Afghanistan, il Paese dimenticato dove i bimbi vengono venduti per gli organi e le donne sono vittime di uno spaventoso ''apartheid di genere''
La giornalista Barbara Schiavulli da 21 anni segue quanto accade nel Paese oggi in mano ai Talebani: ''Quando sono stata a gennaio ho trovato la situazione peggiore di sempre. Ho visto bambine vendute per essere sacrificate al traffico di organi o schiavizzate e inserite nel mercato della pedofilia. Ci sono migliaia di bimbi denutriti e per le donne non ci sono più speranze e possibilità. L'unica cosa che possono fare è sposarsi e avere figli. Dobbiamo riaprire i corridoi umanitari. Riaccendere i riflettori dell'attenzione su di loro''
TRENTO. “L'obbligo di indossare il burqa non è una delle cose più preoccupanti che stanno accadendo oggi in Afghanistan”, esordisce Barbara Schiavulli, giornalista e direttrice responsabile di Radio Bullets inviata in Iraq, Pakistan, Medio Oriente e, soprattutto, proprio in Afghanistan terra che conosce benissimo e che si trova in una situazione terribile, travolta da una carestia devastante, isolata dal punto di vista della politica internazionale e con i talebani che stanno facendo a pezzi diritti e fragili conquiste sociali conquistate negli ultimi decenni.
“Reputo - chiarisce Schiavulli - molto più grave togliere l’istruzione alle donne, perché in mancanza d’essa si diventa facilmente (e drammaticamente) manipolabili. Un luogo, l’Afghanistan, dove le ragazze vivono segretate in casa, e dove per non morire di fame si vendono i propri figli o, nel migliore dei casi, li si manda a chiedere l’elemosina”. “Quando sono stata in Afghanistan a gennaio – prosegue – ho visto bambine che venivano vendute per essere sacrificate al traffico di organi o schiavizzate e inserite nel mercato della pedofilia. Per i bambini maschi si aggiungono le possibilità di lavorare o raccoglie plastica. Altri vengono mandati a elemosinare”.
Un paese che oggi è travolto dalla fame che tormenta i corpi malnutriti di 10 milioni di bambini, di cui 1 milione è a rischio morte imminente come certifica anche Save The Children che chiarisce: ''Tutto ciò è la diretta conseguenza delle decisioni prese da parte della comunità internazionale, successivamente alla presa al potere dei talebani, nell’agosto dello scorso anno. Si è creata una spirale negativa per l’economia dell’Afghanistan, congelando i beni e sospendendo l'assistenza allo sviluppo per mitigare il rischio di fornire indirettamente fondi all'amministrazione dei talebani. Nel giro di pochi mesi la povertà del Paese è aumentata, insieme alla disoccupazione e facendo arrivare il prezzo del cibo alle stelle. Purtroppo, i principali a pagare e scontare il peso delle politiche della comunità internazionale, sono i bambini afghani, i quali non hanno mai conosciuto una vita senza conflitti''.
L'ente internazionale aggiunge che ''anche se si prevede che 18,9 milioni di bambini e adulti avranno bisogno di aiuti alimentari da giugno a novembre di quest'anno, ci sono solo fondi sufficienti per fornire sostegno a 3,2 milioni di persone. Con l'attenzione del mondo rivolta all'Ucraina, sta diminuendo la speranza di affrontare in tempo questa crisi''.
E all'assenza di alimenti e alla terribile carestia che si è abbattuta sul Paese va ad aggiungersi il dramma dei diritti. L’istituzione di uno spaventoso “apartheid di genere”, quest’ultimo, unico termine in grado di dare nome a quanto sta avvenendo e che riassume il vero e proprio annullamento di un intero genere, quello femminile, spazzato via dalla venuta dei talebani, che alle donne afghane le stanno uccidendo (nel peggiore e più vile dei modi) privandole di diritti e dignità. Quelle stesse ragazze che avevano infatti iniziato a praticare sport, frequentare l’università, dedicarsi a musica, attivismo, arte o a lavorare si sono trovate a non avere quasi più contatti con il mondo esterno, costrette fra le mura domestiche in attesa che arrivi il giorno del proprio matrimonio (rigorosamente combinato).
Barbara Schiavulli, a Il Dolomiti, la situazione attuale dell’Afghanistan la racconta stringendo fra le mani informazioni e consapevolezze consolidate da una giornalista che di questo paese si occupa da ben 21 anni: vicende che più volte ha seguito con i propri occhi. Oggi, alla luce di quanto osservato in quest’ultimo ventennio, Schiavulli si dice preoccupata come mai prima: “Più si va avanti e più sembra di tornare indietro”, dichiara. Una drammatica situazione che vede giovani bambine private del diritto di andare a scuola e che prepotentemente toglie alle donne la libertà di lavorare o di vestirsi come vorrebbero. “Sabato un nuovo decreto ha dichiarato che avrebbero dovuto coprirsi dalla testa ai piedi – continua la direttrice di Radio Bullets - lasciando liberi soltanto gli occhi. Alcune ragazze hanno provato a manifestare ma ovviamente senza successo. La verità è che le donne ora non possono più uscire di casa, se non per una buona ragione, né tantomeno viaggiare o indossare profumi o smalti, che per i talebani sono probabilmente visti come accessori sessualmente ammiccanti”.
“Ogni giorno ho ragazze che mi scrivono dicendomi che voglio suicidarsi - aggiunge -. L’unica cosa che posso dire loro, a malincuore, è di provare a tenere duro”. Le giovani di vent’anni, infatti, prima dell’agosto del 2021, i talebani non li conoscevano nemmeno: “Avevano la possibilità di studiare mentre ora l’unica cosa che possono fare è sposarsi e fare figli. Una delle cose che fa loro più male è tuttavia il totale disinteresse del mondo: sarebbe importante da parte nostra cercare di far sapere che ci siamo e che non le lasciamo sole. Le donne non hanno voce in capitolo su nulla. Sono gli uomini a decidere anche rispetto ai rapporti sessuali visto che il 70% delle donne subisce violenza da parte del marito”. All’abolizione dei diritti femminili e alla malnutrizione acuta (che Schiavulli spiega interessare il 50% della popolazione) si sommano “il tracollo sanitario, sociale e amministrativo a cui si aggiunge inoltre la crisi climatica che comporta preoccupanti periodi di siccità”.
“Ce ne sarebbero tante di cose da raccontare – continua la giornalista - ma il mondo ha deciso di spegnere totalmente i riflettori e di riaccenderli di tanto in tanto solo per dare notizie apparentemente cruciali come quella del burqa, ma che in realtà sono soltanto una goccia in un mare di storie che sarebbe necessario rendere note per avere una visione completa dei fatti del Pianeta. Dobbiamo mantenere i riflettori puntati sull’Afghanistan - conclude Schiavulli -. Dobbiamo indignarci, aprire corridoi umanitari e ricordare a quelle donne che ora si sentono tradite e abbandonate che noi ci siamo”.