Controffensiva dell'Ucraina, il generale italiano: ''Operazione da manuale: grande salto di qualità'' e intanto le sanzioni piegano la Russia
Quanto accaduto in queste ore con la controffensiva militare ucraina rende più chiara la mossa da tutto per tutto giocata da Putin negli scorsi giorni con la chiusura di Nord Stream: un all-in da giocatore di poker messo all'angolo dalle politiche occidentali. E se in Italia c'è ancora chi continua a ripetere che le sanzioni non servono l'analisi della Yale School of Management smentisce tutto con i dati
CHARKIV. La bandiera ucraina sventola di nuovo su decine di villaggi e cittadine ucraine fino a pochi giorni fa invase dai russi e ora si comprende meglio il tutto per tutto giocato da Putin nelle ultime settimane con la sospensione totale del gas all'Europa attraverso Nord Stream. Fortunatamente l'Ue ha retto anche alla propaganda interna portata avanti da leader locali, come Matteo Salvini in Italia che immediatamente hanno messo in discussione il sistema di sanzioni attuato contro la Russia chiedendo di ridiscuterlo (a Fano a inizio settembre aveva detto chiaramente che “molti imprenditori mi stanno chiedendo di rivedere le sanzioni alla Russia, perché è l’unico caso al mondo in cui le sanzioni, volute per fermare la guerra e colpire un regime, danneggiano non i sanzionati ma coloro che sanzionano” e poi ancora a Cernobbio con Meloni che si è messa le mani nei capelli salvo poi nelle ultime ore tornare apparentemente suoi suoi passi ribadendo che le sanzioni non sarebbero in discussione).
In realtà la Russia è alla corda sia dal punto di vista economico interno che militare all'esterno. I dati parlano chiaro: le sanzioni stanno servendo eccome e tenere duro in Europa vuol dire aiutare l'Ucraina, e quindi la causa di tutti gli stati liberi, democratici e sovrani. Qualche dato: il Pil dell'Italia nell'ultimo trimestre ha registrato un +1,1%, quello dell'Euro zona +0,8%, quello della Russia -4%. Nonostante i prezzi schizzati alle stelle Gazprom per la prima volta dal 1998 non riuscirà a distribuire dividendi e quel che sta succedendo è che l'Ue, pur con difficoltà e inciampi, sta sganciandosi sempre più dall'apparato energivoro russo cambiando strutturalmente il proprio sistema di approvvigionamento.
Quel che sta facendo Putin, insomma, è il tentativo disperato di giocarsi il tutto per tutto, un all-in da pokerista che conta sulla mollezza dei suoi avversari, su antiche amicizie e simpatizzanti sparuti pronti a sbracare alla prima minaccia quando i fatti mostrano chiaramente che lo zar russo è all'angolo sia militare che economicamente che politicamente. In Italia è passato inosservato ma un importante studio della Yale School of Management (la business school dell'Università di Yale) ha analizzato gli effetti delle sanzioni nei primi mesi di guerra sulla Russia. E il risultato è palese: ''Dalla nostra analisi emerge chiaramente che il ritiro delle imprese e le sanzioni stanno paralizzando in modo catastrofico l'economia russa'', si legge nell'Abstract dello studio (qui il documento completo). Tra i dati più interessanti c'era l'indice di borsa crollato del 50%, il ritiro di oltre 1000 multinazionali dalla Russia per un valore pari al 40% del Pil, l'inflazione a due cifre a causa della crescente scarsità di beni, il crollo delle vendite e della produzione di auto (-97%) come, tra l'altro, riportava anche il Capo del Bank of Finland Institute for Emerging Economies, Iikka Korhonen.
🇷🇺Russia June industrial production –1.2% y/y, 0% m/m
Manufacturing –4.5%
Natural gas –32.8%
Cigarettes –32.4%
AC motors –12.3%
Lead batteries –21.8%
Fiberoptic cables–79.6%
Fridges–52.3%
Elevators –59.9%
Passenger cars –89%
Trucks –40%
Freight cars –34.4%https://t.co/483xVd6N6Q pic.twitter.com/Xo3p9xg1Ql
— Iikka Korhonen (@IikkaKorhonen) July 27, 2022
Lo stesso Iikka Korhonen anche oggi ha fatto il punto sul livello di impatto che stanno avendo le sanzioni
🇷🇺#Russia GDP seasonally adjusted q/q
1Q2022 -0.3%
2Q2022 -1.9%Steeper decline than in 2014, but sanctions are tighter as well. pic.twitter.com/HKfi5bHMqI
— Iikka Korhonen (@IikkaKorhonen) September 13, 2022
''Il posizionamento strategico della Russia come esportatore di materie prime - spiega l'Abstract dello studio - si è irrimediabilmente deteriorato, in quanto ora si trova in una posizione di debolezza a causa della perdita dei suoi mercati principali di un tempo e deve affrontare grandi sfide per eseguire un "pivot verso l'Asia" con esportazioni non fungibili come il gas canalizzato. Nonostante alcune perdite persistenti, le importazioni russe sono in gran parte crollate e il Paese si trova di fronte a grandi difficoltà nell'assicurarsi input, parti e tecnologie cruciali da partner commerciali esitanti, con conseguenti diffuse carenze di approvvigionamento all'interno dell'economia nazionale. Nonostante le illusioni di Putin sull'autosufficienza e la sostituzione delle importazioni, la produzione interna russa si è completamente fermata, senza alcuna capacità di sostituire le imprese, i prodotti e i talenti perduti; lo svuotamento dell'innovazione e della base produttiva interna russa ha portato a un'impennata dei prezzi e all'angoscia dei consumatori''.
