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Come si diventa mangiatori emotivi?

DAL BLOG
Di Wellbelab - 26 April 2023

di Laura Endrighi - Psicologa

 

 

La fame emotiva o nervosa da qualche anno, noi esperti del mestiere, la chiamiamo emotional eating, cambia la lingua, ma resta sempre quel comportamento che utilizza il cibo per gestire e placare le emozioni, in particolare quelle negative.

 

Forse ti è ancora capitato di mangiare senza avere davvero fame o continuare a piluccare anche se sai che sei sazio. Oppure in alcuni momenti della settimana o in specifici contesti ti sale il desiderio di mangiare un cibo specifico, proprio tra quelli che vorresti evitare o comunque limitare. La fame emotiva di solito predilige cibi grassi e dolci, ma ognuno di noi è diverso e c’è anche chi cerca ad esempio cibi molto croccanti e salati.

 

Quando la fame emotiva sale, di solito di colpo, difficilmente la si inganna con una mela, richiede quel cibo specifico che viene mangiato ignorando il senso di sazietà fisica. Si mangia come sopraffatti dal cibo, con l’unico scopo di placare le emozioni. Io dico sempre che l’emotional eating è come mettere un tappo alla mente. Si chiudono tristezza, rabbia e stress dentro ad un contenitore, che non è però a chiusura ermetica, per cui quando l’effetto del cibo svanisce, ci ritroviamo di nuovo quelle emozioni dolorose da gestire e un sacco di calorie da smaltire. Non a caso la fame emotiva porta con sé il senso di colpa e anche l’autostima ci rimette non poco.

 

Mangiatori emotivi si diventa

 

L’emotional eating è un comportamento appreso di solito all’interno del contesto famigliare, oppure si sviluppa in seguito, quando il cibo diventa “terapia”, per superare un periodo molto intenso, stressante e carico di emozioni negative. 

 

Il cibo è piacevole, disponibile, economico ed è quindi perfetto per diventare un premio, una coccola o un modo per ricompensarci delle fatiche affrontate. Si innesca il processo che porta ad essere mangiatori emotivi, ancora di più se nell’infanzia siamo stati rinforzati positivamente con il cibo oppure, come la sottoscritta, sempre a dieta, con una lista infinita di cibi proibiti ma molto desiderati.

 

Il cibo diventa così crescendo la soluzione conveniente e sicura per compensare le emozioni negative, ottenere sollievo e riempire il vuoto. Ci sono poi dei meccanismi che rinforzano il mangiare emotivo. Le emozioni infatti attivano, oltre al pensiero, anche una reazione fisica che può essere scambiata per fame. Ecco qualche esempio di come le emozioni ci fregano e ci fanno credere di avere fame:

  • L’ansia attiva delle contrazioni allo stomaco esattamente come la fame.
  • La rabbia fa contrarre il sistema mandibola/mascella, per farle rilassare spesso ricorriamo ai cibi croccanti.
  • La tristezza è legata ad un abbassamento della serotonina, il neurotrasmettitore del buon umore. Cerchiamo quindi cibi dolci per rialzarla.
  • Si mangia per noia e solitudine, per colmare un vuoto o stimolarci con qualcosa di interessante dal punto di vista sensoriale.

 

Se sei un mangiatore emotivo occasionale, ammettiamolo, ogni tanto ci vuole una coccola e il cibo oltre ad essere nutrimento è piacere. Quando invece l’emotional eating diventa sistematico o “terapeutico”, allora è il momento di mettersi in osservazione di se stessi e capire quale emozione stiamo cercando di placare con il cibo.

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