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“Se spremete il prezzo, allora spremete il contadino”, Peppe Pugliese ai soci di Edera il miracolo di Sos Rosarno

DAL BLOG
Di Paolo Ghezzi - 09 March 2024

Ragazzo del 57, giornalista dal 79, troppo piccolo per il 68, ha scansato il 77 ma non la direzione dell’Adige (8 anni 8 mesi e 3 giorni) e la politica (24 mesi in consiglio provinciale tra il 2018 e il 2020)

Nel capitalismo post-industriale il cittadino è soprattutto un consumatore, brutta parola per dire che paghiamo il cibo, i vestiti, una parte delle medicine, i divertimenti, i viaggi, la comunicazione. Ma se, come lavoratori o pensionati, esigiamo un’equa retribuzione e ci arrabbiamo se il datore di lavoro non ci paga il giusto, come acquirenti di beni siamo irresistibilmente attratti dalle offerte, dagli sconti, dalla concorrenza al ribasso. Una concorrenza che non è il meccanismo virtuoso e sapiente dell’economia classica, altro che la mano invisibile di Adam Smith.

 

Per la bella serie di Aperistorie dell’Emporio Edera di via Pasubio, domenica 3 marzo Silvia Ricci ha presentato, al Social Stone per accogliere i numerosi iscritti, Giuseppe Pugliese detto Peppe di “Sos Rosarno Mani e Terra scs onlus”.

Pugliese è coordinatore di una bella realtà che, grazie ai gruppi di acquisto e alle cooperative eco e socio-sensibili, cerca di liberare i lavoratori, italiani e immigrati, dalla schiavitù, e i piccoli proprietari degli agrumeti dalla spremitura brutale dei prezzi e dunque dei margini di guadagno e sopravvivenza. Ed ecco le parole di Peppe di Rosarno, così come le abbiamo ederosamente ascoltate, domenica 3 marzo 2024, prima di gustare i frutti della sua terra.

 

SENZA DI VOI? “Noi lavoriamo esclusivamente con privati, qualche bottega, qualche centro sociale, qualche gruppo, qualche emporio come il vostro: senza di voi non potremmo vivere. E ci vivono le 56 persone dipendenti di Sos Rosarno, e un centinaio di piccoli e microproduttori che sennò dovrebbero passare per le porte infernali del commerciante di turno che – il bello del libero mercato! – prima ti prende il prodotto e poi ti fa il prezzo a fine stagione”.

 

QUADRATURA DEL CERCHIO. “Vi porto il grazie della nostra Armata Brancaleone, che è riuscita nella quadratura del cerchio, cominciando dalla rivolta di Rosarno del 2010. La nostra è un’altra forma di mercato: no grande distribuzione, niente intermediari, così la famiglia acquirente compra le clementine a un prezzo più basso che nei supermercati della gdo (grande distribuzione organizzata); e il produttore guadagna di più perché non ha intermediari. Così il prezzo è giusto e soprattutto trasparente. Così abbiamo sottratto i ragazzi della tendopoli alla schiavitù e allo sfruttamento, li abbiamo contrattualizzati. Così Sos Rosarno ha vinto il concorso ‘Oltre il ghetto’. Ci riusciamo grazie a molte collaborazioni, tra cui quella con la Federazione delle chiese evangeliche”.

 

C’ERA UNA VOLTA IL KLONDIKE. Non so se conoscete la piana di Gioia Tauro. Noi calabresi siamo gente di montagna più che di mare, anche se abbiamo 800 km di coste. Gioia Tauro è la terza pianura della Calabria, dopo Sibari e Lamezia. Un territorio un po’ complicato, che nell’immediato dopoguerra è stato teatro di lotte bracciantili, i contadini hanno preso le bastonate dei carabinieri per conquistare mille ettari di bosco selvaggio, chi ha avuto più danno dalle botte ha ricevuto i pezzi maggiori… Poi è diventato una specie di Klondike, di terra dell’oro, negli anni 50, ci arrivavano perfino gli immigrati dal Nord. Si è meritato il nome di Americhiccia, negli anni 60-70 era una realtà avanzata, c’erano il cinema, le associazioni culturali, perfino una piccola discoteca. La Coca Cola ha fatto affari d’oro a Rosarno comprando il succo concentrato per la Fanta. Si facevano da 400 a 1200 lire al kg, non erano certo i 40 centesimi di oggi…”.

