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Disturbi psichici, l'epidemia silenziosa in Trentino: in 10 anni triplicati i casi tra i ragazzi dai 18 ai 24 anni. Agostini: "Famiglie smarrite. Situazioni sempre più complesse"

I dati mostrano chiaramente un'impennata di casi nell'arco di circa 10 anni. Se nel 2015 gli accessi ai servizi di psichiatria per i ragazzi dai 14 ai 24 anni erano 216 all'anno, oggi siamo difronte ad una stima per il 2024 di 426. "I servizi dedicati per sostenere i giovani devono cambiare, devono diventare maggiormente in grado di attingere a risorse, competenze e culture variegate" spiega Claudio Agostini, Direttore dipartimento transmurale di salute mentale dell'Azienda sanitaria di Trento

Di Giuseppe Fin - 09 novembre 2024 - 05:01

TRENTO. Qualcuno l'ha definita la “pandemia del futuro” ma è realtà. Stiamo parlando dei disturbi psichici  che attanagliano migliaia di persone anche in Trentino. Le diagnosi sono in continua crescita e la loro complessità obbliga gli esperti a rifondare un sistema che non è più sufficiente. 

 

Negli ultimi anni abbiamo avuto un aumento esponenziale dei disturbi psichici. A confermarlo sono i dati contenuti nella risposta ad una interrogazione provinciale che è stata presentata dalla consigliera Mariachiara Franzoia riguardanti le unità operative di psichiatria presenti sul nostro territorio. 

 

I dati mostrano chiaramente una impennata di casi nell'arco di circa 10 anni. Se nel 2015 gli accessi ai servizi di psichiatria per i ragazzi dai 14 ai 24 anni erano 216 all'anno, oggi siamo difronte ad una stima per il 2024 di 426 giovani utenti che sono stati presi in carico. Lo stesso aumento si osserva nella fascia dai 25 ai 35 anni con 306 utenti nel 2015 che sono passati a 498 nel 2024.

Una crescita che i servizi provinciali si devono far carico anche evolvendo e puntando a nuovi approcci multidisciplinari, gli unici capaci di rispondere alle nuove necessità. A confermarlo a il Dolomiti è Claudio Agostini 

direttore dipartimento transmurale di salute mentale.

 

Dottor Agostini, siamo davanti ad aumento continuo dei disturbi psichici nella fascia giovanile. Cosa sta accadendo e da cosa deriva questa situazione?
Dal punto vista dei dati non c'è alcun dubbio che la fascia di età con una maggiore implementazione di accesso ai servizi sia quella dai 14 ai 24 anni. Addirittura possiamo dire che i casi che riguardano ragazzi di età dai 18 ai 24 anni sono triplicati nell'arco di 10 anni. 

Abbiamo avuto una deflagrazione del disagio dopo il Covid che ha segnato una generazione di  ragazzi che erano in procinto di “spiccare il volo”, cioè  di allontanarsi dal nucleo familiare e si sono trovati, invece, costretti in una situazione di convivenza forzata per un paio di anni in un periodo delicato della loro vita.  

A questo aggiungiamo un fenomeno epocale. Viviamo in un'epoca di incertezze sul piano identitario. L'inevitabile, fisiologico, conflitto che si determina nella stagione della vita come l'adolescenza fra il giovane e l'adulto un tempo erano più semplice. L'adulto rappresentava un sistema monolitico di quello che erano il potere, l'autorità e le regole. Oggi questo sistema è molto meno monolitico è più sfaccettato. Il conflitto è meno semplice. Lo stesso mondo adulto ha un assetto identitario meno stabile. 

 

Quando parliamo di disturbi psichici, cosa intendiamo? 
Anche a questa domanda è più difficile rispondere. In passato avevamo esodo psicopatologici tipici piuttosto netti, monotematici. Oggi la stragrande maggioranza dei disturbi che arrivano ai nostri servizi ha numerose facce e investe varie competenze con responsabilità di molti ambiti disciplinari. 
Il giovane 18enne che accede ai servizi un tempo aveva un esordio psicotico, dal ritiro dalla scuola alla nascita di pensieri allarmanti. Oggi accanto a questo  ci troviamo l'uso delle sostanze stupefacenti, i comportamenti antigiuridici fino all'hikikomori, una serie di problemi che non rendono più il problema monotematico. Serve un intervento multidisciplinare con strumenti capaci di affrontare un disagio a molte facce. 

 

Le famiglie sono capaci di affrontare questa emergenza?
Oggi più che in passato le stesse famiglie sono smarrite. Il sistema dei valori che ha caratterizzato le generazioni passate si è incrinato.  I valori che hanno sorretto una comunità  sono in crisi e le famiglie si trovano in difficoltà. 

 

E il futuro come lo vede?
Difficile dirlo, la storia è contrassegnata da fasi di crisi che poi trovano elementi di equilibrio. Quello che possiamo dire da professionisti della salute è che i servizi dedicati per sostenere i giovani utenti devono modificarsi, devono cambiare, devono diventare maggiormente in grado di attingere a risorse, competenze e culture variegate. Una sfida che cerchiamo di affrontare anche con l'apertura, fra poco mesi, ad Arco, del primo “Centro crisi adolescenti”, un tentativo di dare risposte diversificate. La scelta di un centro extraospedaliero per creare un luogo adatto, meno rigido che possa consentire una migliore interlocuzione. 

 

Nell'ultimo decennio è risultato difficile reperire personale sanitario. Questo riguarda anche il settore della psichiatria?  
Noi siamo in difficoltà nel reperire due profili. Il primo è quello dei psichiatri o neuropsichiatri. Abbiamo assistito ad una previsione errata dal Governo e i posti di specialità nelle scuole non sono adeguati a coprire tutti i bisogni. Ogni specialista che esce si trova davanti 15 o 20 offerte da Milano, Roma, Bologna e poi Tione. Scenari metropolitani non solo professionali ma anche di vita che vengono maggiormente scelti. Senza contare che in alcune zone del Trentino ci sono affitti ben più alti di Verona. 

Il secondo profilo difficile da trovare è quello dell'infermiere. Il motivo? Guadagnano troppo poco. E' un lavoro terribilmente faticoso, con responsabilità molto grandi e anche rischi e non si paga abbastanza. Su questo sappiamo che l'assessorato provinciale si sta già muovendo per riconoscere l'indennità di lavoro disagiato ed io credo sia un'ottima  scelta. 

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