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Si ingrandiscono le celle ipogee di Melinda. La produzione media annua di mele è di 400 mila tonnellate

Inaugurato questa mattina il secondo lotto di un progetto unico nel suo genere e che continua a riscuotere consensi da parte del mondo scientifico internazionale

Di gf - 13 dicembre 2016 - 16:11

PREDAIA. E' stato inaugurato questa mattina nella miniera di Rio Maggiore, a Tuennetto di Predaia, in valle di Non, il secondo sito scavato in grotte sotterranee per la frigo-conservazione delle mele.  Le nuove celle ipogee sono state realizzate dove già nel 2012 era partito il progetto pilota, una piccola rivoluzione “sostenibile” per la tranquilla Val di Non, ma che da allora continua a riscuotere consensi da parte del mondo scientifico internazionale.

 

L’idea è semplice, senza controindicazioni: conservare le mele sotto terra, nelle celle ipogee, anziché costruire nuovi spazi in superficie. Un’alternativa eco-friendly, dove l’ambiente che conserva le mele è un isolante naturale che permette di mantenere una temperatura costante e di ridurre i consumi energetici anche del 50% rispetto ai sistemi tradizionali. A tutto questo si aggiungono il risparmio idrico, l’isolamento acustico e l’assenza di impatto paesaggistico.

La miniera Rio Maggiore diventa un luogo unico e privilegiato che conserva le mele Melinda all’interno della montagna, un’area di 80 ettari di Dolomia – costituita da carbonato doppio di calcio e magnesio, la materia prima di cui sono fatte le Dolomiti.

 

La conformazione del sottosuolo permette di sfruttare appieno il potere isolante della roccia, generando importanti benefici e risparmi in termini di energia elettrica. Il progetto ha quindi numerosi, e significativi, vantaggi, tra cui appunto la riduzione del consumo di energia (che significa riduzione dell’immissione di CO2 nell’atmosfera), il risparmio idrico conseguente alla possibilità di usare la geotermia per il raffreddamento dei compressori, l’eliminazione dei pannelli coibentanti, il cui smaltimento genera inquinamento, per non parlare della salvaguardia del paesaggio e del territorio agricolo. Infine, non dimentichiamo l’azzeramento dell’inquinamento acustico e l’impulso all'economia locale con creazione di posti di lavoro e sinergie con le industrie del territorio.

 

 

Per creare le celle sono stati scavati circa 90.000 m3 di Dolomia. Un impianto unico al mondo, realizzato per soddisfare la necessità di numerose cooperative di Melinda di aumentare gli spazi a loro disposizione per la conservazione delle mele e poter far fronte alle esigenze di stoccaggio di una crescente produzione. “La mela è un frutto che si può gustare tutto l’anno. Ma per far sì che sia sempre disponibile sul mercato, occorre prevedere la giusta conservazione, con spazi dedicati e impianti tecnologici specifici” afferma Andrea Fedrizzi, responsabile marketing del Consorzio Melinda. “Il passaggio alla fase industriale del progetto ha richiesto tre anni di studi e ricerche, condotte in sinergia con importanti realtà accademiche e scientifiche, nazionali e internazionali. Il progetto ha numerosi vantaggi, dei quali i principali sono rappresentati dalla riduzione del consumo di energia e della salvaguardia del paesaggio e del territorio agricolo, elemento questo importantissimo su cui si basa il successo, e soprattutto, il futuro di Melinda”.


IL CONSORZIO  

Al Consorzio aderiscono 16 cooperative di oltre 4.000 famiglie di frutticoltori che coltivano circa 6.700 ettari di meleti nella Val di Non e Val di Sole in Trentino. Fin dalla sua fondazione nel 1989, Melinda è cresciuta con continuità e costanza fino a diventare oggi una delle principali realtà italiane ed europee del mercato ortofrutticolo. Di pari passo all’azienda è nato, cresciuto e si è rafforzato il marchio Melinda, un brand che oggi può vantare il 99% di awareness fra le famiglie dei consumatori italiani - più del 50% delle mele Golden consumate in Italia hanno sulla propria buccia l’inconfondibile bollino blu Melinda.

In Italia l’azienda trentina copre il 15% della produzione media annua di mele. Conosciute da tutti sono le varietà Golden Delicious (70% della produzione totale), Red Delicious (10%), Renetta Canada (9%), - le uniche in Italia a Denominazione di Origine Protetta – Gala (5%), Fuji (6%) ed Evelina (2%). Completano poi la produzione, 2.000 tonnellate/anno circa di mele ottenute dall’applicazione del disciplinare di produzione biologica. Dalla stagione 2014/2015 il Consorzio ha immesso inoltre per la prima volta sul mercato Ciliegie, Fragole e Frutti di Bosco (ribes, lamponi, mirtilli e more).

