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Orsi, ecco lo studio che 23 anni fa anticipava tutto alla politica trentina, dai 120 esemplari alle aggressioni: ''Il più ambizioso intervento di conservazione mai tentato in Italia''

Tra le prime cose da fare e necessarie c'erano la sostituzione dei bidoni nelle zone dove gravitano gli orsi (l'assessora Zanotelli ha promesso adesso che si farà entro il 2028) e i progetti di informazione della comunità locale (adesso invece si lancia un progetto per informare i turisti). Nel documento del 2000 c'era già tutto anche che gli esemplari sloveni potevano essere potenzialmente meno elusivi di quelli italiani e anche il fatto che la popolazione aveva scarsissime nozioni sull'argomento (l'81% non credeva possibile un'aggressione ai danni dell'uomo)

Di Luca Pianesi - 11 maggio 2023 - 06:01

TRENTO. L'Ispra aveva già detto tutto nel 2000. Leggere oggi lo ''Studio di fattibilità per la reintroduzione dell'Orso bruno (Ursus arctos) sulle Alpi centrali'' alla luce di quanto accaduto, 23 anni dopo, è impressionante perché mostra plasticamente come la Provincia di Trento avesse in mano già scenari e soluzioni da porre in essere da due decenni ed è per questo che sentire in queste settimane il presidente Fugatti affermare che era prevista una popolazione di massimo 50 orsi e oggi tutto è sfuggito di mano (per questo ne elimineremo una 70ina), o l'assessora Zanotelli promettere entro il 2028 la sostituzione dei bidoni della spazzatura normali con quelli antiorso, o Paccher irridere in aula Degasperi perché da anni chiede di eliminare le mangiatoie per gli ungulati che nutrono (e spingono a valle) anche i plantigradi, è davvero avvilente. 

 

Il problema principale della gestione orsi in Trentino è chiaramente legato a una politica che sa poco, pochissimo di quel di cui parla, e che anche pubblicamente, in televisione o in consiglio provinciale (d'altronde il presidente Fugatti era quello che in Aula metteva in dubbio il ''ritorno'' dei lupi in Trentino definendo le evidenze scientifiche ''barzellette'' e ''storielle'' rivendendosi la bufala della reintroduzione ad opera di chissà chi) fa esattamente quello che non ci vorrebbe in questo momento: cattiva informazione. D'altronde l'informazione è sempre stata alla base del progetto di reintroduzione degli orsi in Trentino come l'Ispra scriveva in lungo e in largo nel suo documento del 2000. 

 

Nelle 90 pagine di studio c'è tutto. Ci sono i numeri degli orsi che nello spazio di analisi, se le cose andranno bene (quindi se la specie riuscisse a riprendersi dopo lo sterminio avvenuto nei secoli passati e riuscisse ad adattarsi anche nelle cosiddette ''aree scarsamente vocate''), potrebbero arrivare ad essere tra i 79 e i 118 (più o meno il numero attuale che, è bene sempre ricordarlo, si dice essere di 120 solo perché ci si affida a delle stime di calcolo ma quelli censiti che quindi sappiamo che ci sono per davvero, al 2021 ultimo anno di analisi nel rapporto grandi carnivori, è di una settantina). C'è il problema delle aggressioni (rare ma che potranno sempre verificarsi) e dell'impatto emotivo e culturale che potrebbe esserci sulla società qualora dovesse essere messa in campo una cattiva gestione del fenomeno.

 

Ci sono le cose necessarie da fare a partire da ''togliere'' le fonti antropiche di cibo cambiando subito i bidoni della spazzatura (siamo nel 2000, oggi ce lo promettono entro il 2028 quando anche nel caso di M62 nel report del 2021 si certifica che era molto confidente ed entrava spesso nei paesi della Paganella ma quando sono stati sostituiti la metà dei bidoni presenti, con un investimento da nulla di 136mila euro, lui era quasi scomparso e aveva smesso di avvicinarsi alle case). Poi azioni rapide e immediate che vanno dallo spostamento alla rimozione degli esemplari problematici, ci sono gli indennizzi, le misure di difesa (recinti elettrificati e cani da guardiania) e soprattutto l'impegno ad informare la popolazione soprattutto locale (mentre in questi giorni l'assessore Failoni ha annunciato campagne di comunicazione per i turisti).

