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PODCAST. "La macchina fotografica era un peso inutile, oggi è la prima cosa nello zaino", Manolo: "Sommersi di informazioni ma l'esperienza non si compra su Amazon"

Meglio conosciuto come Manolo, Maurizio Zanolla è un arrampicatore, alpinista e guida alpina. Nel 1986 è stato il primo italiano a salire una via d'arrampicata di difficoltà 8b con la via Ultimo Movimento in Totoga sulle Pale di San Martino. Tra i pionieri dell'arrampicata libera in Italia e tra i volti più conosciuti di questo sport è ospite di Da Quassù il podcast de il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni

Pubblicato il - 09 giugno 2024 - 20:27

TRENTO. "Oggi si enfatizza troppo il raggiungimento delle vette, si racconta la conquista ma gli alpinisti non sono un popolo eletto e spesso riportano le miserie". A dirlo è Manolo. "Se potessi vorrei essere Roger Federer per 10 giorni durante Wimbledon".

 

Meglio conosciuto come Manolo, Maurizio Zanolla è un arrampicatore, alpinista e guida alpina. Nel 1986 è stato il primo italiano a salire una via d'arrampicata di difficoltà 8b con la via Ultimo Movimento in Totoga sulle Pale di San Martino. Tra i pionieri dell'arrampicata libera in Italia e tra i volti più conosciuti di questo sport è ospite di Da Quassù il podcast de il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni.

 

"La montagna mi ha salvato la vita, ma non credo che siano ambienti più difficili e pericolosi di altri. Per me rappresenta la libertà di scelta e di poter andare dove volevo, prima che decidessero gli altri. Mi ha dato la possibilità di seguire una passione che mi ha portato a superare difficoltà non immaginabili. Soprattutto mi ha insegnato a rispettare la vita. Mi ha denudato, mi ha svuotato e mi ha riempito la vita. E' una vita senza frenesia che mi ha insegnato a superare e accettare i limiti, ma anche a rialzarmi e migliorarmi: mi ha fatto capire le cose essenziali. Forse anche a cercare quell'amicizia che non diventa un'alleanza oppure una semplice analisi di costi e benefici. Non è facile trovare una passione o qualcosa che ci piace, un motore per superare gli ostacoli".

 

L'arrampicata è spesso protagonista sui social network. Questa disciplina è diventata meno intima? "In parte credo che sia così, specchio di un mondo che cambia", aggiunge Manolo. "Sono cresciuto in un mondo diverso, le previsioni meteo erano soprattutto la capacità di interpretare il cielo, per esempio. La macchina fotografica era considerata un peso inutile e veniva tolta dallo zaino, oggi è la prima cosa che ci si porta. I telefoni erano cabine, non avevo nemmeno la radio sull'Himalaya. Non esistevano le tracce Gps e non esisteva forse il ricatto morale di voler essere da soli in quei luoghi. Ma i tempi cambiano e non posso giudicare se nel bene o nel male".

 

C'è ancora spazio per l'esplorazione? Per l'immaginazione e per la fantasia? "Percorrere le tracce altrui è una forma di rispetto e riconoscenza. Imparare a riconoscere le tracce altrui con rispetto è imparare a conoscere e riconoscere. Le tracce sono una forma di cultura che qualcuno lascia agli altri. Non ho scalato solo per arrivare in cima. Ciò che rimane è ciò che abbiamo lasciato, dobbiamo forse imparare a rinunciare a qualcosa. Poi sarà la storia a raccontare il resto perché passa in mezzo a ciò che resta. La montagna spero che rimanga un luogo libero, in cui assumersi la responsabilità di quello che facciamo nella consapevolezza di rispettare le sue eterni leggi, se vogliamo ritornare lì".

