cambiano notevolmente, così come quando se ne parla al presente o al passato".
Secondo i dati raccolti da Eurofound nel 2012 il 14% dei lavoratori europei è stato vittima di comportamenti vessatori. Differenze tra settori: dei trasporti (20%) educativo e sanitario (23%). L’Italia è tra i Paesi con i livelli più bassi, con l’8% dei lavoratori che si dichiara vessato. Secondo l'Istati nel 2010 in Italia a subire di più sono le donne e la fascia di età più colpita risulta essere quella compresa tra i 25-44 anni.
"I luoghi di lavoro dove più si manifesta? Dove non c'è un clima etico - sostiene il relatore - in cui i principi morali e le regole individualiste dominano su quelle collettive".
In Trentino secondo un'indagine interna, soltanto il 9% degli intervistati "lo sta vivendo adesso o l'ha vissuto nell'ultimo anno", mentre il 91% risponde di no. Differente è ciò che emerge per la stessa domanda rivolta al passato: in questo caso risponde in modo affermativo il 24.9% degli intervistati, mentre no il 75.1%.
Uno sguardo sul genere
A essere maggiormente colpite da questo fenomeno sono le donne a partire dal fatto che "i contesti di lavoro sono tuttora attraversati da significative asimmetrie tra uomini e donne - conferma Poggio - tra cui in particolare: segregazione orizzontale e stereotipi rispetto ai ruoli; segregazione verticale e scarsa valorizzazione delle capacità/competenze delle donne; differenziali salariali; criticità legate alla diversa suddivisione dei carichi di cura. La presenza di questi squilibri rappresenta un terreno fertile per il verificarsi di fenomeni di discriminazione, molestie e mobbing, che a loro volta contribuiscono alla riproduzione degli squilibri".
Il fenomeno del mobbing non è neutro rispetto al genere: "Non viene praticato nello stesso modo da donne e uomini e non si manifesta con le stesse caratteristiche. Alcune forme di mobbing si sovrappongono alla violenza di genere e non è percepito nello stesso modo e non produce le stesse conseguenze".
Quali sarebbero le condizioni che facilitano il verificarsi di mobbing di genere? "Contesti socio-culturali non gender friendly, le culture organizzative di genere tradizionali, organizzazioni a dominanza maschile o fortemente gerarchiche e asimmetriche. Un atteggiamento permissivo e tollerante da parte dei vertici (per esempio pratiche di nonnismo accettate), organizzazioni non paritarie e inclusive o situazioni di vulnerabilità e precarietà occupazionale".
Uno dei modi per contrastare il fenomeno può essere sicuramente, sviluppare politiche antimobbing e piani di azione e riprogettazione dell’ambiente di lavoro dal punto di vista organizzativo e psicosociale, ma anche formazione e politiche per promuovere e sostenere la conciliazione vita-lavoro.
Le normative in regione
In materia di mobbing la Provincia Autonoma di Trento si è dotata, nel 2013, di una specifica legge (numero 2), spiega il consigliere Borzaga: "Tale provvedimento ha l’obiettivo di prevenire e contrastare il fenomeno, promuovendo al contempo il benessere organizzativo, attraverso una serie di strumenti che esso stesso prevede: l’istituzione di un coordinamento antimobbing (monitoraggio, formulazione di proposte, promozione di studi e di iniziative di sensibilizzazione); interventi di prima informazione e assistenza; interventi di formazione e aggiornamento; interventi della Pat nell’ambito lavorativo pubblico".
Per quanto riguarda la Provincia di Bolzano con la legge provinciale 21 giugno 2021, numero 4 "Prevenzione e gestione del mobbing, dello straining e della violenza sul posto di lavoro", spiega la consigliera Morandini, viene inserito un servizio antimobbing per offrire dalla consulenza, informazione e mediazione per lavoratrici e lavoratori così come per datori/datrici di lavoro in tutto il territorio al monitoraggio della situazione attraverso una raccolta dati dell'amministrazione provinciale e dall'Istituto provinciale di statistica.