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Ungheria, donne obbligate ad ascoltare il battito del feto prima di abortire. La psicoterapeuta di Aied: "Violenza psicologica per colpevolizzarle"

Soltanto pochi giorni fa in Ungheria è passato il decreto per cui i medici dovranno rendere nota la prova "chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto". Fregona: "Si usa una leva emotiva, spostando il focus dalla donna a quella del possibile nascituro. È una forma di manipolazione e un gesto coercitivo, un modo per imprimere una scelta"

Di Francesca Cristoforetti - 18 settembre 2022 - 15:10

TRENTO. "A quale scopo vincolo la possibilità di abortire all’ascolto del battito cardiaco fetale? Forse per mettere in dubbio la scelta della donna, per agire sul senso di colpa, per 'aiutarla' a proseguire la gravidanza?". Così parla Roberta Fregona, psicoterapeuta del consultorio laico Aied di Bolzano, commentando la stretta del primo ministro ungherese Viktor Orbán sull'interruzione volontaria di gravidanza: in Ungheria da adesso prima di abortire le donne dovranno ascoltare il battito del loro feto.

 

"Tutti i comportamenti che rimandano al controllo del corpo della donna - prosegue Fregona - della sua libertà di scegliere e della sua capacità di rendere operativa la scelta, e che fanno leva sul dubbio (sai veramente cosa vuoi?) e instillano senso di colpa e paura (te ne pentirai, che persona sei) rientrano ampiamente nella definizione di violenza psicologica".

 

Soltanto pochi giorni fa in Ungheria è passato il decreto su proposta del partito di estrema destra Mi Hazank, entrato in vigore a partire dal 15 settembre, per cui i medici dovranno rendere nota la prova "chiaramente identificabile delle funzioni vitali del feto". "Ci saranno almeno alcuni secondi - dichiara la deputata del partito Dora Duro in un post su Facebook - in cui un feto potrà comunicare con la madre che ascolterà il suo battito cardiaco prima che venga praticato un aborto".

 

"In questo caso si usa una leva emotiva, spostando il focus dalla donna e dalla sua volontà a quella del possibile nascituro - sostiene Fregona - la vita della donna viene così messa in secondo piano. È un gesto coercitivo e manipolatorio, una forma di violenza psicologica proprio perché è un modo per imprimere una scelta. Il battito è un modo in più per colpevolizzare".

 

La psicoterapeuta ricorda che l'articolo 1 della legge 194/1978 della nostra legislazione recita che "lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile": "Questo significa - conclude la psicoterapeuta - garantire alla donna di esprimere una scelta cosciente e responsabile. Cosciente significa consapevole, in cui io sono io, responsabile significa abile a rispondere, cioè una scelta che sono in grado di prendere e sostenere. Questo è il campo di azione, scegliere di procreare è un atto cosciente e responsabile, così come scegliere di abortire. Se non sono io a scegliere, non lo è".

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