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“Dopo Vaia e bostrico ci vorranno 60 anni per tornare a una produzione normale”. Dai timori in Val di Fiemme alle aste deserte: la situazione del mercato del legno in Trentino

Calo della domanda, andamento dei prezzi e prospettive future: in Trentino il mercato del legno è fortemente condizionato dall'epidemia di bostrico mentre nel territorio della Magnifica Comunità di Fiemme, dice lo scario Mauro Gilmozzi: "Le previsioni a due anni vedono una perdita di bosco sul territorio pari al 60% rispetto al periodo precedente la tempesta Vaia". Ecco i dettagli

Di Filippo Schwachtje - 25 giugno 2023 - 06:01

TRENTO. La lunga coda di Vaia, la tempesta che nell'ottobre de 2018 ha abbattuto milioni di alberi tra Trentino e Veneto, continua ad avere effetti pesanti sul mercato del legno sul territorio provinciale. Come riportato in diverse occasioni infatti (Qui, Qui e Qui Articolo), una delle conseguenze dirette del violentissimo evento meteo è stata l'insorgere, a causa dell'ingente disponibilità di materiale legnoso schiantato dalla tempesta, della più ampia infestazione da bostrico tipografico mai osservata sulle Alpi meridionali. Una vera e propria epidemia che, a sua volta, sta portando a gravissime 'perdite' tra le foreste del territorio (solo in Trentino si parla di 20mila ettari gravemente danneggiati, Qui Articolo), con conseguenze importanti in termini di valore del legname sul mercato. Nel territorio della Magnifica comunità di Fiemme, tutto questo si traduce addirittura in una perdita di bosco stimata (dall'ottobre 2018 ai prossimi due anni circa, lasso temporale nel quale si presume l'emergenza bostrico possa rientrare) addirittura nel 60%. Ma procediamo con ordine.

 

Il mercato del legno in Trentino: rallenta la domanda

 

Innanzitutto, guardando al mercato del legno in questa fase, spiega a il Dolomiti il dirigente del Servizio foreste della Pat Giovanni Giovannini, si sta assistendo ad un rallentamento. “Non possiamo certo parlare di un crollo dei prezzi, ma due fattori in questo momento stanno pesando sul mercato del legno a livello europeo. Da una parte assistiamo ad un raffreddamento generale della domanda, che ha determinato ovviamente un calo dei prezzi. Si tratta però in questo caso di una dinamica macroeconomica, che riguarda tutto il Vecchio Continente ed in particolare i mercati austriaco e tedesco, ai quali noi siamo particolarmente legati. Dall'altra parte bisogna poi tener conto che il legname bostricato ha un valore inferiore a quello fresco, anche se è difficile generalizzare. Un abete rosso appena colpito, per esempio, è sostanzialmente sano e quindi mantiene un prezzo più alto, mentre un arbusto colpito da oltre un anno è molto più deteriorato”.

 

Ma qual è, in definitiva, l'effetto combinato del calo della domanda e della grande disponibilità di legname bostricato sui prezzi? “Innanzitutto – precisa Valentino Gottardi, funzionario del Servizio foreste – va sottolineato che da oltre un anno le imprese boschive lavorano ormai quasi esclusivamente sul materiale colpito dal bostrico. In questo contesto i prezzi, sia per il legname 'in piedi' (non tagliato) che per quello 'a strada' (già tagliato e accatastato) sono molto altalenanti e la media varia di mese in mese. Rispetto allo stesso periodo del 2022, nei primi mesi del 2023 vediamo un dato leggermente più basso per quanto riguarda la media al metro cubo di materiale a livello provinciale: per quanto riguarda le vendite 'in piedi' siamo passati da un range compreso tra i 40 ed i 65 euro al metro cubo ad uno compreso tra i 40 ed i 50. Stessa dinamica per la vendita 'a strada': da un range compreso tra 80 e 95 euro al metro cubo siamo passati ad uno compreso tra gli 80 e gli 89 euro”.

 

Questa perlomeno era la situazione a fine maggio, continua Valentini: “Dall'inizio di giugno però stiamo assistendo ad una sorta di blocco e le aste che vengono bandite sono spesso deserte”. Un calo netto della domanda, insomma, la cui causa va ricercata in parte proprio nell'ampia disponibilità di legname determinata dall'emergenza bostrico e che ha portato, dice il funzionario del Servizio foreste, ad una temporanea saturazione del mercato a livello locale. La previsione è che la situazione tenderà comunque a sbloccarsi nei prossimi mesi (a livello annuale, spiega Giovannini, la richiesta di legname da parte delle segherie sul territorio è normalmente più alta dell'offerta di materiale lavorato dalle imprese boschive), ma nel frattempo il rischio è che la situazione vada a pesare ulteriormente sull'andamento dei prezzi, dove oggi il gap tra materiale 'verde' e legno bostricato è mediamente netto.