 

Una popolazione che già nel 2000 dai sondaggi dell'Ispra risultava essere poco informata sull'argomento (i dati mostravano che meno del 5% degli intervistati riteneva che l'orso bruno potesse attaccare l'uomo e solo l'1% aveva sentito parlare di aggressioni in altre aree geografiche, mentre l'81% escludeva aggressioni dirette all'uomo). L'Ispra nel suo studio specificava nel capitolo ''Rischio Insuccesso'' che ''il progetto di reintroduzione dell'orso bruno nelle Alpi centrali rappresenta probabilmente, sia per caratteristiche biologiche della specie, sia per le condizioni socio-economiche dell'area di immissione il più ambizioso intervento di conservazione attiva della fauna mai tentato in Italia. L'orso bruno rappresenta inoltre una specie bandiera per eccellenza, di particolare impatto sull'opinione pubblica''.

 

E aggiungeva che, in conseguenza di ciò, la Provincia di Trento si stava assumendo una grossa responsabilità (ma d'altronde non è proprio questo il sale dell'Autonomia tanto sbandierata? La responsabilità?): ''Per questi motivi l'eventuale insuccesso dell'intervento comporta rischi non solo per la conservazione della specie ma, soprattutto, per il potenziale impatto sull'opinione pubblica, in quanto tenderebbe a promuovere un'immagine negativa delle iniziative di conservazione in generale e ad alimentare una sfiducia nelle istituzioni ed in particolare nella professionalità e capacità operativa degli enti preposti alla gestione faunistica''. Il disastro della Giunta Fugatti in questi cinque anni di gestione, dunque, è ancora più grave e tutti, i trentini in primis, dovrebbero impegnarsi per invertire la rotta e per cercare di salvare e rilanciare il progetto

 

Come? Lo diceva l'Ispra nel 2000 proseguendo il suo ragionamento. ''Per questo è necessario - si legge nello studio - dare priorità all'attuazione di misure in grado di ridurre il rischio di insuccesso; informare correttamente e costantemente l'opinione pubblica sui problemi posti dall'immissione degli orsi mano a mano che essi si presentano, rendendo partecipi i gruppi sociali interessati della notevole complessità e difficoltà del progetto; modificare costantemente il programma di attività alla luce dei dati del monitoraggio''. 

 

Lo studio dell'Ispra analizza il quadro generale dell'epoca spiegando come esemplari esistessero ancora prima del via al progetto di reintroduzione. ''Dal 1990 - si legge nel documento - non si hanno più evidenze della presenza di piccoli e dei 14 individui verosimilmente nati nel periodo 1980-89 sembra essersi persa ogni traccia. Nel 1997 il ritrovamento di tracce e sterco freschi nel Brenta settentrionale e le contemporanee riprese filmate notturne di un orso (realizzate al carnaio di Spormaggiore) testimoniano la presenza certa di almeno due individui''.

 

Poi chiariva quanto importante potesse essere questo progetto di conservazione della specie: specie ombrello, dall'alto valore ambientale, ma anche culturale ed educativo. ''L'orso - si legge - infatti, è una delle specie selvatiche di maggior impatto emotivo sull'uomo, è fortente presente nell'immaginario collettivo ed è stato oggetto di attenzione in letteratura e nelle arti figurative. L'aspetto culturale, e più specificatamente l'attitudine dell'uomo verso le specie, non deve essere sottovalutato; la conservazione delle specie animali nasce in molti casi da motivazioni culturali, richiede sempre grandi risorse ed è spesso in conflitto con attività economiche e con gli interessi di determinati settori della società. Per questi motivi l'accettazione e condivisione degli obiettivi da parte dell'opinione pubblica (in particolare dell'opinione pubblica locale e di alcune specifiche categorie sociali) rappresenta una condizione indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi''. 