 

DAL GIARDINO ALLA MONOCOLTURA. “Noi l’agrumeto lo chiamiamo giardino, per darvi l’idea del nostro rapporto con la terra. Un giardino che manda un profumo fortissimo di zagara a maggio. Ma i nostri giardini sono passati da un’agricoltura contadina a una industriale. L’avvento della monocoltura illude un territorio della sua potenziale ricchezza e poi lo condanna a morte. E poi arrivano le famiglie mafiose a impedire ogni forma di concorrenza e a mettere le mani su tutto il comparto. Oggi il produttore medio vende al di sotto dei costi di produzione”.

 

ROMPIBALLE IN PARLAMENTO. “L’abbiamo detto anche al Parlamento italiano come stanno le cose da noi a Rosarno: quelli prima ci invitano e poi si incazzano perché siamo rompiballe. Noi diciamo che il problema non è solo il caporalato. Il caporale sta allo sfruttamento dei lavoratori come il pusher sta al traffico degli stupefacenti. C’è il caporale ma ci sono anche quelli più alti in grado”.

 

CAPORALI E GUERRA TRA POVERI. “È una guerra tra poveri. Certo, ci sono produttori stronzi per natura perché chi lavora è nero o rumeno… Altri si dispiacciono: come faccio a fare un contratto a un lavoratore se mi pagano le arance sotto i costi di produzione? Il commerciante dice all’agricoltore: tu porta, a giugno ci vediamo. Ma il prezzo lo fa lui, il commerciante. Il produttore va messo con le spalle al muro: arance 50/60 cent al kg, clementine tra 60 e 90 al kg. Fin quando ci saranno le grosse centrali d’acquisto, il penultimo anello della catena, il produttore, scarica sull’ultimo che è l’immigrato. Oppure non ce la fa più e vende il suo terreno a chi fa i parchi fotovoltaici”.

 

I SOLDI NELLE MUTANDE. “Per noi è banale tornare a casa di sera, accendere la luce, far partire il riscaldamento. I lavoratori della frutta non sanno neanche che cosa sono, queste cose. Non c’ hai un armadietto, un comodino, se hai i soldi da mandare a casa te li tieni nelle mutande. Io ho fatto l’operatore legale e il mediatore culturale con i richiedenti asilo. B. era una donna che stava sulla strada con il figlio di tre anni. “Trovatemi un lavoro e smetto ’sta vita” ci diceva. Roy, un altro nigeriano, raccoglieva cipolle per 10 euro al giorno: lo so che mi sfruttano ma se sto a casa mi brucio il cervello e non c’ ho neanche i 10 euro…”.

 

TRASPARENZA DEL PREZZO. “Alla Camera gliel’abbiamo detto: dovete stabilire per legge, anche nel libero mercato, la trasparenza del prezzo. Vendi le arance a 4 euro al kg? Spiegami perché. Per chiedere il prezzo trasparente siamo stati davanti ai supermercati delle Coop (la Coop sei tu, le campagne solidali). E dicevamo: signora Coop, una domanda sola. Quanto pagate la frutta al produttore al netto dell’intermediazione? Bisogna stabilire per legge la pubblicazione del prezzo sorgente. Sul cartellino deve esserci scritto: 2,80 pago io consumatore, 20 centesimi hanno dato al produttore, il resto se lo sono presi gli intermediari in mezzo”.