 

“Di 'verde' ovviamente – dice Valentini – ne viene venduto ben poco. L'obiettivo è spingere per riuscire a mettere sul mercato quello intaccato dal bostrico. Per quanto riguarda la vendita 'a strada' si parla di un valore di vendita pari al 10% in meno per il legname bostricato, dovuto principalmente ai danni causati dall'azzurramento (la tonalità assunta dal legno a causa dei funghi 'importati' dall'insetto). Maggiore invece la differenza, pari ad un -40% del valore, per quanto riguarda le vendite in piedi, viste le grosse incertezze in merito al grado di degradazione del legname sia da un punto di vista estetico che 'strutturale'. Incertezze che il mercato riconosce con valutazioni decisamente inferiori”.

 

La situazione in Val di Fiemme: “Ci vorranno 60 anni per tornare su valori normali di produzione”

 

Tra le zone trentine in cui queste dinamiche pesano di più c'è la Val di Fiemme, una tra le aree più colpite in assoluto prima dalla tempesta Vaia e poi dall'epidemia di bostrico. “Le nostre stime al 2025 – ci spiega lo scario della Magnifica Comunità di Fiemme Mauro Gilmozzi –, contando che ci vorranno almeno un paio d'anni prima che l'emergenza bostrico rientri, vedono una quantità di bosco 'perduto' dall'ottobre del 2018 pari al 60% sul nostro territorio. Se il Trentino ha subito circa la metà dei danni della tempesta infatti, la Val di Fiemme ha subito circa la metà dei danni trentini. E subito dopo, a causa anche dalle condizioni climatiche e dei lunghi mesi di siccità dello scorso anno, siamo stati colpiti dal bostrico. Per difendere il bosco quindi dal rischio d'incendi e per la sicurezza è necessario procedere al taglio, alla trasformazione e alla vendita del legname e, quando si parla di bostrico, è importante farlo subito. In generale negli ultimi 4 anni abbiamo tagliato il corrispettivo di circa 15 anni di normali utilizzazioni boschive anche se le rendite ottenute, da una parte a causa del minor valore del legno bostrico e dall'altra per l'aumento dei prezzi, non sono certo proporzionate". 

 

Da una parte il blocco all'importazione da Russia e Bielorussia e dall'altra il fortissimo rallentamento del mercato ucraino causato dall'invasione russa hanno determinato lo scorso anno dei rialzi a livello di prezzi nel mercato del legno a livello europeo, spiega Gilmozzi: "Ora però stiamo assistendo ad un calo, anche se le stime degli analisti vedono una domanda in ripresa per la fine dell'anno e, in seguito, un 2024 sostanzialmente stabile per quanto riguarda il mercato del legno (che sul fronte della domanda si muove comunque su previsioni positive per i prossimi anni). Il problema per il nostro territorio però è in prospettiva futura: abbiamo tagliato e stiamo continuando a tagliare grossi quantitativi di legname a causa dell'emergenza bostrico e questo vuol dire che la produzione vedrà necessariamente un calo nei prossimi anni”. Un calo fisiologico, si potrebbe dire, in attesa della ricrescita dei nuovi arbusti piantati, che richiederà però decenni.

 

“Prevediamo di passare da una produzione di 45mila metri cubi all'anno a circa 10mila metri cubi – continua Gilmozzi – e questa situazione non si sbloccherà finché gli alberi che stiamo re-impiantando sul territorio non saranno cresciuti. Parliamo quindi di circa 50-60 anni prima di tornare su livelli di produzione che possiamo considerare normali. E visto che la Magnifica comunità vive di questo, anche per finanziare tutta una serie di altre attività, per noi si pone il tema di come affrontare il futuro. Tra le opzioni sul tavolo, e alle quali stiamo lavorando proprio in queste fasi, c'è quella dei crediti di sostenibilità, che diventeranno molto interessanti per le imprese. In sostanza, quelle realtà che si troveranno a dover compensare il residuo di produzione di Co2 prodotta potranno farlo investendo in un corrispondente progetto di accumulo di anidride carbonica. Il sistema istituzionale, a livello nazionale ed europeo, è fortemente in movimento su questo fronte e noi stiamo cercando di cogliere questa opportunità, anche per cambiare paradigma e pensare al futuro del bosco non solo dal punto di vista dell'utilizzazione boschiva, ma puntando anche sul tema della valorizzazione di tutti i servizi ecosistemici". 

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