La produzione media annua di mele Melinda è di circa 400.000 tonnellate, destinate principalmente al mercato italiano ed esportate in oltre 50 paesi nel mondo. Come da bilancio presentato lo scorso novembre, il totale del fatturato relativo al comparto melicolo di Melinda ammonta a 255.385.997 euro, a cui si aggiungono ulteriori 4.180.563 euro per la produzione di ciliegie e piccoli frutti. Attualmente sul territorio delle Valli del Noce sono presenti 16 stabilimenti, a cui si aggiunge la sede amministrativa di Cles ed il nuovo spazio con celle Ipogee a Tuenetto di Predaia. I dipendenti oggi sono 1300, di cui l’80% donne

 

 

COSA SONO LE CELLE IPOGEE?

Le celle ipogee di Melinda si trovano a circa 575 metri sopra il livello del mare, a 900m dall’ingresso della miniera e 275m sotto le radici degli alberi di melo che sono coltivati sui terreni in superficie.

Oltre agli spazi di accesso e di servizio, i due impianti ad oggi esistenti sono costituiti entrambi da tre corridoi paralleli lunghi circa 110 metri: uno centrale, largo circa 10 metri e alto circa 6 metri, che funge da corridoio di servizio, e da due laterali, ognuno largo circa 12 metri, alto 11 e suddivisi in sei celle uguali tra loro, per un totale di dodici celle, per il primo lotto, ed altre undici il secondo, per una capacità totale di circa 19.000 tonnellate di mele all’anno.

Ciascuna cella è lunga 25 metri, alta 11 e larga 12, ed è in grado di contenere circa 2.800 bins da 300Kg ciascuno per un totale di 900.000Kg. La superficie interna non è rivestita con i tradizionali pannelli coibentanti in poliuretano espanso perché l’impermeabilità ai gas è garantita dalla struttura della roccia e da un sottile strato di spritz-beton, mentre la coibentazione termica è assicurata dall’ammasso roccioso che, una volta raffreddato fino a 5-7 metri di profondità intorno alle celle, fungerà da isolante termico per le celle stesse nel giro di un paio d’anni.

Le celle sono tutte dotate dei più moderni dispositivi tecnici e di sicurezza, come ad esempio i semafori che lampeggiano di luce verde solo se all’interno della cella si sono ripristinate le condizioni di atmosfera respirabile, in assenza delle quali non è nemmeno possibile aprire le porte. Ci sono poi degli impianti assorbitori di CO2 esterni alle celle che servono sia per assorbire la CO2 in eccesso dall’interno delle celle e creare l’ambiente ideale per la conservazione, sia per ripristinare la composizione standard dell’aria interna, pima di procedere all’apertura delle celle. Il funzionamento dell’impianto è regolato da tre compressori a freon posizionati nella sala macchine. Qui si trova anche lo scambiatore di calore con cui viene raffreddato il glicole che porta il freddo nei pacchi frigoriferi installati in ogni cella. In questo impianto non c’è nessuna traccia di ammoniaca e questo non va solo a vantaggio dell’ambiente, ma anche della sicurezza. All’interno dell’impianto troviamo anche una grande vasca che contiene circa 100 m3 di acqua che serve sia come riserva antincendio che per raffreddare i compressori. L’acqua viene prelevata dal sottosuolo, ma in origine era piovana e in un periodo di circa 70 anni ha percolato attraverso la roccia. Nel corso del suo lento viaggio l’acqua è stata filtrata dalla roccia stessa ed è diventata batteriologicamente pura e quindi anche ottima da bere. Quest’acqua si accumula a circa 100 metri di profondità sotto il livello dell’impianto, dove gli strati argillosi ne impediscono l’ulteriore percolazione. L’acqua viene poi pompata dal sottosuolo per riempire la vasca.

Ci sono poi dei generatori d’azoto che filtrando l’aria atmosferica separano e concentrano l’azoto che attraverso le tubazioni viene inviato alle celle di conservazione dove va a sostituire progressivamente l’O2 in esse contenuto fino a farlo scendere al livello desiderato, in genere inferiore al 2% rispetto al 21% che si trova nell’aria atmosferica che respiriamo. La centrale di controllo di tutto l’impianto consente di impostare i parametri di conservazione desiderati e di monitorare da remoto il corretto funzionamento di tutti gli apparati.

Questo impianto ha richiesto a Melinda un investimento complessivo di circa 16 milioni di €, ma i suoi vantaggi sono senza prezzo. Il progetto ha già consentito all’azienda di essere annoverata tra gli esempi brillanti da seguire come modello che coniuga perfettamente il business e la sostenibilità.

Date le sue caratteristiche uniche, il progetto ha ricevuto riconoscimenti da tutto il mondo, come il premio Good Energy Award di Bernoni Grand Thornton e il Sodalitas Social Award, assegnato alle iniziative più efficaci nel generare una crescita aziendale sostenibile.  

 

 

 

 

 

 

 

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