 

LA RIVOLTA DI ROSARNO. “Nel 2008 c’erano stati gli spari agli africani, poi le promesse delle istituzioni. Ne aveva scritto Saviano. Nel 2010 la comunità mite degli stranieri sfruttati è esplosa. Due-trecento di loro hanno raso tutto al suolo, è stata una guerra civile. Il fatto andava analizzato, oltre alla condanna della violenza. Le manifestazioni sono finite davanti al municipio perché alle autorità si chiedeva una risposta. Poi è scattata l’infame caccia al nero e agli amici dei neri. Per un mese ho dovuto stare lontano da Rosarno e per i sei mesi successivi non sono uscito di casa la sera. Difficile far capire al resto d’Italia ciò che succedeva. Un famoso giornalista tv, ora deputato, non ci ha degnati di uno sguardo: a noi i buoni non interessano, noi abbiamo bisogno dei cattivi, ci ha detto”.

 

IL BUBBONE E LA LAMPADINA. “Comunque, con la rivolta, il mondo intero ha saputo che cosa c’è dietro l’arancia. A Rosarno è scoppiato il bubbone, è saltato il coperchio. Anche qui in Trentino so che avete il problema dei lavoratori del porfido. Come diciamo noi, dappertutto “u mare è salato”. Da Osservatorio stagionale siamo diventati Sos Rosarno. Dentro una guerra tra poveri, perché tra gli stronzi c’erano anche i figli e i nipoti di quelli che negli anni 50 hanno preso le bastonate per chiedere la terra. Ma noi abbiamo scoperto l’esistenza dei gruppi d’ acquisto solidale e ci si è accesa una lampadina. Vendere direttamente a chi mangia le arance è l’ultima speranza, l’ultima chance. Siamo andati all’assemblea nazionale dei Gas all’Aquila, noi ci sentivamo piccoli, con la coda tra le gambe. Poi siamo andati dai produttori e abbiamo analizzato la catena del prezzo. E siamo partiti e la risposta è stata straordinaria. Primo anno: 3 lavoratori per 15 giornate. Oggi, con 14 anni di vita, siamo a 50 lavoratori. E siccome vogliamo coniugare rispetto ambiente persone e mutualismo, manteniamo l’ostello sociale Dambe So e cioè “casa della dignità” in lingua bambarà, una delle più diffuse nell’Africa occidentale. Quaranta persone sono andate ad abitarci, uscendo dall’infame tendopoli. È un ex residence turistico che stava andando a pezzi, a 100 metri dal mare”.

 

L’ETICA DELLA NORMALITÀ. “Non siamo particolarmente intelligenti e brillanti, siamo l’etica della normalità. Grazie a voi, all’alleanza tra città e campagna, tra Nord e Sud. Regaliamo 50mila chili di arance, insieme a voi, a famiglie bisognose di tutta Italia. Oggi c’è la tendenza alla compartimentazione delle difficoltà della società. E invece è tutto connesso. Se la Buitoni chiude lo stabilimento di Città di Castello, ci riguarda eccome. Le crisi devono essere comunque messe in comunicazione l’una con l’altra”.

 

IL DIRITTO A UN CIBO DI QUALITÀ. “Le aste al ribasso, sul cibo, sono meccanismi infernali. In un Paese giusto tutti quanti dovrebbero avere il diritto a un cibo di qualità. Se non sono ricco e vado per forza a fare la spesa in un discount, alimento un circuito di sfruttamento dell’uomo sulla natura e dell’uomo sull’uomo”.

 

AMBIENTE E MANGANELLI. “L’impatto delle produzioni convenzionali sull’ambiente è devastante, andate a vedervi il rapporto Ispra! Il rispetto delle persone e il mutualismo funzionano ma hanno dimensioni ancora troppo piccole. E allora dobbiamo sentire il dovere di andare là fuori, se non per noi, per i ragazzi che hanno preso le manganellate a Pisa e un giorno ce ne potrebbero chiedere conto”.

 

Parola di Pugliese il Calabrese. CCCP. No, non c’entra l’Unione sovietica. Peppe non è un caporale ma un Capitano Coraggioso Controcorrente Perseverante. Tieni duro. E noi: spremiamo le arance, non i braccianti.

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