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Coronavirus, le fasce più deboli rischiano un'emergenza povertà e chi vive in affitto uno sfratto per insolvenza

La disattenzione dell’attuale Giunta Fugatti rispetto a questo tema è lampante e pure il passaggio della delega dell’edilizia pubblica a un altro assessore potrebbe essere un segnale di ravvedimento e intelligenza, pensando che oggi, in tempo di Covid-19, ricade nelle competenze dell’assessora Stefania Segnana e del dirigente generale Riuscitti, occupati evidentemente in ben altre situazioni vitali
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Di Walter Alotti - 05 April 2020

Attuale segretario generale della Uil in Trentino è giornalista pubblicista dal 2014

La difficile situazione legata alle misure di contrasto alla diffusione del coronavirus mette in difficoltà aziende e famiglie, compreso il fronte dell’abitare. Il costo della casa è da sempre tra i maggiori problemi nella nostra provincia e la situazione legata alla pandemia amplifica questa situazione.

 

Sono molte le persone in difficoltà; lavoratori in cassa integrazione o che hanno perso il lavoro, come pure professionisti, piccoli commercianti e partite iva che si trovano impossibilitati a svolgere la propria attività, studenti che pagano affitti di alloggi che non occupano. Per le fasce più deboli della società si profila il rischio di un’emergenza povertà e chi vive in affitto è più che mai a rischio insolvenza oggi e di sfratto domani, quando il blocco imposto dal Governo comunque scadrà.

 

La Uil del Trentino ritiene che servano soluzioni concrete e rapide, sia per chi comunque beneficia di un alloggio di edilizia pubblica (Itea), che per chi è inquilino di un locatario privato, al fine di evitare contenziosi e per scongiurare l’acuirsi di ulteriori problemi sociali e economici.

 

La disattenzione dell’attuale Giunta Fugatti rispetto a questo tema è lampante e pure il passaggio della delega dell’edilizia pubblica a un altro assessore potrebbe essere un segnale di ravvedimento e intelligenza, pensando che oggi, in tempo di Covid-19, ricade nelle competenze dell’assessora Stefania Segnana e del dirigente generale Riuscitti, occupati evidentemente in ben altre situazioni urgenti, per non dire vitali per il nostro territorio.

 

La proposta della Uil, visto che né il presidente Itea Ghirardini, né l’assessora Segnana all’edilizia pubblica hanno proferito finora parola, è di far spostare e congelare di almeno tre mesi il pagamento del canone delle case pubbliche per coloro che sono rimasti senza lavoro o subiscono la decurtazione della retribuzione perché collocati in cassa integrazione o sospensione nel Fondo Solidarietà.

 

Si potrà procedere quindi successivamente, ratealmente, al recupero delle mensilità arretrate e delle spese di amministrazione, utilizzando lo stesso sistema di queste ultime.

 

Per il comparto privato non si può pensare di lasciare soli gli inquilini, ma nemmeno i proprietari, soprattutto quelli piccoli, perché intervengano unilateralmente, magari con una temporanea riduzione del canone di affitto per gli inquilini, in momentaneo stato di necessità.

 

Spesso questi affitti sono per i piccoli proprietari integrazioni importantissime, soprattutto se il reddito principale deriva da lavoro dipendente (e quindi soggetto anch’esso magari a cassa integrazione e/o che potrebbe saltare per licenziamento) o da lavoro autonomo che,  in massima parte, con l’emergenza Covid-19, risulta fermo se non rientrante in quelle attività “essenziali” che permettono, pur con tanti limiti, il proseguimento dell’attività e quindi del reddito. 

 

In questo caso la Provincia e i Comuni potrebbero introdurre forme di sostegno dell’affitto mirate. Magari attraverso l’allargamento delle liste dei beneficiari dell’ ”integrazione canone”, peraltro ridotte solo nei mesi scorsi, e quindi recuperando facilmente tante famiglie che ne erano state escluse.  Oppure aprendo alla riduzione dei carichi fiscali per i “proprietari virtuosi”, che trasformassero i loro canoni di mercato in canoni concordati (30% in meno) e  che possono in cambio  godere di un trattamento fiscale meno pesante (es. cedolare secca).

 

Infine, oggi più che mai, sentiamo la mancanza dell’adozione, da parte del Comune di Trento e delle Comunità di Valle (esclusa la Vallagarina che lo ha sperimentato ma non sappiamo se ancora sussiste) di quel “fondo per la morosità incolpevole” che oggi sarebbe già di per sé la risposta al problema. 

 

E’ un tema che, passata la bufera, si dovrà necessariamente rimettere in calendario, assieme alla formale ed ineludibile presenza delle parti sociali al tavolo delle “politiche abitative provinciali”, all’istituzione di un “Fondo di Garanzia” per gli affitti privati ed alla ideazione, decollo e realizzazione di un “piano casa provinciale” per far fronte al bisogno casa e, al contempo, avviare quel volano economico importantissimo che è l’edilizia residenziale. 

 

Un progetto infrastrutturale, magari finanziabile con un prestito obbligazionario provinciale a lungo termine, pure compatibile con uno sviluppo ambientale e della società in linea con le aspettative di famiglie e della comunità trentina tutta. 

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