PODCAST. "L'arrampicata è un modo per relazionarsi con il mondo", l'alpinista Jacopo Larcher: "Le Dolomiti non si battono ma El Cap è il mio parco giochi"
E' tra gli atleti più forti e versatili del panorama internazionale, l'alpinista altoatesino Jacopo Larcher è ospite della puntata di "Da Quassù", il podcast de Il Dolomiti realizzato dalla giornalista Marta Manzoni
TRENTO. "L'arrampicata è il mio modo per viaggiare, condividere, realizzare degli obiettivi, crescere e maturare, poi ognuno ha la sua motivazione". Queste le parole di Jacopo Larcher. "Molto dipende dall'importanza che viene data a praticare questo sport che per me è un mezzo per relazionarmi con il mondo".
E' tra gli atleti più forti e versatili del panorama internazionale. La sua carriera di alpinista mostra una continua evoluzione. Fin da giovane, dopo le prime sperimentazioni sui muri artificiali, ha iniziato a gareggiare in competizioni che confermano le sue spiccate doti di atleta a livello italiano ed europeo.
L'alpinista altoatesino Jacopo Larcher, autore del libro "L'impossibile è un po' più su", è ospite della puntata di "Da Quassù", il podcast de Il Dolomiti realizzato dalla giornalista Marta Manzoni.
"Il cambiamento è l'unica costante nella mia vita", dice Larcher. "Una grandissima opportunità per crescere e maturare come persona, ma anche per mantenere alta la motivazione. Mi piace variare tra le discipline, ho sempre bisogno di piccoli e grandi cambiamenti. Non sempre è facile uscire dalla comfort zone perché spesso ci focalizziamo solo su una cosa, in cui riusciamo bene, e così evitiamo di buttarci in qualcosa di nuovo, che può essere importante nella vita".
Nel 2006 ha cominciato a esplorare la natura e il mondo al di fuori delle palestre, scoprendo l'arrampicata in falesia e ripetendo vie difficili fino al 9a. Poi ha continuato a ripetere e aprire vie molto difficili, fino a quando la sua scalata ha subìto un grande cambiamento, che gli ha permesso di vedere il mondo in modo più completo.
Negli ultimi anni ha viaggiato molto per l'arrampicata, passando sempre più tempo su big wall e vie trad. Insieme a Barbara Zangerl è riuscito a ripetere diverse vie su El Cap (Yosemite). "Un posto dove sono state scritte pagine della storia dell'arrampicata. Un posto fantastico e incantevole con un potenziale infinito di nuove vie: si è trasformato in un parco giochi perfetto. E' diventata la nostra scuola: qui accumuliamo l'esperienza per migliorare sempre di più e ritorniamo spesso per affrontare nuove sfide".
La differenza con le Dolomiti? "Dal punto di vista paesaggistico sono veramente difficili da battere: un vero e proprio paradiso. Dal punto di vista dell'arrampicata naturalmente è tutto diverso a partire dalla logistica e dalle tecniche per fissare i sacconi e dormire in parete. A Yosemite la scalata è più complessa ma è più sicura".
Nel 2019, dopo tanti anni di sforzi, ha finalmente effettuato la prima salita di “Tribe”, un vecchio progetto a Cadarese (Verbano-Cusio-Ossola), che ora è la sua via (trad) più difficile fino a oggi. "Mi aveva colpito la linea e all'inizio mi è sembrata una cosa utopica. Poi ho viaggiato molto e acquisito quell'esperienza per affrontare la via in modo più completo. E' stato un sogno che simboleggia un po' la mia evoluzione come arrampicatore in generale".
I sogni nel cassetto? "Avere il coraggio di seguire le mie passioni fino in età avanzata e di restare attivo, anche se non sarà facile accettare il decadimento fisico. La performance ha comunque perso un po' di valore negli anni e preferisco concentrami maggiormente sull'esperienza. Poi quello di riuscire a far combaciare la pratica di pilota di parapendio con l'arrampicata", conclude Larcher.