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PODCAST. "Si sono persi alcuni valori in montagna e forse è anche colpa nostra: serve un dietrofront", Sara Avoscan: "L'arrampicata mi fa sentire più viva e accesa"

Falcadina classe 1989, pratica l'arrampicata fin da piccola. Risalgono a parecchi anni fa i primi risultati nelle gare di arrampicata sportiva e nel 2007 è campionessa veneta e terza al campionato italiano. Nel 2010 vince la coppa Italia. Laureata in Scienze della formazione, Sara Avoscan è ospite di "Da Quassù", il podcast de il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni

Pubblicato il - 29 settembre 2024 - 21:00

TRENTO. "Le passioni non sono produttive, ma mi permettono di staccare e di ricaricare le batterie che mi rendono più produttiva". Queste le parole di Sara Avoscan. "L'arrampicata mi fa sentire più viva e accesa: le passioni, i sogni e lo sport sono energia per vivere".

 

Falcadina classe 1989, pratica l'arrampicata fin da piccola. Risalgono a parecchi anni fa i primi risultati nelle gare di arrampicata sportiva e nel 2007 è campionessa veneta e terza al campionato italiano. Nel 2010 vince la coppa Italia. Laureata in Scienze della formazione, Sara Avoscan è ospite di "Da Quassù", il podcast de il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni.

 

"L'arrampicata è una ribellione", dice Avoscan. "Un modo per dire 'No' agli impegni appioppati addosso dalla società e per ritagliare spazio per me. Uscire dal frastuono e dalla frenesia della vita, rallentare per vivere in modo sereno".

 

Non sempre però è semplice. "Ho sperimentato il grande peso che ricopre la testa, che il pilota del nostro fisico", prosegue Avoscan. "Se non funziona ma non possiamo esprimerci al massimo. E' importante essere sereni, ma la formula è diversa per ciascuno e spesso ci si perde alla ricerca della felicità. Per me è un equilibrio e la capacità di coltivare il lavoro, gli affetti e le passioni. L'arrampicata è una crescita personale che ti mette davanti ai problemi e alla necessità di essere propositivi per trovare le soluzioni".

 

Ci sono periodi "in cui sono più turbata. Altri in cui riesco a gestire meglio le preoccupazioni. E' più facile seguire un allenamento rigoroso e avere un mental coach ma non puoi programmare la testa. Poi con l'esperienza, gli errori e le disavventure si impara a gestire tutto nel miglior modo possibile. Non è facile liberare la mente ma non dobbiamo mai essere troppo severi con noi stessi. Nell'arrampicata, per esempio, ho imparato a concentrarmi sul movimento e sulle respirazioni, ma soprattutto a insultarmi meno: i pensieri non devono interferire troppo".

 

La morte in quota resta un argomento tabù. Lei e Omar Genuin sono due alpinisti molto forti e oggi hanno una figlia. "C'è il desiderio di andare in montagna ma adesso è presto perché ha 9 mesi. Però ci sono tante domande: avrò più paura? Mi sentirò in colpa? A oggi non ho preso rischi, la sicurezza è sempre stata fondamentale e presto molta attenzione nei confronti della mia paura, che è una sentinella. Poi gli incidenti capitano in parete, andando a funghi oppure in auto. Non conosciamo il destino, dobbiamo essere responsabili, poi non c'è la sfera magica".

 

La vita in montagna, "non è facile: ci sono meno servizi e tutto è più distante ma è un vivere a contatto con la natura". L'arrampicata e l'outdoor ha avuto un boom, talvolta sembra una sala fitness con pareti occupate per ore. "E' vero e si sono persi alcuni valori. Forse la colpa è di tutti noi perché si pensa a promuovere l'aspetto fisico e prestazionale invece dell'amore verso la disciplina e l'ambiente che ci circonda. Serve un dietrofront e spero di insegnare questo rispetto a mia figlia", conclude Avoscan.

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