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Troppi ciclisti morti sulle strade, Davide Cassani: "Serve una rivoluzione culturale. Io stesso sono stato investito due volte. Chi va in bici è costretto a crearsi un'autodifesa"

"Quando ero professionista sono stato centrato per due volte da macchine: nel primo caso mi sono rotto la clavicola, nel secondo l'omero. Sono passati trent'anni e siamo allo stesso punto. Ormai, quando vado esco in bicicletta, penso ragiono sempre a due livelli: a cosa devo fare io e a cosa potrebbero fare gli automobilisti. Quindi rallento, freno, mi guardo attorno dieci volte, mi fermo anche se non serve: è' un'autodifesa che è diventata necessaria"

Di Daniele Loss - 28 gennaio 2025 - 06:00

TRENTO. La morte di Sara Piffer, travolta e uccisa da un'auto che stava effettuando un sorpasso pericoloso, mentre era impegnata in un allenamento in bicicletta assieme al fratello Christian, ha fatto il giro d'Italia. E ha colpito profondamente tutti, soprattutto il mondo del ciclismo che, per la seconda volta in pochi mesi, piange la morte di una giovane atleta.

 

A giugno Matteo Lorenzi era morto dopo lo scontro con un furgone avvenuto nei pressi di Civezzano: il mezzo si era messo sulla strada che il 17enne stava percorrendo. Nei giorni scorsi il Pm ha chiesto il rinvio a giudizio per il conducente del mezzo, un 57enne lombardo, ipotizzando il reato di omicidio stradale, che prevede una pena che varia dai 2 ai 7 anni.

 

Le decisione del Gip arriverà entro la primavera, ma nessun tribunale e nessuna sentenza potranno restituire né Matteo né Sara alle proprie famiglie ai propri amici.

 

Nel 2024 sono stati 204 i ciclisti investiti e uccisi sulle strade italiane: un numero esorbitante. E decisamente preoccupante è anche il fatto che, negli anni, per tutelare gli utenti "deboli" della strada, pedoni e ciclisti, per l'appunto, si sia fatto molto poco. Per non dire nulla.

 

Il quadro è desolante e necessita di un intervento deciso, sostanziale e rivoluzionario a livello normativo. Servono altre regole, ben più definite, accompagnata da quella che gli "addetti ai lavori", allenatori, professionisti, dirigenti e cicloamatori, chiamano "rivoluzione culturale".

 

Sì, perché in Italia il problema è "alla base" e, negli anni, la situazione non è cambiata minimamente, nemmeno a fronte di tragedie immani come quella avvenuta pochi giorni or sono su di una stradina secondaria che collega gli abitati di Mezzocorona e Mezzolombardo, dove Sara Piffer ha trovato la morte a causa della manovra sconsiderata di un'automobilista.

 

Davide Cassani, ex corridore professionista, Commissario Tecnico della Nazionale dal 2014 al 2021, da quasi trent'anni (tranne quando è stato Ct azzurro) la "voce tecnica" della Rai in occasione di tutti i grandi eventi di ciclismo, è rimasto profondamente colpito da quanto accaduto recentemente in Trentino.

 

"I numeri sono impressionanti, purtroppo in negativo - esordisce Cassani - e quello della sicurezza sulle strade, a livello generale, è un problema enorme, per il quale bisogna fare assolutamente qualcosa e rapidamente, perché siamo già andati abbondantemente "oltre". Il problema è culturale: ecco perché bisognerebbe entrare nelle scuole, formare ei informare già i più giovani, che un domani saranno adulti e guideranno auto, moto, furgoni e camion. Oggi le persone vivono costantemente in maniera frenetica e non sono più in grado di accettare tutto ciò che va più lentamente rispetto ai propri canoni. Bisogna fare in fretta, arrivare sempre prima: non vi è la minima sopportazione. La situazione è grave, perché quanto si parla di sicurezza in stradale in ballo ci sono le vite delle persone. Senza dimenticarsi che i ciclisti e i pedoni hanno lo stesso diritto di stare sulle strade rispetto agli altri utenti. Non è accettabile che venga detto, da taluni, che per i ciclisti ci sono le ciclabili e lì devono stare".

 

I ciclisti e i pedoni sono gli utenti "deboli" della strada, eppure non vi è alcuna forma di rispetto nei loro confronti.

"E' così' e io lo vedo quotidianamente. Quando mi capita di pedalare mi accorgo che il ciclista è come se non esistesse per gli automobilisti. Quando s'incontra una persona che va in bici c'è il bisogno, lo definisco proprio così, di superarlo prima possibile, indipendentemente dalle condizioni di sicurezza. E' una sorta di "obbligo". Per tanti, praticamente tutti, è impensabile stargli dietro anche solo per pochi metri, una sorta d'impulso irrefrenabile. E, così facendo, si mette a repentaglio la vita altrui, senza pensare minimamente alle possibili conseguenze. E poi, per cosa? Per risparmiare qualche secondo? Sì, perché stiamo parlando di secondi (Cassani sottolinea il termine scandendolo, ndr). Quando ero professionista sono stato centrato per due volte da macchine: nel primo caso mi sono rotto la clavicola, nel secondo l'omero. Sono passati trent'anni e siamo allo stesso punto. Ormai, quando vado esco in bicicletta, penso sempre a due livelli: a cosa devo fare io e a cosa potrebbero fare gli automobilisti. Quindi rallento, freno, mi guardo attorno dieci volte, mi fermo anche se non serve: è' un'autodifesa che è diventata necessaria".

 

Lei ha viaggiato e viaggia tantissimo tutt'ora: all'estero la situazione è diversa?

"Completamente. In Spagna, ad esempio, ma anche in Francia e Olanda, sono stati fatti passi in avanti clamorosi per quanto riguarda la sicurezza sulle strade. E parlo di "sicurezza" in generale, del comportamento che tutti devono tenere: chiaramente ciclisti e pedoni sono gli utenti "deboli" della situazione e nei loro confronti dovrebbe esserci un'ulteriore attenzione. In Spagna non vedi un automobilista superare una persona che va in bici se non vi sono le condizioni per farlo e la manovra viene effettuata rispettando le norme di sicurezza. Se ci sono riusciti all'estero, non vedo perché non si possa arrivarci anche in Italia. E' doveroso: nel 2024 sono morti 204 ciclisti e quasi 500 pedoni, perché investiti e travolti. Sono numeri che non sono accettabili".

 

Ad un giovane che inizia a praticare il ciclismo cosa si sente di dire?

"Quando parlo ad un ragazzino, prima dei consigli su come allenarsi, il primo tema che affronto è quello legato alla sicurezza. E, riprendendo il concetto di "autodifesa", di cui parlavo poc'anzi, ai giovani dico che quando si va in bici bisogna essere doppiamente attenti e "bravissimi", sia a rispettare le regole, che a pensare a cosa potrebbero fare di sbagliato le altre persone che si trovano sulla strada. Quindi a prevenire eventuali errori, disattenzioni, mancanze altrui. Che, purtroppo, come possiamo notare sono tante. Ci sono poi i casi in cui la prevenzione non è sufficiente, perché i comportamenti altrui sono talmente gravi che portano a conseguenze tragiche".

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