 

Si parla, quindi, dei 40-60 orsi come soglia minima accettabile per stabilire la fattibilità della reintroduzione dell'orso e si analizza il territorio sul quale questa popolazione andrà a incidere dividendo le zone in adatte alla loro presenza, anche perché lontane da attività antropiche e con buona disponibilità di cibo, e in quelle adatte pur in presenza di attività antropiche. E quindi si affronta il tema degli attacchi.

 

''L'orso bruno è, tra i grandi carnivori del paleartico, uno dei maggiori responsabili di attacchi all'uomo. I dati attualmente disponibili sugli attacchi da parte di orsi in Europa non permettono di valutare in temirni quantitativi il rischio di aggressioni all'uomo che si potrebbero verificare nelle Alpi centrali in seguito all'immissione di orsi. Varie considerazioni portano però a ritenere che tale rischio esista seppur in misura molto limitata. Il fatto che in Italia non siano state registrate aggressioni negli ultimi secoli è probabilmente da mettere in relazione ai particolari adattamenti comportamentali degli orsi alla forte antropizzazione del territorio italiano che ha probabilmente selezionato un comportamento più elusivo. E' prevedibile che orsi catturati in Slovenia e rilasciati in Trentino mostrino un comportamento meno elusivo''.

 

E si fa l'esempio dell'Austria, ''dove è stata realizzata una immissione di orsi sloveni che per caratteristiche ambientali e di antropizzazione rappresenta un'area abbastanza simile alle Alpi centrali, tra il 1989 e il 1996 sono stati registrati 516 casi di incontro orso-uomo: nel 20% dei casi l'incontro è avvenuto ad una distanza inferiore ai 30 metri ed in 5 occasioni si è avuto un attacco non completato da parte dell'orso''. Poi quel che ormai è accertato anche in Trentino dopo 23 anni di progetto: ''Dati relativi a diversi paesi europei e nordamericani sono concordi nell'indicare che gli attacchi all'uomo sono spesso condotti da individui abituati allo sfruttamento di trofiche di origine umana o a frequentare aree fortemente antropizzate. Orsi che si abituano ad utilizzare rifiuti evolvono spesso comportamenti aggressivi verso l'uomo ed alcuni Autori considerano questo aspetto comportamentale la principale causa di aggressioni''.

 

E' chiaro, quindi, che quello dei bidoni in prima battuta e dei siti di foraggiamento in seconda battuta sono l'elemento fondamentale sul quale agire il prima possibile. Ma d'altronde l'Ispra anticipava anche che in Trentino il rischio di incontri-scontri sarebbe potuto essere più alto che altrove: ''Oltre che legato ad aspetti comportamentali, il rischio di aggressione all'uomo è anche funzionale alla probabilità di incontro (...). L'alta densità abitativa dell'area di studio, l'elevatissima presenza di turisti, l'attuale assoluta mancanza di informazioni sul comportamento da adottare in caso di incontro con un orso portano a ritenere che la frequenza di incontri uomo-orso e di attacchi sia potenzialmente più elevato in quest'area rispetto ad altre regioni europee''.

 

Riassumiamo alcuni punti dello studio

 

La stagione più a rischio: l'inizio dell'estate, quando le femmine che si sono riprodotte sono particolarmente protettive con i piccoli e i maschi sono più aggressivi in relazione al comportamento riproduttivo.

 

Per prevenire o ridurre i rischi: Va comunque sottolineato come nessuna misura può escludere completamente il rischio di attacchi. Nel caso si verificassero attacchi all'uomo, non è prevedibile l'impatto che questi potranno avere sull'opinione pubblica italiana che, a differenza di quanto avviene in altre aree geografiche, non ha attualmente alcuna abitudine culturale alla presenza sul territorio di specie selvatiche realmente pericolose.

 

Prevenzione del rischio di attacchi all'uomo: il rischio di attacchi all'uomo è principalmente correlato a tre fattori: probabilità di incontro; assuefazione degli orsi a fonti di cibo di origine umana; corretta informazione di coloro che risultano potenzialmente esposti ad incontri con orsi sui comportamenti da tenere e da evitare in caso di incontro.