 

Ha rivoluzionato l'arrampicata ma vive la sua passione in maniera personale, filosofica e romantica. "Non credo di aver lasciato tracce ma di aver contribuito in modo importante allo sviluppo dell'arrampicata", evidenzia Manolo. "Ho iniziato presto, insieme a tanti altri, a sviluppare un modo di scalare diverso: spettatore e protagonista di questo cambiamento. Più che le difficoltà, che ci sono per tutti, credo che sia importante aver lasciato un esempio per migliorarsi. Nella scalata ho avuto la possibilità di provare i miei limiti e di rendermi conto di quanti ne avevo: non ho cercato scuse ma soluzioni perché la tenacia diverte".

 

L'arrampicata "si è evoluta: tutte le cose cambiano e dobbiamo accettarlo. Cerco di non avere nostalgia, ho vissuto un mondo diverso. Ho iniziato negli Settanta quando non esistevano l'arrampicata libera e quella sportiva. Un mondo lontanissimo che lentamente si è trasformato. Sono arrivate nuove generazioni e nuovi modi di pensare: l'arrampicata è diventata anche libera, poi sportiva e ludica, fino a mettersi un numero sulle schiena e diventare competitiva. Si è passati dalle condizioni naturali a quelle di plastica. Ora è alle Olimpiadi. Non avrei mai pensato che potesse cambiare così tanto. Ma direi giustamente. Oggi è frequentata e praticata da tantissime persone, questo è positivo".

 

La montagna e l'alpinismo "non sono per persone egoistiche. Ho scalato spesso slegato e mi piaceva muovermi più leggero e in armonia.  Mi piaceva essere solo in quei grandi spazi, ma con controllo. In parete però può succedere qualsiasi cosa. Ho cercato sempre di sviluppare un mio stile critico, un po' in sofferenza alla confusione e ai luoghi frequentati: non ho bisogno di grandi compagnie per scalare, preferiscono immergermi nell'ambiente. Non mi sento ancora in grado di consigliare qualcosa. Ho perso molti amici in montagna ma erano dove avevano scelto di essere a differenza di altri. La montagna è un ambiente severo, può succedere qualcosa a chiunque in qualsiasi momento. Ho sempre cercato di essere il più preparato possibile e pronto a rinunciare ma ho avuto soprattutto molta fortuna. Ho cercato di privilegiare la responsabilità sul protagonismo con la percezione di essere piccolo e di avere timore in quei luoghi. Questo mi ha permesso di rientrare anche quando ho superato la linea del non ritorno perché alcune volte si va avanti, forse in modo anche stupido. Oggi siamo sommersi dalle informazioni, che possono aiutare ma l'esperienza non si può acquistare su Amazon". 

 

Nel 2006, a 48 anni, sale il suo primo 9a, Bain de Sang nella falesia svizzera di Saint-Loup, via di Fred Nicole del 1993. Nel 2008, a 50 anni, sempre a Saint-Loup sale Bimbaluna, via di 9a+ di François Nicole del 2004. Oggi Manolo ha 66 anni "ma non sono Highlander o Superman. A un certo punto ho ripreso a scalare a un livello alto. Ho continuato a farlo finché non mi sono sentito ridicolo. E lentamente quegli appigli sono scomparsi. L'ho accettato perché nella vita ho subito degli infortuni, questo di fa capire quando rialzarsi, i limiti raggiunti e gli obiettivi da cambiare. Non mi manca scalare e guardo le montagne in modo diverso. Sono ancora catturato dalla loro presenza ma devo rispettare il corpo: ho ancora qualche piccolo sogno ma la vita è fatta di tante cose".

 

Ha anche pubblicato alcuni libri. "Non è stato facile affrontare quella enorme pagina bianca, quel vuoto paragonabile a un estenuante strapiombo. Poi ho pensato a quelle piccole cose che ripensandoci mi hanno fatto continuare, quella di avere il tempo di riflettere, di rivedere e di capire che spostando le parole riesci a raccontare quello che vuoi dire per cercare di raccontare le emozioni, le cose più semplici", conclude Manolo.

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