Omicidio di Riva del Garda, la figlia della vittima trasferita in psichiatria. L'avvocato Canestrini: "Ha cercato di suicidarsi, prima di giudicare serve capire"
Francesca Rozza ha ucciso la madre 91enne che da tempo assisteva. A più di un giorno dal fatto prende la parola l'avvocato difensore Nicola Canestrini: "Quello che emerge con chiarezza è una lunga e profonda sofferenza psichica, un logoramento emotivo che si è consumato lentamente fino a culminare in un atto disperato"
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RIVA DEL GARDA. "Ha vegliato sua madre per un giorno intero dopo averne causato la morte, cercando anche di togliersi la vita, senza riuscirci". È un dramma senza fine quello che ha sconvolto il Trentino nella giornata di ieri, sabato 1 marzo: in via Deledda a Riva del Garda, la 61enne Francesca Rozza ha ucciso la madre Maria Skvor, di 91 anni che da tempo assisteva (QUI ARTICOLO).
A prendere la parola sull'accaduto, a più di un giorno di distanza dal terribile fatto, è Nicola Canestrini, avvocato di Francesca Rozza. Il legale spiega come la tragedia che ha colpito la sua assistita e la sua famiglia "merita silenzio e rispetto, non giudizi affrettati: prima di giudicare, è essenziale capire. Capire il contesto, la sofferenza, il peso insopportabile di un’assistenza che si protrae per anni, spesso in solitudine, senza supporto né alternative reali".
Canestrini entra poi nei dettagli della situazione, spiegando come Rozza – che è stata trasferita nel reparto detenuti della psichiatria dell'ospedale Santa Chiara – non solo abbia vegliato la madre per un giorno dopo averne causato la morte, ma abbia anche tentato, senza riuscirci, di togliersi la vita.
"Oggi è affranta per non aver avuto il coraggio di seguirla e vive con un dolore insostenibile. Non si giustifica, non cerca attenuanti – prosegue – e sa di aver compiuto un gesto estremo, ma non prova sollievo per se stessa, solo la consapevolezza che almeno alla madre sono state risparmiate ulteriori sofferenze".
Ad emergere con chiarezza, viene specificato, è una lunga e profonda sofferenza psichica, un logoramento emotivo che si è consumato lentamente fino a culminare in un atto disperato.
"Da anni la nostra assistita viveva in uno stato di isolamento, sopraffatta dalla fatica e dalla paura per il futuro della madre, senza riuscire a concepire un’alternativa" sottolinea Nicola Canestrini, spiegando come negli ultimi mesi lo stato psicologico di Francesca Rozza sia peggiorato sensibilmente: "Si era chiusa in sé stessa, non riusciva più a riposare, era sopraffatta da un’angoscia costante e mostrava segnali di esaurimento emotivo. Non aveva un piano, non aveva un progetto. È stata travolta da una condizione di sofferenza mentale che l’ha portata ad agire in un momento di totale sfinimento, quando le sue capacità di controllo erano ormai compromesse".
Alla luce della riflessione, l'avvocato Nicola Canestrini specifica come non ci si trovi di fronte ad un caso di volontà criminale, ma al risultato tragico di una mente "annientata dal dolore e dalla solitudine".
Infine uno sguardo agli sviluppi processuali della vicenda, che a detta del legale dovranno tener conto del contesto in cui è maturata la tragedia.
"È necessario che il processo tenga conto della sua condizione psichica al momento del fatto, perché il diritto non può ignorare il peso della sofferenza mentale quando valuta la responsabilità di un individuo" conclude Nicola Canestrini, che chiosa: "Il diritto deve giudicare, ma per farlo con giustizia deve prima comprendere. È quello che chiederemo nel processo: non una semplice applicazione della norma, ma un’analisi attenta della realtà umana e clinica che sta dietro questa tragedia".