E ancora: ''Come risultato del ritiro delle imprese, la Russia ha perso aziende che rappresentano circa il 40% del suo PIL, annullando quasi tutti i tre decenni di investimenti stranieri e favorendo una fuga simultanea di capitali e popolazione senza precedenti in un esodo di massa della base economica della Russia. Putin sta ricorrendo a interventi fiscali e monetari drammatici e palesemente insostenibili per ovviare a queste debolezze economiche strutturali, che hanno già mandato in deficit il suo bilancio statale per la prima volta da anni e prosciugato le sue riserve estere anche con i prezzi elevati dell'energia e le finanze del Cremlino sono in condizioni molto, molto più disastrose di quanto convenzionalmente inteso''
Insomma ''in prospettiva - conclude il documento - non c'è via d'uscita dall'oblio economico per la Russia finché i Paesi alleati rimarranno uniti nel mantenere e aumentare la pressione delle sanzioni''. E mentre, come detto, in Italia c'è chi istilla il dubbio (ed è la stessa Lega di Salvini che nel 2016 quando il governo Renzi chiedeva di estrarre il gas 'italiano' nel Mediterraneo, si era opposta con tanto di referendum per tenere bloccate le trivellazioni lasciando, in questo modo, di fatto invariata la dipendenza del nostro Paese dalla Russia) invece che cercare soluzioni al problema e lavorare per mantenere le sanzioni ma migliorare anche la situazione delle famiglie, in Ucraina c'è chi muore e combatte e riconquista pezzi del suo territorio martoriato.
"Noi eravamo abituati a vedere gli ucraini che sapevano difendersi bene - ha spiegato in queste ore il generale Giorgio Battisti, primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan e membro del Comitato Atlantico Italiano, all'Adnkrons - ma ciò che stupisce è come siano stati capaci di condurre questa operazione da manuale: hanno fatto un grande salto di qualità grazie, verosimilmente, all'aiuto di consiglieri occidentali. Questi sono i primi grandi frutti positivi di questo supporto".
"Ogni operazione militare - sottolinea il generale Battisti - può essere valutata attraverso quattro parametri: l'intelligence, il terreno, le forze e i tempi. Se osserviamo la controffensiva ucraina secondo questi parametri possiamo vedere che, ancora una volta, i russi hanno evidenziato un'intelligence fallimentare perché non sono stati capaci di percepire che gli ucraini stavano concentrando forze sul fronte nord, a cavallo di Kharkiv, per attaccare. L'errore che hanno commesso è quello di non capire che gli ucraini non si sarebbero mai arresi senza combattere. L'esercito ucraino ha inoltre messo in campo una delle componenti della dottrina sovietica, la 'Maskirovka', l'inganno militare: aveva annunciato da diverso tempo che avrebbe attaccato a Sud dove poi ha effettivamente attaccato ma senza esercitare lo 'sforzo principale'. Ha applicato cioè la 'Disinformatia', una manipolazione e diffusione delle informazioni per ingannare l'avversario".
"Per quanto riguarda il terreno - aggiunge all'Adnkrons il generale Battisti - hanno colpito a nord, nell'area di Kharviv, una zona che tutto l'anno è paludosa - quindi impraticabile - tranne che nel periodo estivo. Circa la forze, gli ucraini hanno colto di sorpresa i russi: la prima linea che Kiev ha colpito era composta prevalentemente dalla Guardia Nazionale Russa, la Rosvguardia, non completamente addestrata per operazioni militari. Inoltre, non si può attaccare un Paese così vasto come l'Ucraina su un fronte di oltre 1000 Km schierando non più di 150.000 uomini: è chiaro che con uno schieramento simile non si riesce a tenere bene le posizioni. Infine, i tempi: l'Ucraina prima ha avviato questa 'finta' grande offensiva a sud di Kherson per poi attaccare a Est: è stata una grande manovra militare da manuale e un'operazione da guerra lampo".