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Le opinioni contrastanti di virologi e scienziati sul coronavirus? Mostrano cosa la scienza è davvero: lontana dalla magia è usanza viva

Il grande problema per questi molti che oggi se la prendono con la mancanza di chiarezza da parte scienza, nella quale hanno finora depositato la propria fede senza elargire nessuno sforzo o risorsa, risiede nel fatto che proprio in questa scienza non riescono a vedere altro che quella dimensione magica negativa che le usanze morte riflettono quando si incarnano nella mitologia
DAL BLOG
Di Tiberio Chiari - 25 April 2020

Cerca di recuperare quanto omesso dai temi che quotidianamente invadono la nostra comunicazione e la nostra esperienza

La secolarizzazione ha portato la scienza a sostituirsi nella mente di molti alla rappresentazione salvifica della redenzione come promessa di vita eterna andando a prendere il posto di quella forza escatologica dilatoria e monca, presente, ma perennemente bloccata, che stava alla base dalla macchina mitologica del cattolicesimo. Questo è avvenuto da parte della scienza ovviamente contro la sua natura e volontà.

 

La promessa di redenzione perennemente presente e perennemente bloccata, per come è stata disposta dallo spirito del cattolicesimo, si è quindi sedimentata nel contemporaneo senza scomparire e le rappresentazioni mitologiche di scienza e tecnologia sono il risultato parziale della sua transizione durante l’ultimo secolo di deriva occidentale. Questo stato di cose è lampante soprattutto nello spirito conservatore che per affinità originarie se ne è fatto depositario, ma questa architettura mitologica si è oggi incrinata.

 

In queste settimane il respiro della morte, tremendo e scadenzato, avvertibile sul collo ad ogni ora del giorno, incalza i molti e i numeri inconsistenti e ostentati dei bollettini di aggiornamento portano alla follia chi non si è attrezzato a resistere a questa eventualità. Ed è così che oggi in molti si stupiscono, litigano, criticano scienziati, medici e virologi perché la loro opinione non sempre è stata univoca, sono arrivate analisi, informazioni, studi a volte contrastanti su questa pandemia che, in un modo o nell'altro, ha sconvolto le vite di tutti noi negli ultimi due mesi (dimenticando poi che la scienza non è fatta dal singolo scienziato, come la medicina non si riduce alle conoscenze di un singolo medico). Le uscite trumpiane poi sono il suggello a questo caos. 

 

Ed è proprio il dissennato spirito conservatore che ha iniziato a far sentire oggi la disperazione. Questa disperazione poteva finora essere attenuata grazie alla struttura ereditata dal pensiero magico del cattolicesimo sedimentato nelle nostre usanze più comuni. Molti pretendono però, oggi e nell’ora del bisogno, proprio dalla scienza e dalla tecnologia che l’assiste, una gentilezza cristiana, qualcosa di simile ad una carezza che riporti nell’immediato la promessa negata di una vita eterna, ma si trovano a scontrarsi con la realtà archetipa del divino: il silenzio penetrante. Senza però accorgersi o domandarsi quale differenza sussista tra scienza e magia. Alcuni tra i molti che non hanno mai affrontato il dialogo con l’eventualità della propria morte religiosa e culturale, il dialogo con la realtà della mancanza, il problema dell’incompiutezza etica di ogni gesto compiuto all’interno di una cornice fatta di tradizione senza più valore, si trovano oggi a criticare la mancanza di risposte da parte della scienza di fronte all’incedere della fine del mondo conosciuto.

 

Il grande problema per questi molti che oggi se la prendono con la mancanza di chiarezza da parte scienza, nella quale hanno finora depositato la propria fede senza elargire nessuno sforzo o risorsa, risiede nel fatto che proprio in questa scienza non riescono a vedere altro che quella dimensione magica negativa che le usanze morte riflettono quando si incarnano nella mitologia. “Nel nostro linguaggio è depositata un’intera mitologia”, ricorda Wittgenstein nelle sue “Note sul 'Ramo d’oro' di Frazer”. Se il pensiero segue il linguaggio senza fermarsi a vagliarne la potenza, sfruttando quella dimensione statica che Agamben pone a fondamento dalla natura umana, allora abdica, e la parola perde ordine logico e la quotidiana vita spirituale naufraga aggrappandosi alla mitologia per galleggiare.

 

Come i cattolici hanno ricostruito nella loro mitologia le usanze morte del cristianesimo, così l’uomo nato da questa regressione reincarna nella scienza, attraverso la secolarizzazione del pensiero cattolico, le usanze morte del cattolicesimo. La verità, un fenomeno squisitamente storico e parziale, si presenta sempre e solo come frammento della dimensione originaria dell’epoca presente al suo contemporaneo. Oggi l’uomo che aveva posto la scienza, o meglio la sua interpretazione secolarizzata ed edulcorata dal pensiero magico, come diga ultima di fronte alla disgregazione e alla perdita assoluta, perdita prima di tutto della propria singola esistenza, si sente tradito.

 

Non può accettare che la scienza implichi un processo, che la sua verità non sia un assoluto, che il suo intervento sia così lontano dalla magia, che l’approcciarsi a lei non sia nei fatti possibile secondo un abbandono ma implichi un’azione pienamente e totalmente umana, che implichi lo sforzo e il fallimento, il sacrificio del singolo. Sempre Wittgenstein nel suo breve capolavoro antropologico ricorda che “Può sembrare troppo semplice ma si può dire che la differenza fra magia e scienza consiste in questo, che esiste un progresso nella scienza ma non nella magia. La magia non ha una direzione di sviluppo che le sia intrinseca”.

 

L’impotenza della scienza viene interpretata dal singolo che si risveglia oggi in un universo sconvolto come impotenza della magia, ma così non è. L’errore sta nella loro originaria sovrapposizione da parte sua. L’impotenza della scienza è diversa e per questo va rispettata se uno vuole riporre fede in lei. La scienza progredisce, supera paradigmi, rivoluzionandosi. Il pensiero magico tende a tranquillizzare chi vi si affida bloccando, sospendendo, spostando altrove il confine del non noto senza affrontarlo direttamente. La scienza ha lo stesso identico scopo agli occhi di chi la vede attraverso la sua distorsione mitologica, ma per sua natura è una magia difettosa, incompleta e incerta. La scienza progredisce accettando proprio quel non noto del quale vuole e deve farsi carico. Alla fine del suo progresso non si trova nessuna garanzia se non quella di potere e dovere abbandonare di nuovo il noto per sopravvivere. Per questo la scienza rimane l’unica forza effettiva di fronte allo sconosciuto.

 

L’accettare la scienza come usanza viva, come il cristianesimo era usanza viva prima del suo svilimento, significa accettare la presenza storica in questo preciso istante dell’incompiutezza e dell’errore ponendoli come valori, come gli unici in grado di garantire un progresso che vada oltre lo svilimento nella mitologia del quotidiano, svilimento che ogni abbandono allo spirito conservatore porta con sé.

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