 

Per la prevenzione del rischio di attacchi è innanzitutto prevista l'adozione di misure tese ad evitare l'insorgere negli orsi dell'abitudine alla presenza ravvicinata dell'uomo o alla frequentazione di aree antropizzate. A questo fine, oltre ad adottare le tecniche di cattura e rilascio, andrà previsto l'adeguamento dei contenitori dei rifiuti e delle discariche nelle aree più frequentate dagli orsi in modo da rendere i rifiuti indisponibili. Andranno date disposizioni ai rifugi per una corretta gestione dei rifiuti che limiti l'accesso per gli orsi a questa risorsa alimentare. Gli allevatori dovranno eliminare rapidamente le carcasse di animali morti in alpeggio, mantenere gli alimenti in luoghi chiusi, non disperdere rifiuti sul territorio.

 

E' inoltre prevista una campagna di informazione per la quale sono previsti anche la produzione di materiale audiovisivo, la realizzazione di incontri la diramazione di comunicati per i mass media.

 

Aspetti socio-economici: l'orso bruno può rappresentare una fonte di notevoli problemi per l'uomo, sia per la predazione esercitata sul bestiame ed il danneggiamento degli apiari, sia per la minaccia diretta. Caratteristica dell'orso bruno è che, più di altre specie, mostra una notevolissima variabilità comportamentale intra-specifica, che si manifesta anche con la presenza di individui problematici, responsabili di danni o di comportamenti pericolosi per l'uomo in misura molto superiore alla norma. La presenza di questi individui rappresenta uno dei principali problemi nella realizzazione di progetti di immissione e nella gestione della specie. 

 

E' evidente pertanto che, sia per ridurre il rischio di attacchi diretti all'uomo, che per attutire l'impatto dell'orso sulle attività umane, risulta prioritario mettere in atto misure preventive in grado di ridurre la presenza di orsi problematici. E' quindi necessario programmare un protocollo di intervento per risolvere in modo estremamente rapido eventuali situazioni di pericolo

 

 

Pianificazione di una campagna di informazione: E' prioritaria la necessità di avviare una corretta e costante opera di informazione e confronto tra i promotori del progetto e le diverse componenti sociali interessate. (...) E' stato notato come l'attitudine umana verso l'orso cambi rapidamente in relazione alla quantità e ai tipi di danno che la specie arreca alle attività produttive e come, di conseguenza, sia importante un suo costante monitoraggio. L'inadeguatezza o l'incompletezza delle informazioni fornite e la mancanza di un costante confronto tra le parti caratterizzate da interessi a volte contrastanti può drasticamente capovolgere la positiva attitudine delle popolazioni locali verso gli orsi. Le operazioni di comunicazione e informazione dovranno avere, tra gli obiettivi principali, la minimizzazione del conflitto uomo-orso sino all'identificazione di soluzioni di equilibrio compatibile.

 

Aspetti socio-economici: l'orso bruno può rappresentare una fonte di notevoli problemi per l'uomo, sia per la predazione esercitata sul bestiame ed il danneggiamento degli apiari, sia per la minaccia diretta. Caratteristica dell'orso bruno è che, più di altre specie, mostra una notevolissima variabilità comportamentale intra-specifica, che si manifesta anche con la presenza di individui problematici, responsabili di danni o di comportamenti pericolosi per l'uomo in misura molto superiore alla norma. La presenza di questi individui rappresenta uno dei principali problemi nella realizzazione di progetti di immissione e nella gestione della specie. 

 

E' evidente pertanto che, sia per ridurre il rischio di attacchi diretti all'uomo, che per attutire l'impatto dell'orso sulle attività umane, risulta prioritario mettere in atto misure preventive in grado di ridurre la presenza di orsi problematici. E' quindi necessario programmare un protocollo di intervento per risolvere in modo estremamente rapido eventuali situazioni di pericolo

 

uomo-orso sino all'identificazione di soluzioni di equilibrio compatibile

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